«Questo è un luogo operativo. L’ufficio del Mediatore europeo per i casi di sottrazione di minori è davvero un’istituzione al servizio dei cittadini. Abbiamo allestito una squadra in grado di fornire assistenza giuridica nei casi di conflitto. E se c’è la disponibilità da parte dei genitori, li convochiamo per tentare un accordo». Roberta Angelilli, vicepresidente del Parlamento europeo, ha preso molto a cuore il suo ruolo.
Ma come si fa a mediare tra genitori separati in nazioni spesso diverse?Usiamo molto la videoconferenza, tra Bruxelles - o Strasburgo - e le sedi di residenza, per evitare spese di viaggio e difficoltà logistiche alle coppie. Comunque usiamo sedi istituzionali come consolati o ambasciate. Certo, spesso ci vogliono mesi, ma teniamo a definire tutti gli aspetti, dalle condizioni economiche all’assegnazione dei fine settimana o delle festività. Ogni dettaglio, per evitare margini di ambiguità. E arriviamo di solito a decisioni tutte concordate, senza che nessuno dei due genitori debba subire la decisione di un tribunale.
Vi siete imbattuti in situazioni drammatiche?È successo spesso. Anche per questo noi ci mettiamo tutto il tempo necessario, perché questo aiuta a ricreare un’armonia. Anche se non sono più una coppia, restano sempre genitori. E cerchiamo di rispettare non solo i diritti, ma la sfera intima degli affetti. Perché l’obiettivo non è solo la tutela dei diritti del minore, ma anche il suo equilibrio, il suo bisogno di affetto. Firmato l’accordo, che viene depositato presso l’ufficio del segretario del parlamento europeo, i genitori possono usarlo come base per una separazione consensuale o anche per una ricomposizione. Non è una sentenza o un obbligo, ma un percorso in direzione di una ricomposizione.
Quanto pesa, in queste coppie bi-nazionali, la multiculturalità?Dipende dal caso. Quando si tratta di una coppia di cittadini di due stati membri dell’Ue, poiché non esiste un diritto di famiglia europeo, diventa un conflitto non tra due persone, ma tra due giurisprudenze, tra due mentalità, più liberale o più tradizionale, più cattolica o più laica. Spesso dobbiamo anche mediare tra misteri e consolati per superare ostacoli burocratici, per riuscire a far parlare chi non vuole comunicare.
E nel caso di coppie miste europee-extraeuropee?Tutto diventa più complicato. In una controversia tra un cittadino francese e uno siriano, faccio un esempio, il sistema giuridico, la mentalità sono completamente diverse, non c’è nessuna base giuridica comune e nascono anche veri conflitti diplomatici. Ci è capitato anche di aiutare casi diversi, coppie non in crisi ma che stavano portando avanti adozioni internazionali. Quando si verificano situazioni di instabilità politica come rivoluzioni, elezioni contestate, si possono interrompere processi di anni.
Ma non è un lavoro che esula dal vostro impegno principale di legislatori?Niente affatto. Perché quando le istituzioni aprono le porte ai cittadini, verificano sui casi pratici i buchi e le incongruenze che vanno aggiustate da un punto di vista legislativo
Chi ricorre al mediatore?Non ci sono categorie precise. Si pensa che chi viaggia e sposa un partner straniero è un manager o un professionista, mentre si tratta spesso di persone che si muovono per cercare lavoro, con storie di sacrifici e di speranze.
Essere mamma quanto conta nel suo ruolo di mediatore?La maternità è un’esperienza straordinaria che mi aiuta a capire fino in fondo quanto è importante garantire al bambino non solo il suo benessere materiale, ma soprattutto l’equilibrio, la solidità interiore, la sicurezza di avere attorno a sé dei genitori che non lo tradiranno mai, che gli daranno la sicurezza per affrontare le sfide della vita. Se funziona la famiglia, luogo fondamentale della formazione alla solidarietà e alla coesione, funzionano le società. E quel bambino sarà un cittadino equilibrato e responsabile.