Città meno sicure. Minori a rischio. Quartieri snaturati nella loro vocazione commerciale e architettonica. Le Asl assediate da file interminabili di “nuovi malati”. Dopo la rivolta dei baristi contro il gioco d’azzardo, ora tocca ai Comuni. Chiamati a gestire concretamente, nella quotidianità, i problemi legati al proliferare incontrollato di sale gioco e slot machine senza avere alcun potere regolativo, ispettivo e autorizzativo su di esse.I numeri, d’altronde, parlano chiaro: a oggi sono 400mila gli apparecchi automatici diffusi sul territorio, 14mila le agenzie di raccolta delle scommesse, senza contare l’offerta di “alea” situata presso bar, ristoranti, gli alberghi e negli uffici postali. Il tutto autorizzato e controllato dai Monopoli di Stato, che per loro stessa ammissione non hanno il personale sufficiente per fare verifiche. Risultato? Le amministrazioni comunali, provinciali e le Asl si trovano costretti a fare i conti con le ricadute sociali, economiche e urbanistiche della ludopatia senza avere gli strumenti per affrontarle.Un caso emblematico è rappresentato dalla “crociata” del comune di Verbania, fermato dal Tribunale amministrativo piemontese che non solo gli ha contestato una regolamentazione relativa all’orario di attivazione di slot machines e videopoker, ma gli ha anche notificato una richiesta di risarcimento danni di oltre 1 milione e 300mila euro presentata dall’azienda che gestiva le installazioni. Il sindaco, Marco Zacchera, ha difeso la sua iniziativa spiegando che si trattava di una scelta di «carattere socio-sanitario, a difesa di chi si rovina e non capisce che giocando in modo forsennato è condannato a perdere salute, pensioni e stipendio», ma secondo i giudici amministrativi non è compito delle amministrazioni locali legiferare. Vicenza e Bolzano non sono d’accordo, e hanno cominciato a contrastare con regolamenti severi la diffusione delle slot. E c’è da aspettarsi che presto altri comuni seguiranno il loro esempio.Non a caso, proprio il ruolo dei sindaci è sotto la lente di ingrandimento del convegno organizzato da Legautonomie in programma lunedì a Roma, in cui si cercherà di impostare in modo appropriato le iniziative dei poteri locali. Sul tavolo diverse opzioni. A partire da una sentenza (poco conosciuta) della Corte Costituzionale, la 300 del 2011, che conferma la competenza dello Stato nella disciplina dei giochi, ma in tema di tutela di minori sancisce la possibilità di intervento diretto dei comuni. «Tantissimi amministratori – spiega Attilio Simeone, avvocato e coordinatore nazionale del cartello Insieme contro l’azzardo – lo stanno già facendo, e questa strategia si può portare avanti dotando le ordinanze di elementi inattaccabili come l’aspetto sociologico, legale, quello collegato alla medicina con il riconoscimento della patologia del gioco d’azzardo». E poi «nella prossima legge di stabilità o nella delega fiscale si potrebbe introdurre una norma affinché i comuni e le regioni siano interpellati e il loro parere sia vincolante per l’organizzazione, la quantità e la compatibilità di queste attività di gioco con il normale svolgimento della vita urbana», aggiunge il sociologo esperto della Consulta nazionale antiusura e consulente di Legautonomie, Maurizio Fiasco. La partita è aperta.