Cancellata la libertà di ricerca in Italia? «È falso. Il Tar, respingendo il ricorso delle tre studiose, non l’ha tolta a nessuno. Sostenere una tale tesi significa manipolare i fatti», ribatte Aldo Loiodice, costituzionalista ed ordinario di diritto amministrativo all’Università europea di Roma.
Professore, la disposizione contestata da Cattaneo, Cerbai e Garagna è il fatto che il bando del ministero del Welfare esclude dai finanziamenti le ricerche sulle cellule staminali embrionali. «Questa clausola non significa affatto che non possano continuare a fare le ricerche che vogliono. Il bando limita semplicemente la direzione del finanziamento. Avendo a che fare con risorse ristrette, lo Stato fa le sue scelte secondo delle priorità».
La sentenza del Tar le considera non legittimate ad impugnare il bando... «C’è da dire prima di tutto che ricorrono senza avere un progetto di ricerca. Un progetto fatto proprio dall’Università in accordo con un ospedale. Infatti il bando punta a ripartire risorse del ministero della Salute i cui primi destinatari sono le strutture sanitarie, avendo di mira applicazioni cliniche. L’Università dunque partecipa al bando, solo se le strutture sanitarie sono d’accordo. Cattaneo, Cerbai e Garagna non hanno presentato un progetto di questo tipo. E in ogni caso, non si può trascurare il fatto che il necessario avallo degli organi competenti non c’è».
E allora la ricerca di base in questo campo specifico? «Nessun divieto, ma per essa si chiedano i finanziamenti alla propria Università, al ministero della Ricerca, a istituzioni estere. Ognuno si organizzi come preferisce».
La ricerca sulle staminali adulte però è finanziata. «Già perché ha già dato ampi e comprovati risultati applicabili clinicamente».
Ma «ScienceInsider» sostiene che l’opzione in favore delle adulte è dovuta all’influenza della Chiesa cattolica. «Ancora una volta un pregiudizio basato su degli stereotipi non sulla realtà, una falsificazione dei fatti. Intervenendo nel giudizio del Tar a nome del Movimento per la Vita, abbiamo depositato un recentissimo documento del Parlamento britannico, in cui si prende atto del fatto che con la ricerca sulle adulte si sono ottenuti oltre trecento casi di applicazioni cliniche, mentre tutti gli studi sulle embrionali si sono conclusi in un fallimento».
Si obietta che invece il presidente Usa Barack Obama le finanzia. «Però il Parlamento britannico, dopo la decisione di Obama, ha preso questa posizione. Se si ha in corso un progetto con gli americani non si può sottrarre fondi a chi lavora in Italia avendo di mira le applicazioni cliniche finanziate solo da risorse nazionali. Si vuole continuare le ricerche sulle embrionali? Nessuno toglie questa libertà, ovviamente nei limiti posti dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Lo Stato italiano, certamente, non è obbligato a finanziare le ricerche sugli embrioni».
Le tre ricercatrici lamentano che la loro autonomia è impedita dal fatto che il Tar le ha considerate non destinatarie del bando. «È una procedura istituzionale e democratica il fatto che le Università debbano avallare il progetto concordato con le strutture sanitarie. Ed è una garanzia per il ministero della Salute».
Dopo il 'no' del Tar è stato preannunciato un appello al Consiglio di Stato, avrà successo? «Per prima cosa bisogna vedere se all’annuncio a cui è stata data un’ampia risonanza mediatica anche all’estero su Nature, seguirà la debita notifica. Mi domando che titolo abbiano per fare appello le tre ricercatrici, non essendo la cosiddetta 'parte lesa'. Infatti il termine fissato dal bando è scaduto, senza che abbiano presentato progetti di qualsiasi tipo. Quindi non si può contestare una bocciatura mai pronunciata, perché il progetto non c’era».
La sentenza del Tar, in ogni modo, teneva conto degli 'specifici limiti alla sperimentazione sugli embrioni umani' posti dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. «Infatti il governo non può non tener conto del fatto che esiste tale norma, che non mi risulta la Consulta abbia dichiarato incostituzionale».