Un giovane Gianluca Vialli con la maglia della Cremonese, il club che l’ha lanciato nel grande calcio - Ansa
Li ha raggiunti troppo giovane. Ma ora lassù c’è anche Gianluca Vialli a fare compagnia a Mondonico, a Luzzara, a Favalli. A quella Cremonese che l’ha lanciato nel paradiso terreno del calcio. Con quel pallone sottobraccio come quando ancora bambino andava a piedi da casa all’oratorio di Cristo Re, nella sua Cremona che ora lo piange e lo celebra. Il giorno del funerale sarà lutto cittadino, come ha proclamato ieri mattina il sindaco Gianluca Galimberti, mentre le bandiere si inchinavano già a mezz’asta per il suo “golden boy”, al quale potrebbe in futuro essere intitolato lo stadio “Zini”.
«Resterai un esempio indelebile della nostra essenza» twittava la società grigiorossa del cavalier Arvedi, l’erede da oltre tre lustri del presidentissimo Domenico Luzzara. Già, l’essenza di una città anche calcisticamente gentile, che sembra avere marchiato a fuoco con il proprio sentimentale dna i suoi stessi figli del pallone, da Mondonico a Favalli, da Cabrini a Vialli, con la benedizione di una signorile figura del calibro di Gigi Simoni, l’unico allenatore (poi anche dirigente) capace di salvare la Cremo per ben due volte negli anni 90.
Vialli correva da tempo su altri campi e alla Samp aveva portato con il “gemello” Mancini lo scudetto del ‘91 con la stessa allegra potenza con cui sette anni prima con i suoi gol aveva riportato la serie A a Cremona dopo 54 anni, da quel primo campionato a girone unico del ‘29/30. Il sapore di un calcio d’antan sembrava però quasi immutato.
La tv a pagamento non aveva ancora fatto invasione di campo, i procuratori non dettavano legge e i campioni non erano ancora loro strapagati complici. Era in quel mondo che Mondonico allenava gli allievi della Cremonese con il sedicenne riccioluto gioiellino Vialli. Ed è il 10 maggio 1981 quando “presta” Gianluca a mister Vincenzi (“è sicuramente un ragazzo su cui puntare, in attesa di verificare come reagirà ai primi calcioni”, sentenziò) per l’esordio in prima squadra: ed è subito promozione, dalla C alla serie cadetta. Tre anni dopo, col “Mondo” in panchina, i suoi gol faranno fare un altro salto, in quella A che Vialli assaggerà però in blucerchiato, esordendo alla prima giornata proprio contro la sua Cremo.
Ma tutto era cominciato su un campo di oratorio, con l’entusiasmo di don Angelo Scaglioni che si sommava a quello del giovane fuoriclasse che del sacerdote ha sempre avuto un grato e affettuoso ricordo. Sentimenti che accomunano il suo vecchio parroco all’amato maestro delle elementari, al quale Vialli ha voluto mandare da Londra un ultimo saluto soltanto lo scorso settembre in occasione di una rimpatriata dei vecchi compagni di scuola.
«Non ha potuto venire a Cremona, stava già troppo male - ci racconta commosso l’88enne maestro Cesare Ghezzi -. Però ha partecipato mandando un messaggio e salutandoci tutti. Credo che non se la sia sentita di telefonare per la forte commozione che avrebbe avuto lui e tutti noi. Lo conosco da sempre, perché l’ho avuto dalla prima alla quinta elementare e lo ricordo come un ragazzino vivace e intelligente, sempre spiritoso e molto simpatico a tutti.
Fuori dalla classe, alla scuola “Monteverdi” di Cremona dove dei dieci anni in cui ho insegnato la metà li ho fatti con Gianluca, mi capitava spesso di incontrarlo lungo il tragitto per andare all’oratorio di Cristo Re, che era anche la mia parrocchia, e non l’ho mai visto una sola volta senza il pallone sotto braccio. Lui e il pallone erano inseparabili, ci mancava poco che lo portasse anche in classe. Ma a scuola era bravissimo, non l’ho mai trovato impreparato, era davvero diligente. Gli piacevano tutte le materia ed eccelleva in matematica».
Contabilità che gli sarebbe poi servita in carriera, con i 259 gol realizzati distribuiti tra Italia e Inghilterra dove ha dato l’addio da calciatore con la maglia del Chelsea che ha poi anche allenato, capace come pochi di creare spirito di gruppo. «Gianluca aveva una particolare capacità di sintonizzarsi con i compagni - svela ancora il suo maestro -. Ricordo che quando davo da fare dei compiti collettivi si vedeva la sua mano nel lavoro che mi consegnavano, soprattutto nei disegni dove era davvero bravo. Ho conservato per anni dei cartelloni fatti dai ragazzi, ricerche illustrate di storia e di geografia dove si vedeva già allora l’impronta di Gianluca. Una generosità nello spendersi che lo ha sempre contraddistinto».
All’oratorio il baby campione non saltava un pomeriggio, certamente attratto più dal campo da calcio che dal catechismo. «Lo vedevo ore ed ore palleggiare insieme al suo amico Fabrizio Frittoli, poi diventato medico. Erano una coppia inseparabile con il pallone tra i piedi. Finite le elementari e fatta la cresima, sempre a Cristo Re - rammenta il maestro Ghezzi -, ho però smesso di vedere così spesso Gianluca, sia perché era andato alle medie sia perché credo che avesse cominciato ad allenarsi nelle giovanili del Pizzighettone e poi della Cremonese. Avevo però notizie da sua mamma e, da quello che ricordo, per lui era cominciato un periodo di crisi scolastica perché il pallone lo assorbiva sempre di più».
Ora quel pallone non rotola più quaggiù con Gianluca. Nemmeno per la sua famiglia che salutandolo per l’ultima volta (dopo che prima di Natale mamma Maria Teresa era volata a Londra con il primogenito Nino per l’ultimo abbraccio) scrive: «Il suo ricordo e il suo esempio vivranno per sempre nei nostri cruori».