sabato 8 luglio 2023
I famigliari dell'ambasciatore ucciso in Congo nel 2021 hanno rinunciato al procedimento a carico dei due funzionari del Programma alimentare mondiale accusati di non aver garantito la sua sicurezza
Il funerale dell'ambasciatore Luca Attanasio nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma il 25 febbraio 2021

Il funerale dell'ambasciatore Luca Attanasio nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma il 25 febbraio 2021 - Reuters

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Lo Stato non sarà parte civile al processo Attanasio, mentre le famiglie delle vittime hanno scelto due vie processuali diverse, durante l’udienza svoltasi ieri a Roma. I familiari dell'ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo nel febbraio del 2021, assieme al carabiniere Vittorio Iacovacci e al loro autista Mustapha Milambo hanno trovato un accordo per il risarcimento con il Pam, il Programma alimentare mondiale, e quindi sono usciti dal procedimento a carico di Rocco Leone e Mansour Rwagaza, i due funzionari accusati di omicidio colposo. I familiari di Iacovacci, invece, non hanno accettato il risarcimento e resteranno parti civili nel procedimento che dovrà valutare eventuali errori, sottovalutazioni e mancanze nel sistema di sicurezza messo a punto durante la missione umanitaria nella quale morirono. « Noi restiamo come parte civile nel processo perché vogliamo la verità su quanto accaduto » ha commentato Dario Iacovacci, fratello del militare dell’Arma. Da parte sua, Salvatore Attanasio ha spiegato attraverso il suo legale di aver «accettato nell’esclusivo interesse delle tre nipotine, a cui il loro papà avrebbe garantito un futuro importante. Gli avvocati hanno raggiunto un accordo risarcitorio per le bambine. Loro sono la nostra prima priorità e hanno diritto di vivere una vita tranquilla almeno sotto il profilo economico ».

Attanasio, Iacovacci e Milambo vennero uccisi nel corso di un drammatico tentativo di rapimento. Un gruppo di banditi locali composto da almeno cinque persone bloccò il convoglio a bordo del quale viaggiava il nostro diplomatico. La banda, condannata all’ergastolo in Congo, chiese 50mila dollari per ottenere il “lasciapassare”. Soldi che non erano però nella disponibilità delle persone che erano a bordo delle jeep. Da qui il tentativo di rapimento finito tragicamente. Negli atti dell’indagine del procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, sono finiti anche i verbali dei due indagati che hanno ricostruito quanto avvenuto a Goma. « Ho dato tutto quello che avevo, 300-400 dollari e il mio telefonino – ha raccontato agli inquirenti Leone –. Anche l’ambasciatore ha cominciato a togliersi le cose che aveva addosso, sicuramente il portafogli e forse l’orologio. Ho detto a Iacovacci di stare calmo e di non prendere la pistola, forse gliel’ha detto anche l’ambasciatore ».

Dal canto suo Rwagaza ha spiegato che i banditi «hanno intimato di consegnare i soldi. Volevano 50 mila dollari, altrimenti ci avrebbero portati nella foresta e poi avrebbero chiesto un riscatto… ho detto a Rocco Leone che dovevamo cooperare per evitare che ci sparassero». Nel corso dell'udienza sono state poi affrontate ulteriori questioni preliminari e in particolari i nodi legati alla giurisdizione e all'eventuale immunità diplomatica dei due imputati. Il gup ha quindi aggiornato il procedimento al prossimo 14 settembre quando la parola passerà al pm per la discussione. « Lo Stato resta il grande assente di questo processo, ma purtroppo questo lo sapevamo – ha dichiarato Salvatore Attanasio -. Il fatto che dobbiamo rinunciare in questo processo a costituirci parte civile, non vuol dire che rinunciamo alla ricerca della verità. Sappiamo che la strada sarà in salita, ma non molleremo nonostante la latitanza delle istituzioni che, con il loro comportamento, disonorano i propri servitori caduti». Anche il fratello di Iacovacci, Dario, ha ricordato che «l’Italia non ha fatto nulla per chiedere all’Onu di rinunciare all’immunità».

Il padre dell’ambasciatore, in particolare, ha confessato «stupore» per le parole della difesa di Rocco Leone che, oltre a spiegare che l’Onu non toglierà mai l’immunità al suo personale, ha aggiunto che «in questi anni anche la Farnesina non hai mai chiesto la revoca della stessa immunità. Ci hanno preso in giro – ha concluso Attanasio – quando il ministro degli Esteri sosteneva che avrebbe fatto di tutto per cercare la verità. Di quale verità si parla? Perché questo comportamento omertoso?».

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