I nodi del dolore arrivano al pettine anche in tribunale. All'Aquila il giudice, Giuseppe Grieco, ha condannato a tre anni e sei
mesi di reclusione l'ingegnere Fabrizio Cimino, accusato di omicidio colposo plurimo e lesioni per il crollo della palazzina di via Gabriele d'Annunzio. La struttura rovinò a causa del sisma del 6 aprile 2009 e 13 persone persero la vita.
Assolto, invece, l'altro imputato Fernando Melaragno, come chiesto anche dall'accusa. Si tratta di uno dei filoni più dolorosi delle maxi inchieste aperte dalla Procura della Repubblica
dell'Aquila per i lutti del post sisma.
Entrambi sono finiti sotto processo perché accusati di avere commesso errori
nella ristrutturazione del palazzo avvenuta sette anni prima del terremoto.
A pesare sulla condanna, in particolare, la perizia affidata dal giudice al docente di Scienza delle costruzioni del Politecnico di Milano Gabriella
Mulas, già autrice nell'altro processo sul crollo della Casa
dello Studente.
Secondo l'accusa se Cimino avesse esaminato il
progetto originario del palazzo, viziato da gravi errori di
progettazione e vulnerabilità, avrebbe scongiurato la morte di
quelle vittime del sisma. Tra l'altro per il pm l'imputato non ha
consegnato il progetto al Genio
Civile, che in teoria avrebbe potuto disporre un collaudo.
Intanto va ancora avanti in parallelo il processo-bis a un altro
imputato, Filippo Impicciatore, 82 anni, di Perano, Chieti,
che si è occupato della costruzione originaria nel 1961. All'uomo vengono
addebitate le stesse accuse, ma le notifiche in
Venezuela, dove vive, hanno ritardato il procedimento e spinto
il giudice a separare i filoni processuali.