Di tanto in tanto il Sole si agita. Di tanto in tanto avvengono delle tempeste geomagnetiche, registrate dagli strumenti degli scienziati. Accade spesso, anche se difficilmente si tratta di tempeste in grado di arrecare danni di rilievo. È molto difficile, se non impossibile, stabilire quando la Terra verrà investita da una forte tempesta solare. Eppure nei giorni scorsi un gruppo di ricercatori della SolarMax ha annunciato una supertempesta solare, capace di mandare in tilt linee elettriche e provocare il malfunzionamento e la caduta di satelliti per la navigazione e le telecomunicazioni. Lo hanno fatto con un articolo dai toni piuttosto allarmistici, pubblicato su Physics World, lanciando anche un appello ai governi perché mettano in atto contromisure immediate.Ma dobbiamo davvero preoccuparci? «In questo momento no, ma è ovvio che nell’arco di alcuni decenni il Sole possa fare qualche scherzo del genere, ce lo dicono le statistiche – dice Gianluca Masi, astrofisico del Planetario di Roma e responsabile del Virtual Telescope –. Ciò che mi stupisce di questo annuncio e che si tratta di una “non-notizia”, con un tono catastrofistico non giustificato. Anche perché non ci dicono quando avverrà: una super-tempesta infatti può avvenire domani come fra cent’anni. Si crea allarmismo inutile. E poi non si capisce la ragione precisa di questo annuncio: piuttosto lo vedo come un appello ai governi per sensibilizzare sulle ricerche da effettuare in questo settore. Eppure in quest’ultimo periodo – aggiunge Masi, attualmente impegnato al campus estivo della Società astronomica pugliese presso il Cea Solinio di Cassano Murge (Bari) – la nostra stella è particolarmente quieta. E questo nonostante siamo ancora abbastanza vicini alla fase del suo ciclo undecennale, il cui picco massimo è avvenuto nel 2013: la fase, cioè, in cui è particolarmente attiva. Questo è il periodo in cui possono avvenire tempeste solari, che raramente creano danni di rilievo, ma piuttosto i fenomeni assai spettacolari delle aurore boreali. La Nasa calcola che di tempeste davvero forti se ne verifica una ogni centocinquant’anni». Va ricordato che le più intense tempeste solari, come già capitato in passato (l’ultima di rilievo nel 2003), possono portare a conseguenze non indifferenti: danneggiamenti temporanei o addirittura permanenti dei satelliti in orbita, con gravi danni sulle telecomunicazioni e sui sistemi di navigazione, oltre a black-out elettrici concentrati nelle zone del pianeta poste a latitudini medio-alte. Nel 1979, persino il grande laboratorio spaziale Skylab della Nasa (in quel periodo senza equipaggio a bordo) a causa di questi effetti vide la propria orbita abbassarsi improvvisamente, finendo negli strati atmosferici più bassi e densi e distruggendosi al loro contatto.Ma i ricercatori della SolarMax non sono gli unici a lanciare l’allarme. In tutta Europa vi sono astronomi che vogliono “vigilare” le attività solari, in Italia sta nascendo un gruppo chiamato Swic (Space Weather Italian Community). «L’obiettivo è coordinarsi in una rete europea », spiega Massimo Messerotti, dell’osservatorio di Trieste dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf) e membro del consiglio direttivo della Swic. L’ultima tempesta solare molto forte, secondo gli scienziati, avvenne nel 1859 «ma questa – aggiunge Messerotti – è una statistica troppo rudimentale e approssimativa». Pur senza allarmismo quindi, c’è massima allerta da parte degli scienziati di tutto il mondo. In questi ultimi anni la “meteorologia spaziale”, una disciplina che studia il Sole e gli effetti che la sua attività produce negli ambienti planetari e sulla Terra in particolare, ha fatto importanti passi avanti, soprattutto grazie ai satelliti, per riuscire a individuare la possibile insorgenza di tempeste solari e attuare in tempo le contromisure per attenuare i loro effetti negativi sui satelliti e le infrastrutture a Terra. E sull’uomo, nessun effetto negativo? «Non direttamente, come sembrano indicare diversi studi di fisiologia clinica condotti in Italia – spiega Messerotti –. Questi fenomeni possono, in via del tutto eccezionale, riguardare solo equipaggi e passeggeri in volo lungo rotte polari, oppure gli astronauti durante le passeggiate spaziali o nei moduli orbitanti, che forniscono solo una protezione parziale».
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