mercoledì 3 gennaio 2024
Il sindaco di Porto Empedocle: la nuova struttura è pronta, faremo solo identificazione. A Lampedusa 2.839 presenze in una settimana. Con i Cas strapieni, molti invisibili finiscono in aree dismesse
I migranti sbarcati dalla nave Ocean Viking, approdata a Bari nei giorni scorsi

I migranti sbarcati dalla nave Ocean Viking, approdata a Bari nei giorni scorsi - ANSA

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Prende forma la primissima accoglienza dei migranti sulle coste italiane, mentre resta complicata la gestione dei centri sul territorio. «La struttura di prima identificazione dei profughi a Porto Empedocle verrà verosimilmente completata per fine gennaio » annuncia ad Avvenire il primo cittadino siciliano, Calogero Martello, che l’estate scorsa ha dovuto gestire l’emergenza Lampedusa, assorbendo in seconda battuta il picco di arrivi.

Proprio ieri la Croce Rossa Italiana ha fatto il bilancio dell’ultima settimana del 2023: sono stati 2.839 i migranti accolti nell'hotspot dell’isola, a fronte di 2.755 persone poi trasferite. Restano 93, invece, al momento, le persone presenti nel centro di prima accoglienza di Contrada Imbriacola a seguito di un trasferimento ieri mattina di 260 persone. «È stato un Natale di non pochi sbarchi - ha sottolineato il presidente della Cri, Rosario Valastro -. Indubbiamente il sistema di prima accoglienza a Lampedusa e di trasferimento dall'isola sta funzionando grazie a tutti coloro che sono operativi, ma dobbiamo sottolineare come anche l'inverno non veda un retrocedere degli arrivi e degli sbarchi». Ma come è organizzato il sistema di spostamento dei profughi all’interno della Sicilia e poi sul resto della penisola? «La gran parte dei profughi viene distribuita sull’intero territorio nazionale, in particolare nelle Regioni del Sud, come Puglia e Calabria. A Porto Empedocle rimangono 24-48 ore, poi se ne vanno in pullman», spiega il sindaco Martello. In questi mesi, la cittadina siciliana ha di fatto delocalizzato l’ospitalità, spostando l’hotspot dal centro abitato all’esterno, a due chilometri di distanza.

La scelta ha consentito di evitare disservizi e disagi alla popolazione locale, permettendo alle autorità di espletare le procedure iniziali di identificazione e il successivo monitoraggio dei migranti durante il viaggio. Proprio il trasferimento successivo, via autobus, apre però ulteriori problemi nella gestione dell’ordine pubblico. Molti Cas, i Centri di accoglienza straordinaria a guida prefettizia, risultano infatti saturi al momento e, per evitare di mandare profughi sulle strade, soprattutto nelle grandi città, sono sorti in modo più o meno informale campi di transito temporaneo. Ce ne sono una decina, soprattutto nel Centro-Nord, dalla provincia di Parma a Genova Voltri, dall’ex aeroporto Allegri di Padova a Rovigo, fino al Mantovano. «Tanti arrivano proprio da Lampedusa - raccontano dal Ciac, il Centro immigrazione asilo cooperazione di Parma e provincia - e sono stati sistemati in modo provvisorio prima a Cornocchio e poi a Martorano, nel Parmense. I profughi dovevano restarci alcuni giorni e invece si sono fermati per mesi: tra di loro ci sono minori e donne sole, spesso sistemati nel piazzale di quel che era un vecchio spazio produttivo».

A dicembre ha fatto discutere il caso del centro allestito in modo informale negli ex cantieri di Voltri nel capoluogo ligure, con persone ospitate in una tendopoli, mentre nel Nord Est la sistemazione in container negli spazi di un ex scalo aeroportuale a Padova ha provocato la reazione di diverse associazioni, che hanno parlato di «condizioni lesive della dignità umana». La logica della delocalizzazione, in questi casi, ha dunque riguardato le persone, che sono state tolte dai riflettori delle città per essere spostate in luoghi dimenticati: invisibili agli occhi dell’opinione pubblica, quasi che il problema potesse di colpo scomparire. A sparire sin qui paiono essere, in verità, più le prerogative degli stessi soggetti. Un esempio? La richiesta di protezione, con domande inoltrate in tempi lunghi, più dei cinque giorni previsti dalla legge per la presentazione dell’istanza di asilo. E chi è senza documenti in mano rischia l’espulsione, nel momento in cui dovesse essere fermato per un controllo una volta fuori dal centro. «Non avere permessi significa non potersi curare e non poter accedere ad altri sistemi di accoglienza, quelli ufficiali. Così si facilita lo scambio di persone e ci si espone al traffico e allo sfruttamento - sottolinea il Ciac -. Le istituzioni dovrebbero intervenire. Invece tacciono». Sullo sfondo, c’è l’ormai annoso problema: quello del personale mancante nelle Questure, che «limita e ritarda l’accesso a un diritto umano fondamentale. Così gli stessi diritti vengono violati, mentre i servizi erogati a queste persone sono pari a zero. Possiamo accettare tutto questo in silenzio?».

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