giovedì 17 maggio 2018
Fotografa e videomaker, ma musicista per diletto, è l'unica al mondo a incidere dischi come fischiatrice: «Dopo Napoli ora canto l'America latina. Il mio sogno? Esibirmi per il Papa»
Incide dischi solo con i fischi: l'arte nobile di Elena Somaré
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Chi fischia canta due volte, si potrebbe dire parafrasando e allargando la portata dell’abusata frase, indebitamente attribuita a sant’Agostino, secondo cui un’orazione cantata varrebbe doppio. Calcoli a parte, basta ascoltare Elena Somaré per avere la netta sensazione che il suo fischio melodico abbia davvero una doppia valenza sonora: insieme voce umana e strumento musicale. Come il disco Aliento, che in spagnolo significa soffio, respiro, alito, ma anche afflato, qualcosa che incoraggia e dà gioia. «In principio fu il Signore, solista della creazione, che musicò l’universo e col fiato residuo animò l’uomo / Zefiro ne copiò invano il sibilo, ma solo il fischio umano sarebbe stato la verosimile imitazione del soffio divino» è la dedica lasciata a Elena Somaré dal visionario poeta e scrittore Valentino Zeichen, scomparso due anni fa. Ora campeggia a tutta pagina nelle pieghe interne del libretto del nuovo lavoro della fotografa e videomaker milanese, trapiantata a Roma. Nuovo lavoro anche in senso letterale, visto che quello che per Elena era soltanto un divertissement sta ora diventando la sua inaspettata carta d’identità.

«Fino a qualche anno fa – racconta, reduce da un concerto tenuto lunedì sera alla Casa italiana a New York dove ha presentato Aliento, uscito a fine aprile – mi esibivo ogni tanto, venivo magari chiamata da un amico musicista che aveva bisogno di un breve brano fischiato. Coltivavo quell’abilità appresa da piccola ascoltando mio papà che fischiava e che io imitavo grazie alla mia innata intonazione.Vengo da una famiglia che ha l’arte nel Dna. Un cugino di mio padre era l’accordatore di Arturo Benedetti Michelangeli. Ma le mie radici musicali sono state il jazz, che ascoltava mio padre, e la lirica di cui era appassionata mia madre. Io a sei anni, appena imparato a leggere, anziché mettere sul giradischi le fiabe sonore per bambini ascoltavo Traviata e Norma seguendo le arie d’opera sui libretti. Ancora adesso mi ricordo interi atti a memoria. Erano quelle le mie fiabe, le avrò ascoltate mille volte. Ringrazio i miei genitori anche per questo».

Però la musica non è mai stata la sua professione...

«Mi sono diplomata in fotografia all’Istituto europeo di design e ho iniziato a lavorare come fotografa di scena sui set cinematografici. Poi ho realizzato decine di reportage e documentari da ogni parte del mondo, ma la musica ora mi sta assorbendo sempre più. La dimensione del racconto che vivevo con foto e video ora la sto declinando in un modo che mi appaga pienamente. Attraverso la fotografia raccontavo la realtà esterna, anche se dal mio punto di vista, ora racconto più me stessa. E i viaggi che compio sono insieme interiori e universali. Da Napoli al Sudamerica».

Ovvero i suoi due album da fischiatrice.

«Sì, un ideale viaggio dell’anima e nella musica. La connessione tra il primo disco, Incanto di due anni fa sulla canzone napoletana, e questo in cui interpreto alcuni capolavori dell’America latina (da Por una cabeza di Carlos Gardel a Libertango di Astor Piazzolla a Todo cambia di Mercedes Sosa) ce la offrirono i gesuiti, quando portarono in America gli strumenti del nostro Rinascimento, come l’arpa paraguaiana che suona Lincoln Almada, il direttore artistico di questo progetto in cui riuniamo i nostri due mondi. A Lincoln devo la mia nuova avventura. È stato lui a trasformare il mio fischio melodico da semplice curiosità a strumento musicale».

Chi sono i suoi compagni di viaggio in questa avventura musicale?

«Oltre a Lincoln Almada, che suona l'arpa paraguaiana e le percussioni, mi accompagnano Gianluca Massetti al pianoforte, Diana Fazzini che suona la viola da gamba ed Evangelina Mascardi, virtuosa della tiorba e della chitarra barocca».

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