mercoledì 5 novembre 2014
​​Il presidente del Senato incontra i familiari e assicura: lo Stato farà il possibile per accertare la verità.
La sorella Ilaria: non chiediamo vendetta
Il procuratore capo Pignatone: fiducia nei pm
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"Bisogna far sì che la morte di Stefano non sia stata vana e costruire una società che rispetti diritti dei più deboli: ciò deve fare uno Stato che si definisce civile". Lo ha detto il presidente del Senato Pietro Grasso dopo avere incontrato la famiglia Cucchi. "Lo Stato che rappresento farà tutto il necessario affinché in futuro non accada mai più una cosa simile", ha aggiunto Grasso che si è detto commosso dall'incontro. E il presidente della Consulta Tesauro osserva: "la giustizia è lenta, ma alla fine un risultato lo si ottienè. Soddisfatta la sorella di Stefano, Ilaria: "Ci sono dei segnali di svolta. Se c'è qualcuno che sa, parli e spezzi la catena". LA GIORNATA DI IERI. Chi sa, parli. Dopo l’assoluzione del processo Cucchi, anche il presidente del Senato Pietro Grasso entra nel dibattito e lancia il suo appello. La seconda carica dello Stato - che oggi riceve a Palazzo Madama proprio la famiglia del geometra, accompagnata dal senatore Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani - entra nel dibattito scatenato dalla sentenza di appello. Per sabato è annunciata una fiaccolata in ricordo del giovane, presente la famiglia. E la sorella Ilaria risponde agli attacchi dei sindacati di polizia, Sap e Sappe, dicendosi certa che «esistono forze dell’ordine dalla parte della gente». Come il poliziotto di Bologna che le porge le sue scuse.  A organizzare la manifestazione «1.000 candele per Stefano Cucchi» è l’Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, sabato 8 novembre a piazza Indipendenza, davanti alla sede del Csm. Parteciperanno anche i genitori e la sorella del giovane, che oggi saranno al Senato. È Pietro Grasso a sottolineare che in questa storia «ci sono dei rappresentanti delle Istituzioni che sono certamente coinvolti». E chi è coinvolto deve avere «il coraggio di assumersi le proprie responsabilità, perché lo Stato non può sopportare una violenza impunita di questo tipo, che non può far parte della dignità di uno Stato civile, soprattutto quando viene da rappresentanti delle istituzioni». Le parole di Grasso arrivano all’indomani dell’incontro tra i familiari del geometra e il procuratore Capo di Roma. Giuseppe Pignatone aveva garantito la rilettura degli atti non escludendo in caso di novità una nuova inchiesta. Ora il procuratore generale capitolino, Luigi Ciampoli, precisa che un eventuale ricorso per Cassazione arriverà solo dopo il deposito della sentenza: «Valuteremo la sussistenza di motivi di ricorso in Cassazione dove già pende altro ricorso, della Procura Generale, contro un’altra sentenza» sulla responsabilità dei medici di Regina Coeli che assistettero Cucchi prima del trasferimento al Pertini. In una lettera aperta un poliziotto della Questura di Bologna scrive alla famiglia Cucchi chiedendo «scusa per questo oltraggio infinito, per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia». Francesco Nicito, 26 anni in polizia, dice di voler rompere «quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente». L’agente prende le distanze dalle dichiarazioni dei giorni scorsi del Sap (Sindacato autonomo di polizia) su Stefano: «Se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze». Cui ieri si sono aggiunte quelle del Sappe: Stefano «fu abbandonato dalla famiglia e se fosse stato seguito si sarebbe potuto salvare ». Parole che si aggiungono alla querela del sindacato di polizia penitenziaria contro la sorella Ilaria, per «la difesa e l’onore » del corpo. Ilaria Cucchi non replica. Dice solo che «esistono poliziotti, e sono la maggioranza, che non si rispecchiano nel Sap e nel Sappe».
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