«Alle persone che sono dentro le organizzazioni criminali, da questo palco, dopo aver sentito questo interminabile elenco di persone assassinate, una parola a voi: non è vita quella che fate, vi aspetta o il carcere o la morte, vi aspetta di dovervi nascondere, perché sarà il bene a vincere sul male. Perché noi unendo le nostre forze diventiamo una forza più forte di voi».
È l’appello con cui don Luigi Ciotti ha concluso dal palco di Foggia la XXIII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera e Avviso pubblico. In 40mila, malgrado la pioggia e il freddo, hanno attraversato la città tra canti e slogan contro la mafia e per la vita. Ad aprire il corteo i familiari delle vittime innocenti. Seguono i gonfaloni della Regione Puglia e di tanti comuni. Poi scuole, associazioni, sindacati, centinaia di scout dell’Agesci che portano un’enorme bandiera della pace. Tutti ascoltano l’interminabile elenco delle 972 vittime innocenti. Nomi letti contemporaneamente in 4mila eventi in tutto il Paese ai quali ha partecipato un milione di persone. Sul palco il presidente di Libera si rivolge direttamente ai mafiosi, così come fece papa Francesco il 20 marzo 2014 incontrando i familiari delle vittime.
«Non sono le vostre bombe – dice don Luigi –, le auto che incendiate, non ce la farete, vi prego cambiate vita, trovate questo coraggio, state uccidendo la vostra vita. Non ci ucciderete mai, perché qui siamo vivi, e la nostra è una memoria viva, di persone che vogliono il cambiamento. Ma il problema più grave – avverte – non è solo chi fa il male, ma quanti guardano e lasciano fare. Vi prego, la speranza che noi desideriamo, il cambiamento che noi desideriamo, ha il bisogno di ciascuno di noi. Noi dobbiamo essere questo cambiamento». E conclude con una citazione di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta sulla cui tomba papa Francesco sarà il prossimo 20 aprile. «Dobbiamo alzare la voce quando altri scelgono un prudente silenzio». Accanto a lui sul palco don Luigi ha voluto altri tre vescovi pugliesi che hanno partecipato alla manifestazione.
«Grazie di essere qui dalla parte della giustizia», dice don Luigi. E i tre vescovi così ci spiegano perché “essere qui”. «Per dire che la Chiesa non può non essere qui – dice Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti –. Come cristiani siamo chiamati ad annunciare questo Vangelo che fino a prova contraria è una parola che non ha paura perché è radicata nell’amore per il Signore e per il fratello. E l’amore per il fratello non può consentire gesti, azioni, parole che non siano nel rispetto della persona».
«Siamo qui – aggiunge Luigi Renna, vescovo di Cerignola, Ascoli Satriano – per dire grazie a don Luigi Ciotti che ha acceso i riflettori su questa terra nella quale ci sono tante miserie, c’è tanto silenzio e alle volte rassegnazione, ma ci sono tanti uomini e donne di buona volontà. Siamo qui per dire che c’è una parte della Chiesa che lavora coi ragazzi delle nostre periferie recuperandoli dalla strada, dal facile assoldamento della mafia. Siamo qui come vescovi per dire ai nostri sacerdoti e a tanti cristiani che non possiamo non esserci per condividere l’impegno per la pace, lo sviluppo, la giustizia».
«Siamo qui – afferma Giovanni Checchinato, vescovo di San Severo – perché la cattiveria fa male ma il silenzio è peggio. Quindi dove si vuol parlare è il nostro posto. Una concentrazione di tanti giovani fa ben sperare. Non abbiamo passato loro buoni esempi a partire dai compromessi per andare avanti ai quali dobbiamo dire no. La Chiesa deve ascoltare i giovani che dicono no alle mafie». Riflessioni analoghe a quelle del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho: «Essere qua per ricordare tutte le vittime delle mafia è come assumere un giuramento davanti a loro che ci si muoverà sempre perchè fatti come quelli che hanno determinato la morte di tanti innocenti non avvengano più. E per raggiungere il cambiamento dal quale speriamo si possano annientare totalmente le mafie e restituire serenità, libertà e benessere a tutti, soprattutto ai più deboli».
Un messaggio di speranza come quello della presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi: «Ce la possiamo fare se ciascuno di noi si convince che non ha un supplente nella lotta alla mafia e che ognuno di noi deve fare la propria parte». A cominciare dalla politica. Roberto Montà, presidente di Avviso pubblico indica alcune priorità: «Intervenire sull’azzardo che rovina tante famiglie, i conflitti di interesse e mettere al centro la lotta alle mafie e alla corruzione, per consegnare un Paese più libero e giusto».