"Ci sono tante manifestazioni per la difesa dell’ambiente, di natura e sfumature diverse, ma tutte concordano sul fatto che le attenzioni che la politica, le imprese e anche i comportamenti individuali dedicano a questo tema sono assolutamente insufficienti». Enrico Giovannini, co-fondatore e Direttore scientifico dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), e già ministro delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili nel governo Draghi, non condanna tout-court le proteste di alcuni giovani e meno giovani che utilizzano “mezzi urtanti” per attirare l’attenzione sull’emergenza climatica. «Ce lo dicono gli scienziati e gli esperti non solo di clima, ce lo dice anche il senso comune: dobbiamo agire urgentemente, tanto più dopo aver modificato per la prima volta nella storia del nostro Paese i principi fondamentali della nostra Costituzione, l’articolo 9, introducendo la tutela dell’ambiente e della biodiversità come uno dei compiti della Repubblica anche nell’interesse delle future generazioni. La distanza tra scienza e principi da un lato e concrete politiche e concreti comportamenti dall’altro è divenuta ancora più evidente».
Imbrattano quadri e palazzi perché, dicono, non è stato fatto nulla.
Non è completamente vero. Anche se è chiaro che non viene fatto abbastanza per invertire le tendenze che ci stanno portando alla distruzione dell’ambiente e degli ecosistemi. Il cambio in Costituzione, come detto, è un fatto storico, ma il nuovo principio deve trasformarsi in politiche coerenti.
Cioè, quali sono le cose più urgenti?
In primo luogo, le nuove politiche devono tenere conto della necessità di raggiungere una piena sostenibilità ambientale, come l’Europa ci chiede e ci impone con il Pnrr. Ad esempio, tutti i nuovi investimenti devono andare nel senso della sostenibilità.
In pratica, come si traduce?
Con il governo Draghi avevamo - e parlo da ex ministro - avviato un’iniziativa molto importante in base alla quale ogni nuovo investimento in ferrovie, autostrade, ponti, aeroporti, ecc. deciso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) avrebbe dovuto essere valutato in termini di impatto sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2039, quindi in base alla sostenibilità economica, sociale e ambientale. La Presidenza del Consiglio aveva predisposto una delibera per rendere tutto questo operativo, ma poi il governo è caduto e questa direttiva non è stata realizzata.
Pensa che il nuovo governo possa ripartire da dove avete lasciato?
Lo spero proprio, anche perché in questo modo tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero imparare a mettere la sostenibilità al centro della loro azione. È una delle iniziative che l’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, ndr) promuoverà nel corso del 2023, essendo uno dei punti del decalogo che abbiamo pubblicato a ottobre. Dobbiamo far sì, cioè, che tutte le nuove opere che si faranno abbiano al centro questo elemento di sostenibilità. Anche il tema della rigenerazione urbana, per la quale nella scorsa legislatura non siamo riusciti ad approvare la nuova legge quadro, è importante, così da prevedere, al posto del consumo di nuovo suolo, il riuso, una volta bonificato, di quello attualmente usato. Oltre al Pnrr, Città e regioni nei prossimi mesi avranno 80 miliardi da spendere sui fondi europei di coesione 2021-27: ma tutti i progetti devono sottostare proprio a questo tipo di regole, a partire dal principio “Do No Significant Harm (DNSH)” che prevede cioè che gli interventi previsti non danneggino in modo significativo l’ambiente, già applicato al Pnrr. C’è una straordinaria opportunità di fare le cose giuste grazie ai fondi europei aggiuntivi rispetto al Next Generation EU».
Secondo lei, il nostro governo saprà vincere la sfida?
Storicamente i governi di centrodestra si sono quasi ovunque dimostrati molto meno sensibili ai temi ambientali rispetto a quelli di centrosinistra. Il presidente del consiglio, Meloni alla Cop 27 di Sharm el Sheikh ha confermato l’impegno dell’Italia a raggiungere e rispettare gli impegni europei che vuol dire ad esempio il pacchetto “Fit for 55” cioè la riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030 e la decarbonizzazione entro il 2050. La strada è ancora molto lunga. Il ministro Pichetto Fratin ha pubblicato nei giorni scorsi la versione rivista (era anche questa una richiesta di ASviS) del piano di adattamento ai cambiamenti climatici che va trasformato in azione. La chiave di tutto è però anche la coerenza della politica. Cioè se con la mano sinistra si fanno cose che in realtà contraddicono quelle che si fanno con la mano destra è chiaro che non arriveremo mai a raggiungere gli obiettivi. L’ultima cosa che dobbiamo fare è quella di continuare a fare errori, finanziando progetti che vanno nella direzione opposta.
Non è troppo tardi?
Come da anni gli scienziati ci dicono, abbiamo bisogno di guadagnare tempo. Oggi non abbiamo tutte le tecnologie in grado di produrre tutte le elettricità a costi bassi per tutto il mondo senza usare le fonti fossili quindi dobbiamo comprare tempo per far si che l’investimento in ricerca e sviluppo di nuove tecnologie ci consenta di trovare nuove soluzioni meno costose. E lo stiamo già facendo in tutto il mondo. Dobbiamo rifiutare il catastrofismo del “non c’è più nulla da fare”.
L'invito dell'ex ministro e fondatore di ASviS, Enrico Giovannini: usare bene i fondi europei che saranno a disposizione di Comuni e Regioni
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: