martedì 29 gennaio 2013
​Nella Giornata europea della privacy il garante ha lanciato un vademecum sull'uso dei social network. L'allarme dei pediatri: il 45% degli adolescenti italiani ha subito minacce e insulti via internet.
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Prima di collegarti a Internet, «connetti la testa». È rivolto in prima istanza ad adolescenti e giovani, il messaggio del Garante per la privacy, Antonello Soro, in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali, celebrata ieri. In particolare, l’attenzione si è concentrata sul fenomeno emergente del cyberbullismo, anche alla luce dei recenti episodi di suicidi che hanno avuto come protagonisti giovanissimi presi di mira dai coetanei sul web. Proprio per educare a un uso consapevole e responsabile dei social network, il Garante ha messo in rete un video, un questionario da compilare e un vademecum. Tutto questo materiale è scaricabile dal sito www.garanteprivacy.it.«Dobbiamo fare di tutto per evitare di demonizzare l’uso della rete e dei social network – ha detto Soro –. Lungi da noi l’atteggiamento proibizionistico e ostile, abbiamo però il dovere di mettere in evidenza i lati oscuri della rete e allertare sugli aspetti distorsivi. Naturalmente una grande preoccupazione è nei confronti della generazione più fragile, quella più esposta al trattamento illecito dei dati. Per questo è fondamentale mettere insieme l’Università, la scuola, le Regioni, le famiglie».Un’alleanza educativa a cui, ha ricordato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, il Miur partecipa fin dal 2007, anno in cui viale Trastevere lanciò una campagna contro bullismo e cyberbullismo. «Questa – ha aggiunto Profumo – potrebbe essere una nuova forma di educazione civica». Gli appelli a un utilizzo consapevole del web sono sottoscritti anche da Antonio Affinita, direttore del Movimento genitori (Moige), che ha insistito sull’urgenza di «porre delle regole all’interno delle varie piattaforme di social networking».«I siti di socializzazione – ha aggiunto – possono rappresentare una grande opportunità, ma allo stesso tempo nascondono delle insidie soprattutto per i più giovani. Come genitori esprimiamo preoccupazione per la sicurezza dei nostri ragazzi: i social network sfuggono completamente a qualsiasi forma di controllo e non consentono ai genitori di monitorare la navigazione dei figli. La scarsa attenzione dei provider nei confronti di chi è dietro lo schermo ci deve allarmare sulle possibilità che i minori possano incorrere nella trappola del cyberbullismo».Affinita ha ribadito la necessità di «mettere in evidenza i lati oscuri della rete attraverso una formazione capillare sul buon uso del web a partire proprio dai genitori, che devono essere consapevoli di ciò che i loro figli fanno su internet e avere gli strumenti necessari per poterlo fare».Preoccupazioni rilanciate anche dalla Società italiana di Pediatria (Sip), che nel Rapporto sugli adolescenti, evidenzia che il 45% dei ragazzi ha subito offese e minacce su Internet o ha un amico che le ha subite. Dalla ricerca è emerso anche che, tra i giovanissimi, otto su dieci già a tredici anni hanno un profilo su Facebook, e che il 17% dei ragazzi si collega alla rete per più di tre ore al giorno (il 65% può farlo anche dal suo cellulare). «Il bullismo sul web – avverte il presidente dell’associazione “Laboratorio adolescenza”, Maurizio Tucci – è più pericoloso del bullismo tradizionale. La persecuzione mediatica non è circoscritta ad un singolo ambiente (la scuola, la palestra...) al di fuori del quale la vittima può avere un suo “riscatto” psicologicamente compensativo, ma raggiunge tutti gli “ambienti di riferimento” dell’interessato».Le offese o le prese in giro via web, insomma, sono facilmente visibili da tutta la cerchia degli amici, anche se si possono più facilmente nascondere ai genitori, che, ricorda il presidente della Sip, Giovanni Corsello, «spesso vengono da noi disorientati a chiedere aiuto perché non conoscono la tecnologia e anche se colgono segnali di disagio, non riescono a spiegarseli». Il consiglio è quello di «farsi complici del ragazzo in una attività che non deve essere di controllo ma di supporto» che può essere fatta «dai genitori ma anche dai fratelli maggiori» e di tenere aperto «il canale della comunicazione familiare».
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