Marina Prudenskaya e Asmik Grigorian in “L’olandese volante” al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
Sul proscenio si presenta in abito nero. In mano ha ancora la bacchetta. La gonna le arriva sotto le ginocchia e le maniche sono ampie, quasi di un kimono. Gli applausi la sommergono, piccola com’è di statura. E ai battimani si aggiungono i battipiedi, secondo un’usanza tutta germanica. Oksana Lyniv sorride, ringrazia inchinandosi alla giapponese, indica l’orchestra nascosta nel golfo mistico. Poi si rifugia a passo veloce dietro il sipario verde scuro. Trionfa la prima direttrice d’orchestra salita sul podio del Festspielhaus, il teatro del festival wagneriano di Bayreuth. Mai in 145 anni di storia una donna aveva guidato un’opera nel “Walhalla” della città della Baviera dove l’irrequieta penna tedesca aveva fatto costruire il suo tempio musicale. A rompere la tradizione è toccato a una 43enne lituana che ha aperto con L’olandese volante (Der fliegende Holländer) la rassegna di quest’anno.
L'interno del teatro del festival wagneriano di Bayreuth con le misure anti-Covid - Avvenire
A volerla sulla plancia di comando un’altra donna: Katharina Wagner, l’energica pronipote del maestro al timone della manifestazione. Una kermesse che torna dopo lo stop dello scorso anno imposto dalla pandemia e che fino al 28 agosto prosegue con cinque titoli in cartellone (alcuni in forma di concerto o semi-scenica) fra stringenti misure anti-contagio: tampone o vaccinazione completa da verificare ogni giorno e, accanto al biglietto, serve un braccialetto “Covid free” che rilascia il teatro. Poi bagni chiusi e 900 posti a disposizione, meno della metà di quelli ordinari.
“L’olandese volante” in scena al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
Certo, è già storia L’olandese targato 2021 che a ogni rappresentazione strappa quindici minuti di applausi. Non soltanto per la piccola donna che lo dirige, vigorosa e tenace come le eroine dei drammi di Wagner. Ma anche per una produzione oceanica, verrebbe da dire alla D’Annunzio. Ottimo il cast. Geniale ma controcorrente (e contestato) l’allestimento del russo Dmitri Tcherniakov. Era dal Ring del bicentenario wagneriano messo in scena nel 2013 dalla coppia Kirill Petrenko-Frank Castorf che non si aveva a Bayreuth uno spettacolo tanto penetrante. Irriverente la regia di Castorf, che ambientava la Tetralogia fra motel americani, pozzi petroliferi e palazzi della Borsa, così come quella di Tcherniakov, l’eclettico regista di Mosca che racconta una storia molto sovietica; magnetica la direzione di Petrenko così come quella di Lyniv che – non è un caso – di Petrenko è stata l’assistente a Monaco di Baviera. E le affinità traspaiono. Il suo Olandese è possente e vigoroso, benché non manchino finezze che solo il genio femminile può offrire. Ricco di contrasti, l’approccio è talmente rispettoso della partitura che in più momenti la mano della direttrice scompare, quasi che la musica nasca senza bisogno d’intervento umano. Inoltre Lyniv riesce a destreggiarsi senza difficoltà con il coro “a distanza”: perché per ragioni di sicurezza i cantanti sono in una sala prove e la loro voce arriva sul palcoscenico con un valido sistema di amplificazione.
John Lundgren, Georg Zeppenfeld e Asmik Grigorian in “L’olandese volante” al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
A fare del capolavoro un’eccellenza tutta femminile è ancora un’altra donna: la lituana 40enne Asmik Grigorian. La sua è una Senta pungente e sovversiva. Con la voce d’acciaio ma al tempo stesso luminosa, domina la scena e regala una Ballata ipnotica. Il pubblico la premia insieme con Georg Zeppenfeld, fra i migliori bassi wagneriani di oggi: il suo Daland è perfetto, sicuro ma di quella sicurezza remissiva che si addice al personaggio. Eccellente la Mary di Marina Prudenskaya. Se un appunto va fatto, esso riguarda tre voci maschili: sono buone ma non paragonabili al resto degli interpreti. A cominciare da John Lundgren, un Olandese che, nonostante il physique du rôle, ha qualche cedimento di troppo. Anche l’Erik di Eric Cutler manca di particolare intensità e il marinaio di Attilio Glaser non cattura.
“L’olandese volante” in scena al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
Di sicuro ha carattere Tcherniakov. È un efficace narratore. E la sua lettura dell’opera non ha nulla di quanto ci si aspetterebbe: non mare e vascelli, non la redenzione d’amore cara al compositore e impressa nel suicidio di Senta che, gettandosi fra le onde, libera il suo oscuro capitano dalla maledizione di vagare finché una donna non gli rimanga fedele. Per il creativo russo, il dramma diventa una storia di vendetta in una cittadina di dimenticata che ha alcuni accenni tedeschi (case basse e di mattoni) ma molti elementi della profonda Russia.
“L’olandese volante” in scena al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
E se il protagonista ha visto la madre togliersi la vita dopo una relazione clandestina con Daland e intende sedurle la figlia Senta come contrappasso, l’Olandese somiglia più che altro a un agente del Kgb che torna nel villaggio forte del suo ruolo di potere, conquista la giovane ribelle e incendia l’intero paese sulle note finali. Poi c’è l’ex Urss nel coro in piazza delle donne che sostituisce la filanda, nella veranda in stile dacia dove s’incontrano i due, nella “squadraccia” di 007 che tiene a bada la folla fino a sparare, e poi nell’epilogo thriller con la madre di Senta che uccide l’Olandese con un colpo di pistola per averle rubato la figlia. Forse una regia troppo d’impatto in una Germania che ancora fa i conti con la memoria divisa sulla Ddr e che probabilmente la boccia per certe ferite rimaste aperte.
Il teatro del festival wagneriano di Bayreuth - Avvenire
Prove generali del “Ring 2022” che parlerà anche un po’ italiano
Parlerà anche un po’ italiano il Ring che nel 2022 andrà in scena al festival wagneriano di Bayreuth. Fra i nomi della produzione c’è anche quello di Andrea Cozzi che curerà le scenografie. Milanese d’origine, laureato all’Università delle Arti Applicate di Vienna, affianca da tempo Valentin Schwarz cui è affidata la regia. Quattro opere (Oro del Reno, Valchiria, Sigfrido e Crepuscolo degli dei) e diciotto ore di musica che a Bayreuth sono il “gioiello” di casa visto che il teatro con il festival era stato inaugurato nel 1876 da Wagner presentando l’intero ciclo dell’Anello del Nibelungo.
“Valchiria” in scena al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
In realtà era programmato per il 2020 il nuovo Ring, ma la pandemia lo ha fermato. Tuttavia già in questa edizione c’è stato un assaggio della futura Tetralogia. Con Valchiria (Die Walküre) che vede sul podio lo stesso direttore della prossima estate, il finlandese 41enne Pietari Inkinen, e un cast simile a quello del 2022. Nessun vero allestimento stavolta, ma uno spettacolo in forma semi-scenica con un gruppo di pittori (meglio dire imbianchini) che lanciano vernice colorata a getto continuo sullo sfondo e sul pavimento. Risultato? Una tavolozza d’artista alla fine di ogni atto. E però uno spossante e noioso rumore di fondo per tutta l’opera dovuto ai continui zampilli di vernice. Incomprensibile poi la presenza di una crocifissione al femminile (forse della ribelle Brunilde) e di un ostensorio nel finale. Più che giustificati i buu all’83enne Hermann Nitsch, ideatore della regia, quando appare sul palco.
Iréne Theorin in “Valchiria” in scena al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
Il Ring di Inkinen si annuncia già intenso, con accelerazioni e frenate che si alternano, ma senza particolari vette. La sua è una lettura personale, ben studiata. E regala un secondo atto esemplare di Valchiria. Grazie anche all’apporto decisivo di Lise Davidsen e Klaus Florian Vogt. Il soprano norvegese di 34 anni è una Sieglinde monumentale, dove di fragile ha solo i tratti narrati nel libretto: per il resto la voce è penetrante, sicura, limpida. Anche Vogt conquista gli spettatori con un Siegmund commovente e preciso, dal timbro cristallino. Non brilla come suo solito Iréne Theorin, collaudata Brunilde. E va rimandato il polacco Tomasz Konieczny (arrivato in corsa come sostituto), un Wotan trattenuto. Promossa la Fricka di Christa Mayer.
La nuova composizione “Rheingold-Immer noch Loge” in scena all'aperto al festival wagneriano di Bayreuth - Bayreuther Festspiele / Enrico Nawrath
All’insegna del motto “Ring 20.21”, oltre a Valchiria, Bayreuth propone all’aperto, nel laghetto di fronte al teatro, la prima mondiale di Rheingold-Immer noch Loge, rilettura contemporanea dell’Oro del Reno, composta da Gordon Kampe e commissionata dal festival. E negli intervalli del secondo titolo della Tetralogia è possibile ascoltare un tocco di Sigfrido mentre si combatte, come l’eroe wagneriano, un drago che invade il teatro. Tutto virtuale, in un videogioco 3d da sperimentare nei gazebo sulla collina verde in cui domina il tempio del genio romantico.
La battaglia virtuale sulle note di “Sigfrido” al festival wagneriano di Bayreuth - Avvenire