martedì 8 marzo 2011
Vertice della Lega ieri sera a Milano per mettere a punto le strategie elettorali: «A Milano per la Moratti, ma Salvini vicesindaco». Bossi: nei Comuni piccoli e in altri casi particolari lil partito potrebbe andare da solo, per ribadire la propria forza al Nord.
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Non è ancora del tutto ufficiale, ma il sodalizio politico ed elettorale tra il Carroccio e il Popolo della libertà è destinato ad essere riproposto anche alle prossime elezioni amministrative, in agenda per metà maggio. L’alleanza non è affatto in discussione. Almeno nei grandi centri del Nord, come Milano, Torino, Bologna. E anche in quelli del Settentrione, che non superano i 100mila abitanti, quali Trieste, Ravenna, Rimini, Varese e Novara. Casi a sé potrebbero verificarsi nelle consultazioni provinciali, nel pavese e nel mantovano. Un asse, quello tra Lega Nord e Pdl, che varrà così al primo e ai ballotaggi. Per i Comuni più piccoli, quelli sotto i 15mila abitanti, dove la legge elettorale prevede il sistema maggioritario a turno unico, il leader Carroccio Umberto Bossi spinge invece affinché «si vada da soli» o che si decida «caso per caso». Una strategia, quella emersa ieri durante l’incontro del consiglio federale della Lega Nord nel quartier generale di via Bellerio a Milano, alla quale ha partecipato anche Roberto Calderoli, che potrebbe evidenziare, secondo i disegni dei vertici leghisti, l’ulteriore radicamento che il movimento ha ormai sul territorio, in Regioni come la Lombardia, il Piemonte, il Veneto. Ma anche la netta crescita degli ultimi mesi, ormai in doppia cifra, anche in realtà 'anomale' come la rossa Emilia Romagna. Il messaggio politico è chiaro: «Non passa lo straniero». Insomma, chi non si allea con la Lega e non 'sposa' i suoi cavalli di battaglia, come il federalismo, sul territorio perde, perché né Pdl, né Pd hanno la forza e i voti per gareggiare al Nord da soli. Sul campo l’impegno leghista per i candidati sindaci non mancherà. Ieri c’è stato l’anticipo: i vertici del Carroccio di Piemonte e Lombardia sono scesi in campo a Torino e Milano con due proposte (il no alla moschea di via Urbino nel capoluogo piemontese e una legge in Lombardia contro la concentrazioni eccessiva di esercizi commerciali etnici in alcuni quartieri) a segnalare la compattezza del partito e la mobilitazione sul territorio, che però non sarà affatto «gratis». Come a Milano. «Non giocherò alcuna partita per la poltrona di vicesindaco di Milano. Resterò presidente del consiglio regionale– ha detto il leghista Davide Boni –. È inutile pensare di alimentare situazioni che non esistono. Siamo un movimento politico coeso. È Matteo Salvini il candidato ideale alla poltrona di vicesindaco». Insomma, come già successo per le elezioni regionali, La Lega ribadisce che laddove il candidato è del Pdl, come a Milano, il vice non può essere che del Carroccio. E viceversa. Quindi sì a Milano a Letizia Moratti primo cittadino, a patto che il vice sia Salvini. In serata poi, in sostituzione della tradizionale cena del lunedì, tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, i vertici leghisti, tra cui lo stesso Senatur e i capogruppo alla Camera e al Senato, rispettivamente Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, si sono recati ad Arcore insieme al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, per far visita al premier, in convalescenza, a seguito dell’operazione subita ieri. Un saluto, un breve colloquio, nel quale la Lega avrebbe ribadito il suo via libera (dopo quello già accordato domenica sera) alla riforma della Giustizia preparata dal Popolo della libertà. Poi le nuove tappe del Federalismo. E sempre ieri davanti a via Bellerio si sono radunati anche gli allevatori veneti, in tutto 150, che chiedevano un incontro con Bossi sul tema dei pagamenti delle multe delle quote latte.
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