Il 2008 è stato un «anno record» per le adozioni internazionali in Italia. Sfiorata quota 4mila (3.977), con un buon incremento rispetto all’anno precedente, che aveva già registrato un trend positivo, con 3.420 minori adottati. «È una risposta positiva per tante coppie italiane che aspettano di adottare un bambino», sottolinea Carlo Giovanardi, sottosegretario con delega alla Famiglia. Si tratta per il 43 per cento di bambini tra i 5 e i 9 anni; per il 34,5 tra uno e quattro; per l’11,2 di più di 10 anni; solo il 10,6 per cento invece non raggiunge un anno, a testimoniare il lungo iter che in genere l’adozione all’estero comporta. Resta, con alcune eccezioni, il divario NordSud: in valori assoluti la Lombardia è prima con 903 adozioni. Ma è il dato sui Paesi di provenienza che dettaglia le ragioni di questo mini-boom. Al primo posto c’è l’Ucraina con 640 adozioni, dalla quale però possono essere adottati solo più fratelli, per evitare, nelle intenzioni di quel Paese, dolorose separazioni. Segue la Federazione russa con 466, Colombia (434), Brasile (371), Etiopia (338), Vietnam (313), Polonia (241), Cambogia (188) e India (142). Tranne che per quest’ultima, che registra un brusco stop, la tendenza positiva è quasi tutta frutto dei positivi rapporti con questi Paesi, restando al momento marginali, o sperimentali, l’apporto che arriva da un’altra cinquantina di Stati. C’è però tutto l’impegno del governo e delle strutture preposte ad aprire nuove frontiere. Giovanardi – che ha presentato questi dati con il sottosegretario Paolo Bonaiuti e la vicepresidente della Commissione per le adozioni internazionali Daniela Bacchetta – indica ad esempio la Cina come la novità più importante, da dove, entro fine mese, arriveranno le prime bambine (22, solo bambine) mentre nuovi accordi si profilano con Gambia e Burkina Faso. L’Italia si colloca al terzo posto, in valori assoluti, per numero di minori accolti, dietro Usa e Spagna. ma anche se si va alle percentuali in base alla popolazione, il nostro Paese resta pur sempre settimo dietro Norvegia, Spagna, Svezia, Danimarca e Stati Uniti. Ma, assicura Giovanardi, non c’è la rincorsa alle adozioni a tutti i costi, anche in senso letterale. L’Italia conferma, infatti, la sua linea che colloca l’adozione nell’ambito di una più complessa attività di cooperazione e di relazioni bilaterali, ed è per questo che da noi, come in Norvegia. non sono consentite le adozioni 'indipendenti'. Preferendo quelle che sono «frutto della presenza capillare degli enti di cooperazione internazionale e questo – assicura Giovanardi – elimina alla radice il rischio di traffico». Sugli enti il governo assicura «attento monitoraggio». E i costi, spesso ingenti, che occorrono per un’adozione internazionale – essendo gratuita quella in ambito italiano – si motiva con le spese vive che i ripetuti 'viaggi della speranza' comportano. Costi però «rimborsabili al 50 per cento per le famiglie con reddito inferiore ai 70mila euro, e deducibili per il 50 per cento restante».