È legge l’accordo tra Italia e Francia sulla Torino-Lione. L’ok definitivo è arrivato ieri in un Senato incandescente, dove s’è anche sfiorata la rissa. Ad essere stato ratificato da un’ampia maggioranza e senza modifiche è il disegno di legge del governo Letta sulla linea ferroviaria ad alta velocità. L’accordo è un tassello fondamentale nel percorso di realizzazione dell’opera e nei confronti dell’Unione Europea, che chiede impegni precisi ai due Paesi come condizione al cofinanziamento.Hanno votato sì 173 senatori, contro 50 più quattro astenuti, di Movimento 5 stelle, Sel e di una senatrice Pd, Laura Puppato. L’intesa bilaterale prevede la nascita del soggetto promotore dei lavori di scavo della megagalleria di 57 chilometri. Ora che è legge, il progetto, che si inserisce nel corridoio 5 della tratta Lisbona-Kiev, è blindato.Ci vorrà ancora un passaggio, cioè un accordo aggiuntivo tra i due Paesi per la ripartizione dei costi, che dovrebbero ammontare complessivamente a 8 miliardi e mezzo di euro. E ieri il voto ha fatto riesplodere nell’aula del Senato la guerra di cifre e argomentazioni che da sempre dividono pro e contro all’opera. Inutile, costoso, dannoso per l’ambiente secondo i contrari, all’opposto un’opera importante per lo sviluppo del Paese, che darà lavoro.In Senato si sono visti e sentiti pesanti insulti, gestacci, banconote false agitate contro gli avversari, cartelli di protesta e scontri che hanno comportato anche sospensioni della seduta. I grillini hanno presentato oltre 1.100 emendamenti al testo dell’accordo, che nei loro interventi hanno definito «favorevole solo alla mafia». Questo perché, sostiene il senatore Marco Scibona, la legge francese sugli appalti non prevederebbe la necessità del certificato antimafia. Durante le dichiarazioni di voto i senatori si sono urlati addosso, i Cinque stelle avevano al collo le sciarpe bianche con la scritta rossa No Tav. Il senatore Pd Stefano Esposito, icona sì-Tav, ha attaccato la sua collega di partito Puppato, mentre secondo i grillini la senatrice Dem Lucrezia Ricchiuti li avrebbe definiti «fascisti», e quando Giacomo Caliendo (FI) è andato a urlare sotto i banchi Cinque Stelle, tra Alberto Airola e Franco Cardiello (FI), arrivato di corsa in difesa di Caliendo, si sarebbe arrivati alle mani senza il tempestivo intervento dei commessi del Senato a dividerli.Il governo Renzi ha sostenuto con forza la legge, dicendo che l’opera consentirà il dimezzamento dei tempi di percorrenza per i passeggeri (da 7 ore e mezza a 4 da Milano a Parigi) e incrementerà la capacità del trasporto merci, al punto di ridurre fortemente i camion su strada. Previsioni che sono fortemente contestate dai contrari alla linea dell’alta velocità.Il voto è arrivato a pochi giorni dalla visita a sorpresa a Chiomonte del ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, che in una nota ieri ha detto che l’opera non è più solo un progetto «ma un cantiere con una galleria che avanza di 15-20 metri al giorno. La Tav Torino-Lione è una realtà dalla quale non si torna indietro». La firma di ieri, secondo Lupi, conferma come l’opera sia prioritaria e strategica per Italia, Francia ed Ue. E intanto prosegue l’attività della magistratura, con le decine di fascicoli aperti a carico di attivisti No Tav e processi in corso che hanno visto la condanna anche di Beppe Grillo e di Alberto Perino, storico leader del movimento, e l’incarcerazione di quattro attivisti con l’accusa di terrorismo.