martedì 27 gennaio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI

La porta della sua casa è sempre rimasta aperta perché «la gente non è disperata ad ore». Era una donna innamorata del prossimo Sarina Ingrassia, che nella fede e nella gioia ha trovato la forza per aiutare per quarant’anni i giovani e le donne più bisognosi del suo paese alle porte di Palermo. «Nella vita ho fatto quello che ho saputo fare. Nel pezzo di storia che viviamo abbiamo il compito di affermare il bene», disse nel giorno della grande festa per il suo novantesimo compleanno. E Sarina Ingrassia, «l’angelo dei poveri di Monreale», se n’è andata a 91 anni, dopo una malattia vissuta con fede, lasciando una testimonianza straordinaria di vita vissuta per gli altri. «Fino a che una persona resta indietro non possiamo dormire sonni tranquilli», amava ripetere. E quanti ragazzi e donne rimasti «indietro» sono entrati e usciti da quella porta sempre aperta in via Baronio Manfredi, alla periferia di Monreale, trovando sempre un rifugio, un ascolto, un piatto di pasta in quella semplice abitazione, povera di cose ma ricca di umanità. Per quarant’anni, dal 1975, Sarina è stata “anima” dell’associazione “Il Quartiere”, che opera nel rione Balzi Callozzi per assistere moralmente, psicologicamente ed economicamente numerose famiglie disagiate. «Ho trovato la ragione della mia vita nell’impicciarmi dei bisogni degli altri e, per appartenere a tutti, ho deciso di non appartenere a nessuno» dice nel bel libro di Cristina Ceruti “Quando vivo stagioni d’amore”, con prefazione dell’amica Rita Borsellino. Legata a una religiosità profonda e senza schemi, piena di una fede schietta che arricchiva con le sue esperienze nella comunità di Taizè, condivideva tutta se stessa con l’umanità sofferente e con un vero impegno civile. Ad incontrarla negli anni Settanta fu anche Natalina Barbaccia, oggi presidente dell’associazione “Il Quartiere”, che ha condiviso con Sarina Ingrassia un ampio pezzo di una lunghissima vita. «Era una donna di grande sobrietà e semplicità nelle scelte, era un “prodotto non classificabile”, come amava dire lei stessa, senza progetti né programmi, nel senso che agiva in base alle esigenze che le si presentavano davanti – racconta Natalina –. La sua è stata una casa aperta in una periferia, come direbbe Papa Francesco, per ascoltare, per accogliere chi nessuno voleva accogliere». E ricorda che ogni 24 dicembre, «anche quando avevamo figli e famiglia, lei preparava il brodo per tutti e con questo rito festeggiavamo la vigilia di Natale». Con la scomparsa della fondatrice, l’associazione continua tuttavia a svolgere le attività di sempre, dal recupero scolastico allo sport per i ragazzi, alle iniziative per le donne, drammatizzazione, psicomotricità, lettura di libri. Tutto favorisce il riscatto sociale di chi vive nel disagio. «Lei non se ne accorgeva, ma starle accanto era per noi un continuo arricchimento interiore», conclude Natalina Barbaccia, che adesso dovrà portare avanti l’opera avviata di Sarina Ingrassia, l’Angelo dei poveri di Monreale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: