Per un giorno a Lampedusa è tornata l’emergenza, ma stavolta il governo è riuscito a risolverla in nemmeno 24 ore. Lunedì scorso oltre 800 migranti, tra i quali 50 bambini, sono arrivati a più riprese nell’isola. Perlopiù africani, quasi tutti di nazionalità eritrea, stremati da due giorni senza cibo e acqua, circa la metà è sbarcata in due riprese direttamente sulla più grande delle Pelagie, mentre il resto è stato salvato dalle navi militari italiane nel Canale di Sicilia. Le parti accessibili del centro di primo soccorso e accoglienza di Contrada Imbriacola sono state aperte d’urgenza, ma 300 persone sono rimaste bloccate in serata sul molo Favarolo, primo approdo della Fortezza Europa per i viaggiatori della speranza, sferzato dal vento. La Caritas diocesana di Agrigento, presente a Lampedusa per celebrare l’anniversario della visita di papa Francesco, riusciva a organizzare al volo una distribuzione di abiti di ricambio e di coperte a donne e bambini. Mentre i primi 100 richiedenti asilo venivano trasportati in Sicilia e altrettanti si preparavano a partire, circa 300 venivano sistemati nel centro, ma si profilava seriamente il rischio che gli altri dovessero trascorrere la notte al porto dopo 48 ore di stenti. A questo punto possiamo svelare un piccolo retroscena. Monsignor Giancarlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, venuto a conoscenza della situazione, si è attivato per favorire una soluzione il più possibile rapida e ha contattato anche Avvenire domandandone la collaborazione. Il direttore Marco Tarquinio ha inviato un messaggio al presidente del Consiglio per informarlo della situazione dei 300 profughi, «bloccati sul molo in condizioni pessime» e chiedendo di accelerarne il trasferimento. La risposta di Renzi è arrivata prima della mezzanotte: «Notte tempo partono con quattro voli e quelli che rimangono possono essere ospitati nel centro che è parzialmente agibile». Così è stato e ieri mattina la situazione era tornata sotto controllo.