La compositrice e cantante materana Veronica Pompeo
Una voce da far cantare anche i Sassi. Quelli di Matera, neocapitale europea della cultura. Il maestro Bruno Canfora più di mezzo secolo fa scrisse Brava! apposta per Mina, per esaltarne al massimo le qualità canore. La stessa cosa l’ha fatta ora per se stessa la cantante e compositrice materana Veronica Pompeo, in un multiforme lavoro di sei brani sperimentali a tratti persino caleidoscopico per effetti speciali, creatività, potere suggestivo e abilità vocale. Un Ep intitolato A Provincial Painter Moods (Rusty Records/distribuzione digitale Believe Italia) ispirato dalle musiche di scena dello spettacolo A Provincial Painter di Dacia Maraini (una storia di emancipazione femminile e riflessione sul mondo dell’arte nel racconto di una ragazza che sogna di diventare pittrice), composte dal pianista Domenico Capotorto. Sulla base di queste composizioni Veronica ha scritto nuove note e testi facendone una vera e propria estensione della prima opera di solo piano. Nelle sei tracce, la sua voce canta, parla, sussurra, urla e si abbandona a un originale belting vocale, all’insegna di una sorta di filosofico decostruzionismo musicale con una moltiplicazione all’infinito delle modalità espressive.
«Inseguo un ideale di purezza e di autenticità dell’atto creativo – spiega l’artista, reduce dalla performance live Mise en Abyme di A Provincial Painter Moods nella sua Matera –. Sono estasiata e anche estenuata da questa incessante e inesausta ricerca. Ma non scrivo queste musiche e queste vocalizzazioni per puntare a una sorta di egocentrica unicità, il che sarebbe presuntuoso e sterile. Semmai per esprimere al meglio e il più possibile la mia autentica natura, ancor prima personale che artistica. Certo, non sappiamo mai quanto ciò che esprimiamo sia frutto di contaminazioni e quanto della nostra essenza individua-le, ma in ogni caso quello che per me conta è cercare di fare un lavoro di approfondimento e di scavo interiore». Diplomata in canto lirico ed esperta in vocologia artistica, Veronica Pompeo è docente di Canto Pop Rock al conservatorio “Martucci” di Salerno ed è stata consulente musicale e vocal coach per diversi festival (da Sanremo a Castrocaro a Musicultura) e programmi tv (da I fatti vostri e Ti lascio una canzone).
«Questa mia trasversalità – confessa – è una ricchezza dal punto di vista artistico, ma è anche un limite sotto il profilo discografico, perché mi rende poco classificabile. In ogni caso risponde alla mia natura e alla mia necessità espressiva. Non credo infatti che se mi adeguassi a uno stile preconfezionato e comunque più facilmente riconoscibile trasmetterei gli stessi messaggi. Non mi piace l’idea della ripetizione, si perde un po’ di purezza. Anche nella realizzazione del disco per il 90 per cento del materiale registrato è stata “buona la prima”». Una tensione alla ideale e “spirituale” verticalità dell’arte non certo facile da portare avanti, meno che mai in questi tempi sempre più dominati dalla dimensione commerciale della musica.
«In Italia siamo poi un po’ schiavi delle categorizzazione – lamenta –, pensiamo solo a come si è dato addosso a Bocelli e prima ancora a Pavarotti per la loro contaminazione tra lirica e pop. Una volta il compianto direttore Sergio Segalini mi ascoltò cantare un’aria in francese del Pescatore di perle e mi confessò il suo imbarazzo perché, benché colpito da vocalità e timbrica, non poteva farmi rientrare in nessun predefinito canone estetico operistico. Certo, noi abbiamo inventato il melodramma ma bisognerebbe lasciare spazio anche a nuovi tipi di vocalità. Soprattutto perché il cantante italiano ha una marcia in più, non a caso abbiamo una speciale vocazione per la melodia. Ci vorrebbe una sorta di canto operistico 2.0».