La direttrice d'orchestra australiana Simone Young che dirigerà il "Ring" di Wagner al teatro alla Scala di Milano - Sandra Steh
Alla Scala di Milano qualcuno l’ha già ribattezzata la «salvatrice» di Richard Wagner. Parola forse riduttiva per Simone Young ma che racconta uno dei suoi talenti più apprezzati dal pubblico internazionale e nei teatri di tutto il mondo: la particolare sintonia della direttrice australiana con le partiture del genio tedesco. Perché sarà lei a far alzare il sipario del Piermarini, a partire da lunedì 28 ottobre, su L’oro del Reno dopo il forfait di Christian Thielemann. «Mi sono divertita davvero molto alla Scala la scorsa stagione con il bellissimo Peter Grimes e con la Turangalîla-Symphonie di Messiaen», racconta Young citando il suo debutto nel teatro milanese che risale al 2023. «È raro - confida - instaurare un rapporto così immediato tra un’orchestra e un direttore. Ed è stata una gioia assoluta. Così non ho dovuto pensarci molto quando è arrivato l’invito a dirigere il Ring di Wagner».
Le prove de "L'oro del Reno" (Das Rheingold ) al teatro alla Scala di Milano - Brescia/Amisano – Teatro alla Scala
Una corrispondenza d’amorosi sensi, quella fra Simone Young e il “vate” di Lipsia, che ne ha fatto una delle più richieste direttrici wagneriane contemporanee. Bacchetta che nelle buche d’orchestra d’Europa ha rotto quell’arcaico ma resistente tabù che riservava il podio agli uomini. Com’è accaduto questa estate a Bayreuth dove è stata la prima donna in 148 anni di storia del Festival fondato dallo stesso Wagner a guidare l’intera Tetralogia con le sue sedici ore di musica. Successo di critica e ovazioni degli spettatori. Poi a inizio ottobre anche il premio di miglior direttore d’orchestra agli International Opera Awards 2024. Alla Scala il Ring - contrazione “familiare” dell’Anello del Nibelungo (“Der Ring des Nibelungen”) - torna dopo oltre un decennio mettendo in scena i quattro titoli che lo compongono (L’oro del Reno, Valchiria, Sigfrido e Il crepuscolo degli dei) da questo autunno a febbraio 2026 e poi due cicli completi a marzo 2026, in occasione del 150° anniversario dell’esordio a Bayreuth. E proprio Simone Young si alternerà sul podio con il britannico Alexander Soddy, 41enne talento emergente ed ex assistente di Young, nei due anni dell’intera produzione milanese.
Come è sbocciata la sua passione per Wagner?
«Ricordo ancora la prima volta che ho intercettato la sua musica. Ero una studentessa e il mio insegnante mi ha fatto ascoltare una registrazione del preludio di Tristano e Isotta. Sono rimasta sopraffatta dalla bellezza e dalla potenza di una composizione che era diversa da qualsiasi altra cosa avessi mai sentito. È stato l’inizio di un feeling e di un percorso di studio che ancora mi lega a queste sublimi partiture».
La direttrice d'orchestra australiana Simone Young durante un concerto con la Filarmonica al teatro alla Scala - Brescia/Amisano – Teatro alla Scala
È stata assistente di Daniel Barenboim che ha diretto l’ultimo Ring alla Scala nel bicentenario wagneriano del 2013.
«Ho avuto la grande fortuna da giovane direttore - avevo 30 anni - di lavorare con Barenboim a Bayreuth, Parigi e Berlino. Il suo approccio alla musica, sia intellettuale sia spontaneamente emotivo, è stato fonte di ispirazione. Lui è rimasto un grande sostegno e un caro amico per tutta la mia carriera».
L’Anello del Nibelungo non è solo una “maratona” musicale senza eguali ma anche un concentrato di pungoli, intuizioni, spunti sociali e psicologici. Che cosa dice oggi?
«Una delle caratteristiche più possenti e coinvolgenti del Ring è che i suoi temi rimangono di un’attualità straordinaria. Tradimento, avidità, amore “redentore”, bramosia di potere sono parte integrante del mondo. Esaminare queste dimensioni attraverso le composizioni di Wagner è provocatorio e costruttivo».
La Tetralogia la accompagna da metà della sua vita. La prossima estate tornerà a dirigerla a Bayreuth e sta proponendo in forma di concerto i quattro titoli all’Opera House di Sydney, sua città natale.
«Le mie prime esecuzioni del Ring risalgono al 1999 e sono state a Vienna. Tuttavia il primo Ring completo, insieme con il regista Claus Guth, l’ho diretto ad Amburgo. È un tesoro culturale e umano che trovo appagante e costantemente intrigante. Spero di poter trascorrere i prossimi 25 anni a dirigere altri Anelli».
Le prove de "L'oro del Reno" (Das Rheingold ) al teatro alla Scala di Milano - Brescia/Amisano – Teatro alla Scala
Il pubblico è ancora sorpreso quando si trova davanti una donna che affronta Wagner. La sua musica è considerata “machista” nonostante le eroine femminili…
«Quando ho debuttato a Vienna nel 1993 con La Bohème di Puccini, era la prima volta che una donna dirigeva alla Staatsoper e non c’erano donne nell’orchestra. Credo che quanto sta avvenendo sia semplicemente uno dei segni dei cambiamenti sociali che marcano i nostri tempi».
Come ha infranto i veti di una donna sul podio?
«Con un duro lavoro, con applicazione, con uno studio costante e con una certa dose di testardaggine».
Alla Scala ha in programma anche tre concerti a novembre che avranno al centro Brahms e Strauss. Un rapporto particolare con la musica tedesca?
«Non direi che è una preferenza. È semplicemente il modo con cui si è sviluppata la mia carriera. Ho vissuto in Germania per diciotto anni e ho una grande affinità con questo repertorio. Ma amo anche l’opera italiana».
Allora un italiano le chiederebbe: Verdi o Wagner? Certa storica rivalità impone ancora un singolare equilibrismo nei cartelloni lirici della Penisola.
«Ho diretto diciotto diverse opere di Verdi, oltre ad aver trascorso molte intriganti ore analizzando i suoi manoscritti negli archivi di Milano. Non per nulla dirigerò fra marzo e aprile all’Opéra Bastille di Parigi Don Carlos di Verdi nella versione francese. Sono affascinata dalla letteratura e dalla musica nate in Italia, Francia, Germania e Russia, ma anche dalla musica inglese o ceca. Mi sento quasi privilegiata a potermi muovere così facilmente tra culture meravigliose».
Ha l’orecchio assoluto. Come si vive con un “surplus” fuori del comune?
«Da bambina pensavo che tutti potessero sentire in questo modo, esattamente come la maggior parte delle persone riconosce ogni colore. Di sicuro l’orecchio assoluto rende più facile lo studio degli spartiti».
Al via il “Ring” degli addii salvato dal podio raddoppiato
Sarà un Ring doppio quello che comincia al teatro alla Scala. Doppio perché sul podio si alterneranno due direttori d’orchestra nelle quattro opere di Richard Wagner che compongono L’anello del Nibelungo: l’australiana Simone Young e il britannico Alexander Soddy, 41enne che della bacchetta di Sydney è stato assistente. Alla vigilia del debutto della maxi-produzione, il Piermarini redime il Ring degli addii. Senza (quasi) più il “padre” che aveva concepito il percorso milanese. E senza l’altro “padre” che avrebbe dovuto far crescere la Tetralogia nelle sale prove e poi sul palcoscenico.
Il direttore d'orchestra britannico Alexander Soddy, 41enne talento emergente ed ex assistente di Simone Young - Christian Kleiner
Via il sovrintendente Dominique Meyer che nel 2025 lascerà la Scala per la legge targata Sangiuliano con cui si vieta a un over 70 di guidare un teatro lirico. «Ho varato un progetto che ha richiesto anni ma del quale non vedrò la fine. È come avere una moglie in attesa di un figlio e già sapere di non esserci al momento del parto», aveva raccontato ad “Avvenire”. E via Christian Thielemann, il direttore ingaggiato per le quattro opere e i due cicli completi. Ufficialmente ha rinunciato a metà settembre per «problemi di salute» (un intervento chirurgico). Ma dietro il suo congedo c’è «il contesto di incertezza sul futuro della Scala», ha scritto al Piermarini. In pratica, l’inaspettato cambio della guardia al vertice del teatro che, per la bacchetta tedesca, ha fatto venire meno i presupposti per un «progetto che avevamo costruito passo passo insieme a Dominique Meyer, cui mi stringe una lunga amicizia».
Le prove de "L'oro del Reno" (Das Rheingold ) al teatro alla Scala di Milano - Brescia/Amisano – Teatro alla Scala
Young e Soddy saranno impegnati nell’intera maratona musicale che, tiene a precisare la Scala, «procederà con coerenza e unità di visione». E secondo il calendario fissato: L’oro del Reno (Das Rheingold) in scena fino al 10 novembre; Valchiria (Die Walküre) a febbraio 2025; Sigfrido (Siegfried) a giugno 2025; Il crepuscolo degli dei (Götterdämmerung) a febbraio 2026; i due cicli completi a marzo 2026 (uno diretto da Young; l’altro da Soddy). Resta unico il regista: lo scozzese David McVicar. «Il Ring - spiega nella Rivista della Scala - è una grande rappresentazione del mondo e dell’umanità. Penso sia impossibile oggi tenere lontani temi come l’ambiente o il cambiamento climatico, di cui già Wagner in un certo modo ci aveva avvertito. E se penso alle guerre dei nostri tempi, non oso immaginare come arriveremo al 2026, alla fine del ciclo». Nel cast spiccano i nomi di Michael Volle, che sarà Wotan, di Camilla Nylund come Brunilde, e di Klaus Florian Vogt sia come Siegmund sia come Sigfrido.