lunedì 30 settembre 2024
Dodici morti nel Mediterraneo, 3 bimbi e 2 donne. Sono 20 i dispersi. Il vescovo Savino domenica a Roccella Jonica: «Rifugiati considerati come scarti, ma Dio è con i poveri e bussa alla nostra porta»
Un barchino di migranti soccorso nel Mediterraneo in questi giorni

Un barchino di migranti soccorso nel Mediterraneo in questi giorni - Reuters

COMMENTA E CONDIVIDI

Un’altra tragedia. L’ennesima nel Mediterraneo: almeno 12 persone, tra le quali tre bambini e due donne, sono morte in un naufragio al largo dell’isola di Gerba, in Tunisia. I loro corpi sono stati recuperati ma ci sarebbero ancora una ventina di dispersi. Mentre sono in tutto 25 le persone messe in salvo dalla guardia costiera tunisina. Sull’imbarcazione viaggiavano da 57 a 60 migranti. Dal 2014, i morti e dispersi nel Mediterraneo sono stati in media circa 8 al giorno, pari a oltre 30.300, molti dei quali bambini, bambine e adolescenti, secondo l’ultimo rapporto di Save the children.

Ancora morte, dunque, all'indomani della 110ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato “Dio cammina con il suo popolo”, che quest’anno la Cei ha voluto avesse il suo momento centrale, domenica, a Roccella Jonica la cittadina calabrese simbolo della buona accoglienza ma anche dei drammi come il naufragio del 17 giugno. Una condizione confermata dagli ultimi due sbarchi, proprio nello scorso fine settimana, con 133 persone, che fanno arrivare da maggio a 25 sbarchi e 1.662 persone, 273 più dello stesso periodo dello scorso anno. Una giornata intensa, iniziata con la celebrazione eucaristica nella chiesa San Nicola di Bari presieduta dal vescovo di Cassano all’Jonio, Francesco Savino, vicepresidente della Cei, assieme all’arcivescovo di Reggio Calabria, Fortunato Morrone, presidente della Cec, al vescovo di Locri-Gerace, Franco Oliva e al Direttore nazionale della Fondazione Migrantes, Pierpaolo Felicolo. Chiesa strapiena, molti immigrati, tra i quali due sopravvissuti al naufragio, e tanti rappresentanti dei soccorritori.

Molto forti le parole del vescovo Savino nell’omelia. Prendendo spunto dalle letture domenicali, ha riflettuto sul verbo “impedire”. «Questo mare meraviglioso, il Mediterraneo, culla di civiltà, nel discorso politico è diventato quasi soltanto un mare di interdizioni. Impedire, respingere, fermare, difendere. È il contrario della legge del mare: custodire, salvare, fraternizzare». Ricorda poi il Messaggio di Papa Francesco per la Giornata nel quale «sottolinea la profezia che è scritta nel corpo, nelle biografie, nel viaggio di chi è costretto a migrare fra i pericoli da legislazioni nazionali e internazionali perverse, nemiche della vita e colluse con interessi criminali». Ma, avverte Savino, «la realtà fondamentale, calpestata dalla nostra ossessione di impedire, è che Dio è con i poveri, bussa alla nostra porta nei loro viaggi, ci chiede di partecipare alla sua passione per la vita, che si traduce in passione per la giustizia e quindi, anche, quando è necessario, in denuncia dell’ingiustizia». Invece «queste coste meravigliose sono diventate miraggi impossibili per la durezza del nostro cuore. Questo mare di umanesimo è divenuto un cimitero di figli di Dio usati e abusati da potenti Faraoni. Faraoni ne esistono ancora, più ricchi, più potenti e più ignoranti e spietati di quelli dell’antico Egitto». Poi un riferimento allo sfruttamento. «Come si lavora oggi, non in Africa, ma nei campi, nei cantieri, là dove in questa nostra Italia si piega la schiena e ci si sporcano le mani?». Infine un appello. «Migranti e rifugiati non sono santi, ma scarti di un mondo che Dio ha voluto diverso. La loro prossimità, le loro storie, sono una parola di Dio per noi».

Al termine della celebrazione sono state consegnate alcune targhe in legno d’ulivo, realizzato da un ex detenuto seguito dalla Caritas, con una frase del Papa. A riceverle la Guardia costiera, in rappresentanza di chi opera in mare, il comune di Roccella, la Croce rossa e l’Ufficio Migrantes. La Giornata è poi proseguita nel Convento dei Minimi sempre a Roccella con la “Festa dei popoli”. Musiche, balli e cibi etnici. Ma anche un momento di riflessione con la “biblioteca umana”, nella quale hanno parlato uno di fronte all’altro, un italiano e un immigrato. Così Savino, Oliva e Felicolo si sono seduti davanti a Ghaith della Tunisia, Issah del Camerun e Safdari dell’Afghanistan. Gli immigrati a raccontare la loro storia, l’interlocutore a fare domande. Tutto molto breve, ma commovente. Poi ci si è spostati al porto dove sono state deposte due corone di fiori. È stato recitato il Padre nostro, una preghiera dell’imam, e il vescovo Oliva ha voluto ringraziare la stampa che «fa sì che queste tragedie si conoscano, che non ci si possa girare dall’altra parte».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: