mercoledì 12 giugno 2024
Il 5 stelle Donno resta a terra dopo il parapiglia e denuncia: «Colpito allo sterno da colleghi della Lega e di Fdi». La replica: ha fatto una sceneggiata
Pugni alla Camera sull'autonomia. Le opposizioni: «È una destra squadrista»

ANSA

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Altro che dialogo. Sulle riforme si consuma una delle pagine più tristi della storia parlamentare. Tra violenza fisica, violenza verbale e violenza di gesti tristemente evocativi, alla Camera dei deputati si perde il senso della misura, e la battaglia sull’autonomia differenziata sfugge non solo al bon ton (cosa tutt’altro che nuova negli emicicli), ma va oltre i limiti della decenza. La segretaria del Pd Elly Schlein chiede l’interruzione dei lavori, impossibili «in un clima di violenza». Lo stesso grida il presidente di M5s Giuseppe Conte. Sconcertato, il presidente della Camera Lorenzo Fontana sospende i lavori e convoca la conferenza dei capigruppo. Una escalation che arriva dopo una giornata intensa di lavori - pure se intervallati da una serie di interruzioni per insulti e proteste - che vedono approvare in Senato gli articoli 5 e 6 del premierato, in attesa del voto finale fissato per martedì.

Ma è a Montecitorio - dove si vota sulla legge Calderoli - che le questioni di merito passano ancora una volta in secondo piano, di fronte al metodo di quello che non può definirsi un confronto, ma che le opposizioni chiamano «squadrista». Nel suo intervento Roberto Speranza stava riassumendo la netta contrarietà del Pd - condivisa da M5s e Avs - sull’ «uno-due micidiale che configura un vero e proprio atto eversivo: premierato e autonomia differenziata. Verrà fuori un’Italia diseguale, un Paese arlecchino». L’ex ministro chiama in causa i partiti della premier e di Tajani: «Come fa Forza Italia? Come fanno i patrioti di Fdi, con quale faccia? Avete la parola Italia nel nome ma nei fatti la state smantellando, la state distruggendo».

Dal canto suo, leader dem aveva chiamato a raccolta tutti i partiti di minoranza per «coordinare» le forze, forte del ruolo di cui si sente investita dai voti. Ma la tensione in Aula è già alta. La capogruppo dem Chiara Braga viene interrotta bruscamente e i lavori vengono sospesi. Al rientro le opposizioni alzano bandiere tricolore e intonano l’inno di Mameli e “Bella ciao”. Dagli scranni della Lega Domenico Furgiuele mostra una “X” e per le opposizioni è chiaro simbolo della “Decima Mas”, anche se lui nega e dice di aver voluto imitare i giudici della trasmissione “X Factor”. Dopo un nuovo stop, il pentastellato Leonardo Donno va verso il ministro Calderoli e gli porge la bandiera nazionale. Calderoli la schiva, pur trattandosi del Tricolore (salvo poi spiegare: «Non bisogna mai cadere nelle provocazioni. Non so con che intenzioni uno si avvicini»). Ed è lì che scoppia la rissa in cui si “distingue” il leghista Igor Iezzi, che sferra diversi pugni. Donno crolla a terra, poi lascia l’emiciclo su una sedia a rotelle. In serata citerà tra i suoi aggressori anche anche Candiani (Lega) e Cangiano e Amich di Fdi. Dall’ospedale S.Spirito, dove è stato condotto per accertamenti, ha resto noto l’intenzione di denunciarli: «Mi hanno colpito allo sterno, mi hanno tolto il fiato».

Dal canto suo Iezzi - ma anche Federico Mollicone di Fdi - accusa il collega avversario di aver montato «una sceneggiata». Per ore circolano video girati in aula con i telefoni cellulari, che mostrano le varie angolature dello scontro.

«Non è possibile riprendere i lavori in questo clima di crescente violenza verbale e addirittura fisica», tuona Schlein. «Sono cose che a pochi giorni dalla cerimonia per i cent’anni dall’omicidio di Matteotti, in quest’Aula non si devono vedere e non si possono vedere. Non pensino di fermare i nostri diritti di opposizione contro le riforme con cui stanno spaccando l’Italia e stravolgendo la costituzione», dice la leader dem.

Infuriato anche Conte: «Giù le mani da noi, giù le mani dal nostro Tricolore. Non passerete. Vergogna», incalza il leader 5s.

I lavori riprenderanno questa mattina, 13 giugno, come anche quelli in Senato sull’elezione diretta del premier, arrivati al voto degli emendamenti dell’articolo 7, quello che regola le crisi di governo.

Qui le proteste delle opposizioni (che mostrano cartelli contro la riforma) fanno interrompere più volte i lavori, ma solo per brevi sospensioni. E alla fine la riforma procede spedita, anche se il presidente Ignazio La Russa concede due ore in più alle minoranze per la discussione, come chiesto dal capogruppo dem Francesco Boccia. E al momento del voto sull’articolo 5, quello cruciale sull’elezione diretta del premier, le opposizioni lasciano l’Aula, decise comunque a battersi fino in fondo, mettendo al fondo dell’iter il referendum che darà la parola agli italiani.

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