C’era una volta una casetta nel bosco. Cento anni fa, d’estate, un uomo alto, magro e spettinato la raggiungeva da solo tutte le mattine con un fascio di fogli sotto il braccio, per uscirne solo la sera. La casetta è ancora lì, a Dobbiaco. Dentro vi aleggiano le note che Gustav Mahler vi scrisse tra il 1908 e il 1910 quando la elesse a
buen retiro estivo, dove poter comporre in pace. Qui, in Val Pusteria, dove pochi anni dopo sarebbe passato il confine con l’Austria, Mahler scrisse gli estremi capolavori:
Das Lied von der Erde, la
Nona sinfonia e l’
Adagio di quella
Decima rimasta incompiuta per la morte, avvenuta nel maggio 1911.A Dobbiaco (Doblach in tedesco), che al grande musicista dedica ogni anno un festival, Mahler dovette trovare un balsamo per l’inquietudine che l’aveva inseguito per tutta la vita. Difficile dargli torto. Grandi prati sotto un grande cielo e i boschi che lambiscono la corona degli speroni dolomitici. Difficile anche trovare un luogo a cui più si adatti il termine “idilliaco”. Basta una passeggiata attorno al Lago di Dobbiaco per capirlo. Il fascino dei luoghi e la loro potenzialità (i masi che li costellano hanno spesso origine antica) dovettero conquistare gli uomini che popolarono la valle fin dall’età del ferro e i Romani poi che ne fecero un importante asse viario. La Val Pusteria (Pustertal in tedesco, Val de Puster in ladino) è una delle più importanti del Südtirol - Alto Adige (due termini sinonimi per la burocrazia, ma che proiettano sullo stesso territorio visioni molto diverse). Una vasta, morbida conca lunga cento chilometri, divisa in due dalla Sella di Dobbiaco che ne condiziona la sorte delle acque: la parte occidentale, italiana, alimenta il bacino adriatico, l’orientale, austriaca, il Mar Nero.San Candido (Innichen) è una città nata su un confine: si sviluppò infatti attorno al monastero voluto dai duchi di Baviera nel 769 per contrastare gli slavi, ancora pagani. E centro religioso è rimasto nella storia come testimonia la collegiata, la più antica del Tirolo e uno dei monumenti romanici più importanti della regione. Qui a sud la valle è custodita dagli spalti delle Dolomiti di Sesto. Risalendo verso il lago di Landro si incontrano vette come le Tre cime di Lavaredo o il Monte Cristallo. Altri panorami mozzafiato regala, più a ovest, un altro celebre lago, quello di Braies, in cui si specchia la Croda del Becco.Verso occidente il paesaggio si fa ancora più largo e sereno. Villaggi, masi, castelli e chiese scandiscono il percorso, da gustare soprattutto attraverso la comoda pista ciclabile o la modernissima linea ferroviaria, ristrutturata nel 2008. Al centro, come un perno, si trova Brunico (Bruneck), la “capitale”. Fu fondata dal principe vescovo Bruno von Kirchberg, da cui prese il nome, nel XIII secolo. E ai vescovi di Bressanone avrebbe legato sempre la propria storia. Snodo dei traffici tra Augusta e Venezia, la città crebbe florida raggiungendo l’apice tra XV e XVI secolo, quando al suo interno operarono importanti botteghe di artisti, prima tra tutte quella di Michael Pacher.Brunico si sviluppa attorno a via Centrale, elegante corso impreziosito dai profili merlati delle case e chiuso da austere porte turrite. La domina il castello, un tempo dimora estiva dei principi vescovi, dove è stata inaugurata da poche settimane la quinta e ultima sezione del Messner Mountain Museum, una realtà voluta dal celebre alpinista e diffusa su tutto il territorio sudtirolese. La sede pusterese è dedicata ai popoli della montagna d’Europa e degli altri continenti, alle loro culture e religioni. Un altro moderno museo sta per aprire appena fuori Brunico, a San Lorenzo di Sebato (St. Lorenzen). È il Museum mansio Sebatum, dedicato alla stazione stradale romana che qui sorgeva. Le vestigia di un villaggio preistorico sono invece visitabili nei boschi grazie a un sentiero archeologico.Al tramonto la vallata si trasforma in un fiume d’oro. Nei tratti finali, in una stretta buia e improvvisa, sbarrano la strada gli spettacolari resti dalla Chiusa di Rio Pusteria (Mühlbacher Klause), antico castello distrutto nel 1809 a costo di gravi perdite dai francesi di Napoleone. Di qui, con un ripido pendio, la valle si riversa sulla città diBressanone. Ma questa è un’altra storia.