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Il 2022 in Italia è stato l'anno più caldo da due secoli. Le temperature di dicembre sono infatti in linea con la tendenza dei primi 11 mesi dell'anno, già evidenziata dall'istituto per le Scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle Ricerche. Lo ha spiegato il climatologo Bernardo Gozzini, direttore del Consorzio Lamma-Cnr, aggiungendo che il primato del 2022 riguarda sia le temperature massime che quelle medie e si riferisce al periodo dal 1800, da quando cioè sono cominciate le rilevazioni meteorologiche. Per le minime, invece, l'anno record è stato il 2018 che è il secondo anno più caldo di sempre dopo il 2022. Nel mondo è stato il 2016 l'anno più caldo a livello mondiale, precedendo il 2020 e il 2019.
In Italia, ma non solo, la tendenza di queste festività sta confermando l'anomalia: dopo un Natale decisamente mite e poco piovoso, il 31 dicembre e il Capodanno si avranno temperature più primaverili che invernali.
Si registreranno, infatti, ha spiegato Gozzini, «temperature di 5-6 gradi sopra la media e localmente anche di qualche grado in più, mentre non dovrebbe piovere». Il caldo record registrato anche in queste festività in Italia (che riguarda peraltro diversi altri Paesi europei), ha paradossalmente analogie con il gelo che in questi giorni sta colpendo l’Est degli Stati Uniti, tanto che i due fenomeni sono considerati due facce della stessa medaglia. «Sono le conseguenze del cosiddetto jet-stream, la naturale circolazione d’aria ad andamento sinuoso che a 9-12 km di altitudine attraversa tutto il Pianeta, influenzando il posizionamento dei sistemi di alta e bassa pressione - precisa Gozzini -. Nel caso specifico l’intensità del jet-stream può essere stata influenzata, a sua volta, dai cambiamenti climatici, determinando temperature molto basse e temperature miti nel bacino del Mediterraneo a causa del richiamo di aria di origine nord-africana».
Negli Stati Uniti, la “bufera del secolo ha portato neve, gelo fino a -50 gradi e almeno 60 vittime, spesso per incidenti. Molte case senza elettricità né riscaldamento nell’area di Buffalo. Sono 15mila i voli aerei cancellati. Il freddo ha colpito anche i migranti senza rifugio al confine con il Messico.
L'oceanologo Danovaro: cambiamento climatico a zigzag
Il 2022 anno più caldo per l’Italia negli ultimi due secoli e l’ondata di gelo polare in Usa «sono effetti dello stesso fenomeno. La ricerca ormai da tempo ha dimostrato che la conseguenza dei cambiamenti climatici si manifesterà sempre di più con andamento “a zig zag”». Così spiega, Roberto Danovaro, docente di Ecologia dell’Università Politecnica delle Marche, già presidente della prestigiosa Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli.
Che cosa significa andamento “a zig zag”?
Invece di avere un clima che si modifica gradualmente, che tampona le fluttuazioni di temperatura, che regola la piovosità in modo più omogeneo, abbiamo effetti estremi. Le alluvioni che abbiamo visto in questi mesi, con conseguenze drammatiche, sono gli effetti diretti della siccità che abbiamo avuto d’estate, con eccesso di evaporazione che poi in qualche modo deve ricadere. In Italia in queste settimane al Sud si sono superati i 20 gradi, mentre al Nord nevica. La ricerca ha dimostrato da almeno 30 anni che l’impatto dei mutamenti climatici non sarà lo stesso ovunque. Ci sono delle zone del Pianeta che li subiscono più di altre. Il Mediterraneo e l’Artico sono quelle in assoluto che registreranno gli effetti più forti. L’Artico è legato a quello che sta accadendo negli Usa, mentre l’estate che da noi si protrae sarà sempre più comune. Magari farà piacere andare al mare a dicembre, ma non è normale.
Le immagini americane di questi giorni hanno portato alla mente il film “The Day After Tomorrow”. Siamo su quella strada?
Quello che sta preoccupando molto gli scienziati è il rallentamento della Corrente del Golfo dovuta proprio ai cambiamenti climatici. Se rallenta questa corrente calda, è come mettere il Nord Europa in un frigorifero. Però abbiamo anche quello che sta succedendo nell’Artico, dove per la prima volta c’è lo scioglimento totale dei ghiacci. Tutto previsto dagli scienziati. Nessuno può darne una ragione diversa. Sono cose troppo serie per metterle in discussione o lasciarle a opinionisti impovvisati. La scienza indica il problema, la soluzione deve poi essere politica, ma non la diagnosi.
Però qualcuno commenta: “Guardate che freddo fa. Dove è il riscaldamento del Pianeta?”.
I dati rappresentano due fenomenologie. Quella che ci preoccupa di più nei prossimi anni sono proprio gli eventi estremi, le ondate di calore e quelle di freddo, le ondate di precipitazioni e i momenti di totale siccità. Ma l’impatto è di due dimensioni di grandezza che noi invece tendiamo a non valutare. Uno è l’effetto sul dissesto idrogeologico, sui manufatti e le vite umane. L’altro è quello sugli ecosistemi e sulla natura. Sono due facce della stessa medaglia, con la differenza che i danni che facciamo alla natura creano a loro volta effetti che moltiplicano i problemi dei cambiamenti climatici, cioè gli ecosistemi riescono ad assorbirli sempre di meno.
Se danneggiamo la natura, lei poi ce la fa pagare con gli interessi…
Esatto. Basti pensare agli eventi di erosione costiera e di dissesto nei Paesi asiatici, dove si sono rimosse le mangrovie per fare “piscinette” in cui allevare i gamberoni. Oppure consideriamo l’erosione dei nostri litorali, effetto chiaro della progressiva perdita del 25-30% di tutte le “praterie” sommerse che erano gli ammortizzatori naturali delle onde. Noi le stiamo sostituendo sempre più con barriere frangiflutti che continuano ad amplificare il problema, riparano un punto e erodono ai lati. Cerchiamo di sostituirci alla natura, quando in realtà le soluzioni naturali resistono nel tempo e costano meno. Si tratta di una deformazione del Pil.
In che senso?
Fare un’opera di ingegneria sbagliata, che fa perdere vite umane e che poi deve essere ricostruita a ogni alluvione è qualcosa che fa girare l’economia, ma nel modo sbagliato. Non è un’economia rigenerativa, che protegge le vite, che crea benessere. E ricordiamo che i mutamenti climatici si abbattono di più sulle popolazioni più fragili, più deboli, più povere. Il secondo effetto è che presto conteremo più morti per effetto dei mutamenti climatici di quelle che abbiamo sul lavoro. Effetti che ci toccano da vicino. Non possiamo continuare a non fare niente, come è successo a Ischia e nelle Marche, e poi dopo alcuni anni contare altri morti.
Quanto c’entra il mare in questi fenomeni?
Il mare, che ci ha sempre reso un clima mite, rischia di essere il moltiplicatore di tutti questi processi. Un eccessivo accumulo di calore d’estate porterà sempre più frequentemente lo sviluppo di altri fenomeni estremi nel periodo autunnale, come gli uragani. Il secondo aspetto è che avremo un mare sempre più povero, il mare si sta desertificando, non solo per una pesca insostenibile, ma proprio perché sta diventando più vuoto, è come se la foresta Amazzonica cominciasse a seccare. E questo deve preoccupare perché 1,4 miliardi persone vivono solo di risorse del mare. Tutelare il mare vuol dire tutelare la parte più povera del Pianeta.