sabato 17 maggio 2014
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​«Le andrebbe di bere qualcosa?», propose ad un tratto al giovanotto mentre già allungava il braccio verso l’armadietto appeso alla parete.L’altro assentì con un cenno del capo. Gli andava.Tra i due si avviò una conversazione schietta e sincera. Sul fatto che nella loro città si erano consolidati dei gruppi di pressione occulti con vaste disponibilità di valuta pesante, non solo rampanti degli affari sporchi, ma veri e propri banditi - e come fare, sempre che si potesse, a sradicarli in futuro?E in generale era possibile sviluppare qui da noi un imprenditoria onesta, se lo Stato continua a ostacolare e vessare in tutti i modi, proprio e solo l’iniziativa privata?Vogliamo parlare dello Stato? E di lì, spostandosi per i vasi comunicanti, perché non degli stessi Organi? Cosa rappresentano, sostanzialmente, adesso e come si immaginano la loro attività in futuro? Solo a beneficio di se stessi? Oppure, forse, anche a vantaggio della Russia?Tolkovjanov aveva una maniera tutta sua di conversare: appoggiando ai gomiti le braccia alzate tracciava con tutte e dieci le dita delle figure animate, che si trasfondevano con levità le une nelle altre - edificava una struttura? Puntellava delle deduzioni? Non senza una certa tensione nelle sopracciglia e nella fronte. Poi spostava gli occhi, vivaci ma sereni, sull’Interlocutore. Si vedeva che quella conversazione era interessante anche per lui.In tutti quei giorni non era mai trapelata nel visitatore una sola nota di oppressione, timore, impazienza.E quasi senza rendersene conto, Vsevolod Valer’janovic cominciò a confidare a quel giovane, solo ieri un cucciolo, le proprie preoccupazioni, che non riguardavano strettamente il suo lavoro ma l’ambito più speculativo del che fare? Lasciare che saccheggino la Russia fino in fondo? Che si portino via i miliardi a camionate? (Considerazioni del. genere suonavano quasi ridicole in bocca a uno come lui, che era a momenti il numero uno della loro regione nella Lotta alla Criminalità Organizzata).E Tolkovjanov tutte queste cose le sapeva, ma riteneva senza scomporsi che il denaro trasferito all’estero sarebbe comunque rientrato in Russia nei decenni successivi, contribuendo a far girare le ruote dell’economia nazionale.Che discorsi sono? rientreranno le foreste abbattute? e tutto quello che si stanno portando via dal sottosuolo?«E il bottino resterà in mano ai ladri?» concludeva pieno di sincera indignazione Kosargin. E con la voce che gli tremava, a tal punto aveva ormai in odio quegli impuniti senza scrupoli. (0 magari, segretamente, gli capitava di invidiarli?).«E perché no?» ragionava Tolkovjanov. «Anche quei soldi lì finiranno per rientrare aumentando il capitale circolante, È un fatto che liberarsi dei criminali è oggi impossibile. Ma è anche vero che le loro risorse, insieme a quelle degli investitori stranieri, finiranno per rimescolarsi e pulirsi nella vasca da bucato comune».No! Un lieto fine come quello Kosargin non poteva in alcun modo accettarlo.Tolkovjanov non si stancava di tranquillizzarlo:«Anche i cervelli, magari non proprio i migliori, torneranno in gran numero, non potranno certo trovarsi tutti una sistemazione laggiù».Perché si capiva che l’ufficiale era anche offeso dal fatto che tanta gente se la squagliasse cercandosi dei posti di tutto riposo. Mentre da noi l’assegno di studio degli aspiranti ricercatori era sceso a 10 dollari.E quel che succedeva per strada? Quei musi ben nutriti che si incontravano a un incrocio a bordo delle loro Mercedes e si mettevano indisturbati a chiacchierare ostruendo il traffico, bisognerebbe o no sollevarli dì peso? E il poliziotto invece fa finta di niente e si eclissa timoroso. Come può un ufficiale di carriera tollerare cose del genere?Davanti ai bicchierini, quando cominciarono a comprendersi sempre meglio l’un l’altro, Kosargin si era lasciato addirittura scappare: «Aleksej Ivanyc, lei che ha una formazione tecnico-scientifica cosa pensa che dovremmo fare noi in questa stramaledetta situazione? Intendo... noi...» aveva cercato di chiarire senza risolversi a pronunciare quella parola, quella sigla, intendendo comunque più che altro i propri ex colleghi rimasti arenati. Ma anche in generale.Tolkovjanov si guardò bene dal sorridere, e cominciò a individuare le possibili varianti di un comportamento secondo lui assennato.Per andare a casa Kosargin passava dí fianco al famoso monumento ai Combattenti della Rivoluzione - una rupe appuntita e slanciata da un fianco della quale sporgevano tre teste - un operaio, un soldato e un contadino. Un bighellone aveva messo in giro un nomignolo spiritoso per il monumento e adesso tutti in città lo chiamavano solo "Zmej-Gorynyc", il Drago tricipite del folclore.Ridacchiò: davvero, come possono cambiare i tempi!Sì, e anche le vie degli uomini sono le più imprevedibili: ad esempio Kosargin. Nei loro uffici per la Lotta eccetera c’erano certi ceffi dalle teste rasate sempre col mitra a portata di mano - ma non erano loro i più rappresentativi del servizio. Kosargin era tutt’altro che stupido ed era anche disposto a farsi insegnare qualcosa dal suo ex indagato di un tempo. Ma a ragionare davvero non si può non capire che la struttura in sé conta ben poco: puoi anche occupare la cabina migliore ma se la nave affonda non è lo stesso?Un momento, però: ma loro possono mai cambiare? Il ricordo andava agli interrogatori di allora. Tuttavia è anche impossibile non preoccuparsi della causa comune della Russia e neanche i ghebistí di oggi possono ignorarlo. Non si può pensare esclusivamente a se stessi. Anche se... agli aziendalisti tipo Ellomas il cervello macina solo a senso unico: se si riuscisse ad arrivare al potere, i loro capitali si incrementerebbero a dir poco di quattro volte.
(dal racconto "Sulle fratture" tratto dal volume «Racconti di guerra»; per gentile concessione dell’editoriale Jaca Book
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