«Non è solo un gioco». L’appello, quasi il grido, che arriva dalla società riguardo all’azzardo è risuonato ieri nell’aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio nel convegno «Il gioco è bello quando dura poco?», dedicato agli aspetti medici, sociali, economici di un fenomeno, che ha assunto proporzioni sempre più vaste.Sono in ballo due logiche che spesso faticano a interagire, quella sanitaria e quella del fisco, che nel gettito di otto miliardi dei vari giochi (su un giro di affari dieci volte superiore) trova un tesoretto per affrontare diversi capitoli finanziari, ha detto in premessa la deputata Paola Binetti, che ha organizzato l’appuntamento e che è relatrice in Commissione Affari sociali della proposta di legge per l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulle dipendenze da gioco d’azzardo. Una legge avrebbe dovuto, negli auspici, già essere approvata. Così come al palo c’è l’inserimento di questa patologia nei Lea, fatta dal decreto Balduzzi, ma in attesa dei decreti attuativi. Ma non chiamatela «ludopatia» - che contiene il riferimento all’immaginario del giocoso - ha insistito Binetti, piuttosto «dipendenza grave dal gioco d’azzardo», formulazione che dà maggiore impatto alla serietà del fenomeno. Nella proposta di legge ci sono 200 milioni l’anno per prevenzione, formazione, diagnosi e cura delle patologie da gioco, lo stop alle pubblicità e regole più rigide per i locali con slot, che al momento sono 120-130 mila.Ma c’è un’opera culturale e di informazione da compiere. Non a caso, insieme a matematici, promotori di campagne contro le slot (o meglio per ridurle, visto che da più parti si è insistito sulla volontà di non essere certo proibizionisti) ed esperti, c’erano anche numerosi studenti. Sono intervenuti pure gli imprenditori del settore. Il vicepresidente di Sistema Gioco Italia (Confindustria), Giovanni Emilio Maggi, ha ricordato quanto fatto per l’autoregolamentazione in materia di pubblicità e per l’emersione del gioco legale. Interventi tecnici sulle slot sono allo studio in modo da tutelare minori e soggetti deboli. E sulla riduzione dell’offerta sul territorio ha espresso volontà positiva, ma si è rimesso alle decisioni della politica in materia di delega fiscale. Luigi Magistro, vicedirettore generale dell’Agenzia preposta al controllo del fenomeno, la "Dogane e Monopoli", ha detto che lo sviluppo del fenomeno in modo «sfrenato, per fare tante entrate pubbliche» non è certo scopo e interesse dell’amministrazione, segnando così un elemento di discontinuità rispetto al passato.Sul ruolo dell’informazione è intervenuto il direttore di
Avvenire Marco Tarquinio, che ha spiegato le ragioni dell’ormai nutrito dossier informativo apparso sulle pagine cartacee e consultabile sul sito. Un’attenzione a un fenomeno «impressionante» - che con la crisi ha «morso le persone nella carne viva» - accompagnata da scelte coerenti sul rifiuto (costoso) di pubblicità del settore ed è rimasta «purtroppo solitaria» nel panorama dei grandi quotidiani. Tarquinio ha paragonato la piaga dell’azzardo a quella della schiavitù. Una di quelle «pratiche che, per quanto reddito possano portare, restano incivili». Ai matematici Diego Rizzuto e Paolo Canova dell’associazione Taxi1729 è toccato smontare dal punto di vista statistico l’illusione di vincere. Nel Superenalotto, per dire, è una su oltre 600milioni. Giocando per due milioni e mezzo di anni si scenderebbe a un testa e croce, fifty-fifty. Ma, se si perdesse... bisognerebbe ricominciare. I due hanno anche evidenziato le lacune delle norme in tema di informazione su tali probabilità. Ma quanti sono i malati di azzardo? Sui 19 milioni di giocatori 817mila sono ad alto rischio, 247mila di fatto patologici. Le pesanti infiltrazioni della criminalità le ha ricordate - tra gli altri - Daniele Poto, referente di Libera per la campagna "Mettiamoci in gioco". Non l’ultimo aspetto del fenomeno. Che nel «buco nero» dell’online, definizione di Magistro, trova terreno fertile. Sono intervenuti, infine i deputati Massimo Enrico Baroni (M5S) e Paolo Beni (Pd).