lunedì 9 settembre 2024
Il clavicembalista inglese Trevor Pinnock parla della rassegna di musica sacra di cui è direttore artistico e che si apre oggi a Pisa: «Voglio aprire una porta verso un luogo di contemplazione»
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Oggi l’anima mundi, l’anima del mondo, è un’anima che grida. Che grida il dolore di madri che piangono i loro figli, uccisi dalla guerra, uccisi da una violenza che quotidianamente la cronaca ci racconta. È la stessa anima di Maria, «gemente e dolente» sotto la Croce, «cuisu animam gementem, contristatatm et dolentem», che tiene tra le braccia il corpo senza vita del Figlio. «Lo ascolteremo stasera questo dolore risuonare in tutta la potenza dello Stabat Mater di Antonín Dvorák» racconta Trevor Pinnock. Perché la grande pagina, scritta dal compositore ceco tra il 1876 e il 1877 mentre vide morire tre dei suoi nove figli, apre stasera alle 21 a Pisa l’edizione numero ventitré di “Anima Mundi”, la rassegna internazionale di musica sacra organizzata dall’Opera della Primaziale Pisana, sette concerti, tra la cattedrale e il camposanto, da oggi al 27 settembre. Oggi orchestra e coro filarmonici sloveni, le voci di Simona Šaturová, Sasha Cooke, Maximilian Schmitt e Georg Zeppenfeld per la grande riflessione sul dolore e sulla morte modellata sulla lauda di Jacopone da Todi.

Sul podio, nel transetto della cattedrale di Pisa, avrebbe dovuto esserci Pinnock, da quattro anni direttore artistico della rassegna. «Un’improvvisa indisposizione, però, mi impedisce di essere a Pisa» annuncia il clavicembalista e direttore d’orchestra inglese, classe 1946, che ha dovuto passare il testimone – la bacchetta – a George Pehlivanian. «Sarò a Pisa con il cuore per questa grande pagina che avevo pensato di dedicare alla memoria di Steve Davislim, il tenore australiano di origini malesi che avrebbe dovuto cantare la parte del tenore nel nostro Stabat Mater, ma che è morto un mese fa, troppo giovane. Una pagina che avrei dedicato anche a mio fratello, pure lui morto troppo giovane. Ma sarò come esserci. E anche a distanza, pensando alla musica di Dvorák rifletterò anche sulle troppe famiglie in tutto il mondo che continuano a perdere i propri figli in atti di guerra e violenze indicibili».

Trevor Pinnock, la musica che proponete ad “Anima Mundi”, diventa una riflessione su questo dolore, su questa violenza che quotidianamente ci travolge.

«Per l’edizione numero ventitré abbiamo voluto mettere al centro il celebre testo dello Stabat Mater di Jacopone. E da questa poesia altissima abbiamo scelto le parole “Crux fidelis” per dare il titolo alla sedicesima edizione del concorso di composizione “Anima Mundi” vinto da Raffaele De Giacometti il cui brano, intitolato appunto Crux fidelis risuonerà il 18 settembre in cattedrale insieme allo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi. Perché per il festival 2024 abbiamo voluto proporre le due versioni, entrambe famosissime, ma fortemente contrastanti dello Stabat Mater, quello di Dvoøák e quello di Pergolesi, appunto. Risuonerà poi la Messa glagolitica di Leoš Janáèek, pagina che deve molto a Dvorák, perché i due compositori cechi avevano uno stretto legame personale e artistico, ma che prende spunto anche da Pergolesi. Una Messa che guarda indietro alla tradizione, ma che si proietta anche in avanti verso un nuovo mondo di sentimenti più moderni».

Qual è l’Anima Mundi, l’anima del mondo che vuole raccontare attraverso le sue proposte musicali?

«Piuttosto che dire qualcosa a qualcuno, il mio obiettivo è aprire una porta verso un luogo di contemplazione collettiva in cui possiamo condividere l’esperienza e la presenza di valori duraturi che rischiamo di perdere di vista in un mondo così immediatamente turbato dai conflitti».

Che ruolo ha la musica oggi, in particolare la musica sacra, in un momento tanto delicato della storia?

«Nel corso dei secoli la musica è stata una risorsa che consente alle persone di elaborare emozioni e pensieri, senza le complicazioni delle parole. In un mondo molto rumoroso e materialista come quello che stiamo vivendo, il valore della musica è più grande che mai».

Il festival sostiene anche alcuni progetti di solidarietà e assistenza sul territorio promossi dall’arcidiocesi di Pisa e dalla Caritas diocesana.

«La musica è di per sé un atto di solidarietà: solidarietà tra i musicisti mentre suonano insieme, e solidarietà tra i musicisti e il pubblico, che è la parte più importante dell’esperienza musicale. Ma le lezioni di solidarietà musicale sono quelle che poi tutti noi possiamo portare con noi nella nostra vita, dopo aver appreso questo alla scuola della musica».

Cos’era per lei la musica quando hai iniziato a suonare e cosa rappresenta, invece, oggi?

«Quando ero bambino per me la musica era un luogo di gioia. Col tempo e con l’esperioenza ho imparato a capire che gioia e dolore convivono in un’unità essenziale nell’esperienza musicale ed entrambi sono ugualmente importanti».

Il Barocco ha sempre più pubblico e sono tante le orchestre specializzate che eseguono pagine di questo repertorio. Ma sono tutte proposte di qualità?

«Accolgo con favore le moltissime offerte della musica barocca oggi. Naturalmente tutti facciamo delle distinzioni nella nostra vita. Così anch’io perché naturalmente mi piacciono alcuni approcci alla musica barocca più di altri. Ma ognuno di noi ha i suoi gusti e ognuno deve dare giudizi di qualità ogni giorno. L’importante è capire che spesso le differenze sono una questione personale ed è fondamentale ricordare che le più grandi opere della musica barocca sono sopravvissute alle diverse interpretazioni che si sono succedute nel corso di molti secoli».

Lei da sempre è considerato uno “specialista” di questo repertorio. Ma quale approccio oggi per la musica antica? Filologico o con la sensibilità contemporanea?

«Esistono entrambi gli approcci e dobbiamo accoglierli ugualmente con favore. Come interprete considerato pioniere della pratica storica posso dire che mi consola il fatto che la musica di Bach sia sopravvissuta alle varie pratiche esecutive che si sono susseguite di generazione in generazione. E sono certo che continuerà a farlo. Le esecuzioni che mi hanno ispirato e che mi hanno rivelato la potenza di Bach sono ormai considerate completamente fuori moda, ma sono certo che la musica di Bach sopravviverà, incontaminata dalle mode».

Come e dove proporre la musica sacra? Come farle ritrovare il valore di meditazione sul presente?

«La musica trova sempre la collocazione più giusta nell’ambiente per il quale è stata progettata ed è all’interno di questo contesto che è più probabile che ritroviamo il centro di questa o quella pagina. Tuttavia spazi alternativi ci permettono di vedere le opere da un’angolazione diversa quindi non escludo questa possibilità. Come musicisti che eseguono musica sacra dobbiamo portare l’elemento sacro in contesti diversi impegnando tutto il nostro essere nella musica e permettendole di parlare da sola con piena potenza».

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