Se avessero valutato con maggiore attenzione la situazione avrebbero potuto salvare delle vite. E invece con le loro affermazioni «assolutamente approssimative, generiche e inefficaci» minimizzarono lo sciame sismico nel tentativo di rassicurare gli aquilani. Convincendoli a restare nelle loro case nella notte in cui si è veriticato il tragico terremoto che ha devastato L'Aquila.È un passaggio delle motivazioni della sentenza che lo scorso ottobre ha condannato i componenti della Commissione Grandi Rischi in relazione al sisma dell'aprile 2009 che ha devastato il capolouogo abruzzese. Ai sette componenti della commissione che si riunì nel capoluogo abruzzese pochi giorni prima del 6 aprile, è stata inflitta una condanna a sei anni per omicidio colposo e lesioni colpose.La mancata analisi del rischio e risultanze rassicuratorie - si legge nel documento depositato oggi dal giudice Marco Billi - sono emerse dalla riunione della Commissione Grandi Rischi, che hanno indotto gli aquilani a restare in casa mentre, con una condotta più prudente, si sarebbero potute salvare alcune vite. Così le motivazioni della sentenza di condanna della Cgr confermano la tesi accusatoria. La «migliore indicazione» sulle rassicurazioni della commissione Grandi Rischi, si legge nelle motivazioni della sentenza, "si ricava dalla lettura della frase finale della bozza del verbale della riunione, laddove l'assessore alla Protezione civile regionale Daniela Stati, in modo emblematico, dice: «Grazie per queste vostre affermazioni che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa».
«Operazione mediatica» per tranquillizzareLa riunione della commissione Grandi rischi fu una «operazione mediatica» tesa a «tranquillizzare» la popolazione, come disse l'allora capo della protezione civile nazionale, Guido Bertolaso. Billi scrive che «in questo specifico contesto, dunque, la popolazione aveva urgente necessità di decodificare, normalizzare, convenzionalizzare, spiegare ed interpretare il fenomeno in corso e la riunione della Commissione Grandi Rischi venne convocata a L'Aquila proprio a tali fini»Per il giudice Marco Billi «gravi profili di colpa si ravvisano nell'adesione, colpevole e acritica, alla volontà del capo del dipartimento della Protezione civile (all'epoca appunto Bertolaso) di fare una “operazione mediatica” (come emerso da intercettazioni telefoniche che lo hanno fatto entrare nel processo come indagato per reato connesso) che si è concretizzata nell'eliminazione dei filtri normativamente imposti tra la commissione e la popolazione aquilana».
Sette le persone condannateI condannati in primo grado a sei anni di reclusione sono: Franco Barberi, all'epoca presidente vicario della commissione Grandi rischi; Bernardo De Bernardinis, già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile; Enzo Boschi, all'epoca presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv); Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti; Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e.; Claudio Eva, ordinario di Fisica all'Università di Genova; Mauro Dolce,direttore dell'ufficio rischio sismico di Protezione civile. Il giudice Marco BIlli ci tiene però a precisare che «non è sottoposta a giudizio
la scienza per non essere riuscita a prevedere il terremoto del 6 aprile 2009».
Le reazioni«Non mi sento assolutamente colpevole». Così l'ex presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Enzo Boschi, commenta le motivazioni della sentenza del Tribunale dell'Aquila. «Non penserà, il giudice - ha detto Boschi - che dopo aver denunciato per anni la sismicità del territorio italiano, avrei detto improvvisamente che all'Aquila non c'è rischio di terremoti?».«Io e i miei colleghi - ha proseguito Boschi - non avremmo mai assolutamente potuto dare nessuna affermazione rassicurante: sarebbe stato dire che siamo in grado di prevedere i terremoti, oppure che i terremoti non sono prevedibili ma che all'Aquila non ci sarebbe stato nessun sisma». Per Antonietta Centofanti, presidente del comitato “Vittime Casa dello Studente” le motivazioni della sentenza «non aggiungono niente di nuovo, sono una sintesi del lungo lavoro di inchiesta e di testimonianza arrivate alla conclusione della condanna».