sabato 27 luglio 2024
Le sottoscrizioni digitali al referendum abrogativo sfondano quota 110mila. FdI e FI aumentano il pressing sulla Lega. Alla ripresa la manovra (col nodo Ragioneria) e tre campagne elettorali in salita
Boom delle firme online contro l'autonomia. E l'autunno si complica

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Le oltre 110mila firme raccolte in appena due giorni sul portale online per la campagna contro l’autonomia differenziata incrinano le certezze del centrodestra. Una coalizione turbata da un’estate di lotte intestine e attesa da un autunno non meno complicato, con tre elezioni regionali e i primi passi di una manovra dai margini strettissimi.

Ormai è chiaro che il voto popolare sulla legge bandiera della Lega arriverà sull’onda di una grande mobilitazione e, quel che è peggio per le forze di governo, con la spinta di molti elettori di centrodestra, per lo meno al Sud. Una realtà che il governatore calabrese Roberto Occhiuto ha palesato con estrema franchezza, preconizzando una sconfitta sonora nel Mezzogiorno (almeno 80-20 per il sì). Non è un caso se il testo firmato da Roberto Calderoli sia stata al centro di una lite nell’ultimo Consiglio dei ministri e c’è da scommettere che le scaramucce sul tema tra Forza Italia e il Carroccio andranno avanti a lungo. Forse la premier non sta ancora «sudando freddo», come hanno ipotizzato ieri i pentastellati delle commissioni Affari costituzionali commentando la raccolta firme in una nota, ma è certo che la vittoria del governo al referendum non è scontata. E anche se Meloni non ha fatto l’errore di Matteo Renzi (che invece legò il proprio destino alla consultazione sulla sua riforma istituzionale quando era a Palazzo Chigi, nel 2016), la sfida avrà comunque il sapore di un voto sul suo governo.

Di contro, il risultato galvanizza il centrosinsitra, che sulla battaglia contro l’autonomia differenziata può contare anche su un figliol prodigo di lusso: lo stesso Renzi. La circostanza si fa pericolosa per gli avversari in vista delle tornate in Umbria, in Emilia-Romagna e in Liguria. Il fondatore di Italia viva ha già chiarito che «l’alleanza organica» da lui invocata partirà proprio da questi appuntamenti e nonostante le resistenze del M5s e di Avs non sarà difficile trovare una quadra. Se poi il centrodestra dovesse perdere due delle tre regioni che governa, il colpo da incassare sarebbe davvero duro. In Liguria, poi, il centrosinistra, già rodato da due mandati all’opposizione, sembra molto più preparato alla sfida (con Andrea Orlando saldamente in pole per la corsa). Mentre la coalizione di maggioranza non ha un nome forte su cui puntare, visto che il leghista Edoardo Rixi (su cui Matteo Salvini sperava di fare affidamento) ha chiuso le porte.

La manovra non fa meno paura, considerando che solo la conferma nel 2025 di alcuni degli interventi finanziati dall'ultima manovra per il 2024 (taglio del cuneo, Zes per il Mezzogiorno, riduzione del canone Rai e detassazione dei premi) impatterebbe sul deficit per circa 18 miliardi. O almeno questo è quanto ha calcolato l’Ufficio parlamentare di Bilancio a fine giugno, spiegando che aggiungendo all’importo anche altre spese solitamente inserite nelle politiche invariate (per esempio gli oneri per il prossimo triennio contrattuale dei dipendenti pubblici), l'impatto complessivo sull'indebitamento netto potrebbe superare quello indicato nel Def, di poco inferiore ai 20 miliardi. Ieri Giancarlo Giorgetti non ha nascosto le difficoltà, annunciando una manovra «seria e responsabile», anche se «non lacrime e sangue». E non aiuta la probabile sostituzione del ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta. Un cambio in piena corsa, mentre sono aperte le negoziazioni con la Commissione Ue sul piano strutturale di bilancio. Proprio i rapporti con l’Unione fanno da sfondo ai difficili mesi che aspettano il governo, con Salvini che non perderà certo occasione per mettere in discussione il posizionamento pro-Kiev faticosamente assunto dalla premier. E non c’è ancora quel commissario di peso che Meloni continua a pretendere, pur non avendo appoggiato la maggioranza dell’Europarlamento che ha votato per Ursula von der Leyen.

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