Il premier Draghi interviene agli Stati generali della natalità e affronta anche il tema dell'assegno unico per i figli - Ansa
L'assegno unico e universale da 250 euro al mese a figlio come cifra massima arriverà dal gennaio 2022, ma da luglio 2021 entrerà in vigore una misura-ponte di 6 mesi. La ministra della Famiglia Elena Bonetti lo aveva anticipato ad "Avvenire" il 28 aprile e ieri agli Stati Generali della Natalità lo ha confermato il premier Mario Draghi.
Come sarà, dunque, questo primo assaggio di assegno? Draghi lo ha spiegato così: «Da luglio la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari».
La riforma, dunque, non toccherà per ora le detrazioni per i figli a carico, che spettano a tutti i genitori che pagano le tasse, autonomi o dipendenti. Il loro importo è di 1.220 euro l’anno per i figli sotto i 3 anni e di 950 per gli altri (con aumenti per i nuclei numerosi), ma si riduce gradualmente fino ad azzerarsi a 95mila euro lordi: più si dichiara al fisco, meno si prende.
Estendere l’assegno ad autonomi e disoccupati, come ha detto Draghi, significa che a queste categorie da luglio verrà corrisposta una provvidenza paragonabile a quella degli assegni pagati oggi ai soli lavoratori dipendenti e pensionati. Il loro importo parte da 137,50 euro per il primo figlio e decresce rapidamente in base al reddito familiare: a 30.000 euro l’assegno è già meno di 50 euro al mese. Se la misura-ponte seguirà questo schema, o prevederà aggiustamenti per tutti, dipenderà dalle risorse a disposizione e dalla volontà politica.
Il calcolo è presto fatto. I figli minori di 21 anni sono circa 12 milioni. Le risorse a disposizione per i 6 mesi da luglio a dicembre sono le seguenti: 3 miliardi del fondo assegno unico, 4,7 miliardi degli assegni familiari dei dipendenti, 2 miliardi degli altri bonus.
Qualora il governo decidesse di unire queste misure, ci saranno 10 miliardi a disposizione, e dunque si potrebbe avere un assegno medio per tutti di circa 140 euro al mese; se invece non verranno toccati i bonus bebè gli altri benefit, restano 7,7 miliardi, cioè circa 100 euro al mese di assegno. Stiamo però parlando di cifre medie. L’assegno-ponte dovrebbe infatti scalare in base al reddito, ma è da chiarire con quale gradualità.
In questo senso c’è però un problema da risolvere: oggi gli assegni ai dipendenti calano in base al reddito familiare, mentre il nuovo assegno dovrebbe seguire l’Isee (a meno di opportuni ripensamenti). Su quale reddito si baserà la misura-ponte? O si tratterà di un bonus fisso per un periodo limitato? È da decidere. Altro nodo da sciogliere: l’assegno dei dipendenti oggi è in parte pagato da loro contribuzioni, dunque se verrà esteso agli autonomi questo aggravio nelle buste paga andrà trasferito alla fiscalità generale, con costi maggiori per lo Stato.