Quando il teatro è sfida e qualità. Ritorna al Teatro Sala Uno di Roma la compagnia integrata di attori e danzatori abili e diversamente abili
Superdiverso-Teatro indecente. Dal 29 al 31 maggio saranno in scena al Teatro Sala Uno con lo spettacolo
Oceanomare, molto liberamente tratto dal libro “Oceano Mare” di
Alessandro Baricco per la regia di
Luciana Lusso Roveto.
Lo spettacolo è realizzato nell’ambito del
Progetto “Il Superdiverso”, sostenuto dal Comune di Roma, dipartimento Politiche sociali, sussidiarietà e salute direzione servizi alla persona e integrazione socio sanitaria, Interventi di supporto alle persone fragili.
Questa compagnia, Superdiverso, è composta da danzatori e attori abili e diversamente abili che lavorano già da 13 anni nel mondo dell'arte professionista, anche se con qualche difficoltà. I risultati di questo impegno artistico è di livello professionale nei contenuti, nelle scelte artistiche, negli allestimenti e nelle performance.
Questo spettacolo è un esempio della splendida ricchezza che c'è nella diversità con i suoi limiti ("anche l'oceano finisce")
e la sua vita (“Il mare che ti salva o ti uccide"). Quello che si capisce dopo un'ora e mezza di emozione danzate e narrate è che la vita va vissuta e a paura curata immergendosi nell'incontro con l'altro. La bellissima musica, le onde i suoni del mare il canto dell'Africa. Il mediterraneo con i suoi occhi, le barche, le anime. Difficile toccare tanti temi così profondi.
Nel romanzo di Baricco si incontra una ragazza, Elisewin, che ha paura di vivere, anche se vuole farlo. Un “esperto” le prescrive bagni di mare: forse ne morirà, ma se si salverà vivrà la vita davvero. “Così inizia il suo viaggio. Il mare è, forse è sempre stato, l’elemento che gli uomini e le donne attraversano in cerca di una nuova esistenza”, spiega la regista Luciana Lusso Roveto. Una metafora preziosa per una compagnia fatta di attori e danzatori impegnati in un percorso artistico così importante e a volte difficile.
Parallelamente al viaggio della protagonista verso il mare si racconta poi di
un naufragio, con soli due superstiti. Uno dei due, Thomas - che ha vissuto situazioni estreme in acqua e ora non ha paura di vivere - per una serie di ragioni si trova nello stesso luogo in cui giunge la ragazza per curarsi: una locanda su una spiaggia in mezzo al nulla. Ed è in questo luogo che si sviluppa la trama. I due si incontreranno, intrecciando le loro vite alle storie di altri ospiti e abitanti della locanda.
“Acqua da attraversare, il naufragio, una ragazza che non ha mai visto il mare ma deve entrarci per poter vivere davvero. Tutto questo somiglia molto
alle tante storie di quelle persone che senza aver mai visto l'Oceano vengono ammassate sui barconi e lo attraversano, spesso senza saper nuotare e a rischio della vita”, aggiunge la regista.
Così nella Locanda Almayer, tra i tanti avventori giunti per motivi diversi, si consuma nell’indifferenza un altro dramma narrato da una giornalista di una emittente TV per naviganti: quello dei naufragi quotidiani che accompagnano il vissuto dei personaggi e il nostro vissuto.
Una metafora dei nostri tempi che allarga il cuore e lo sguardo, portata in scena da una compagnia superdiversa, che negli anni si è caratterizzata per la scelta di testi che, seppur vari (classici come Shakespeare o Brecht, inediti come Tuorlo, metateatrali come Il Concerto) affrontano tematiche sociali.
“
Il teatro è un atto sociale – conclude la regista - di conseguenza non può prescindere da ciò che accade. In questo momento si sta verificando un fenom
eno di esodo dalla guerra e dalla fame di migliaia di persone, consumato però nell'indifferenza della maggior parte del mondo. Il teatro, però, ha un senso e uno scopo se si occupa del sociale e non può restare a guardare.
La nostra è una compagnia nata all'interno di un progetto di integrazione di persone fragili, ma non indifferenti alle tragedie di questo momento”.