Un secolo fa. Sono le cinque della sera del 5 agosto 1914, ma quell’orario non evoca né toreri né entusiastici “olè” bensì la messa in opera del primo regolatore elettrico del traffico, antenato dei nostri moderni semafori. Quel primo marchingegno, ideato da James Hoge, fu installato a Cleveland, nell’Ohio, fra la East 105 e la Euclide Avenue e all’avvenimento erano presenti buona parte delle autorità cittadine e una nutrita rappresentanza della stampa. Quel primo semaforo, però, aveva solamente due colori, il rosso e il verde, e il primo colore ad essere selezionato fu il rosso. Ad azionarlo fu Hon A.A.Benesh, direttore del Dipartimento di Publica Sicurezza, che poi passò la mano al vigile che continuò ad azionare a distanza il semaforo dentro una cabina dalle pareti di vetro. Ma evidentemente esiste un tempo per ogni cosa perché solo pochi anni prima Lester Farnsworth Wire, comandante della divisione traffico della polizia, aveva installato in un incrocio di Salt Lake City un congegno simile che però venne accolto con indifferenza, mentre due anni dopo il semaforo entrò nella storia. C’è però chi contesta l’invenzione del regolatore del traffico affermando che il primo congegno somigliante a un moderno semaforo in realtà era stato installato molto tempo prima, il 10 dicembre del 1868. Si chiamava «semaphore», era stato inventato dall’ingegnere John Peake Knight e fu installato a Londra in un incrocio nei pressi di Westminster a beneficio di chi andava a piedi, la cui incolumità era messa in serio pericolo dal traffico intenso non certo delle auto ma delle carrozze che, a detta delle cronache del tempo, mietevano non poche vittime! Era un congegno un po’ troppo macchinoso, però, e soprattutto non era azionato dalla corrente elettrica. Si trattava di un palo al quale era collegata un’asta e a seconda delle posizioni assunte da quest’ultima l’utente della strada doveva capire se doveva fermarsi o continuare o passare oltre. Quando l’asta si disponeva perpendicolarmente al palo voleva dire stop, mentre la posizione parallela dava il via libera. Di notte, però, bisognava escogitare qualcosa per rendere visibile il meccanismo e così alle due estremità dell’asta vennero sistemate due lampade a gas, una rossa e una verde. Ma purtroppo le lampade scoppiarono ferendo il vigile addetto al loro funzionamento e di fronte a questo spiacevole inconveniente le autorità decisero di rimuovere il congegno notturno. Quel primo semaforo, dunque, richiedeva sempre la presenza di un vigile e solamente più tardi fece la sua comparsa a Detroit il primo semaforo automatico inventato da William Potts. Le luci però erano sempre due, il rosso e il verde. Il giallo entrò nel semaforo nel 1920. A introdurlo fu Garrett Morgan, un afroamericano figlio di uno schiavo che da tempo si occupava di sistemi di sicurezza preoccupato degli incidenti che avrebbe potuto causare un traffico senza regole. Ben presto il semaforo varcò l’oceano per approdare in Europa e la prima città a vedere le tre luci fu Parigi, che adottò il nuovo regolatore del traffico nel 1922. E da quel momento il semaforo si diffuse in tutte le grandi città europee. In Italia il primo semaforo fu installato a Milano nell’aprile del 1925 e precisamente all’incrocio fra Piazza Duomo, via Orefici e via Torino. Molti curiosi, ovviamente, fecero da corona a quella prima installazione che inevitabilmente dette vita al partito progressista dei favorevoli e al partito conservatore dei contrari, convinto che il marchingegno avrebbe avuto vita breve. Di fronte a Milano la capitale non poteva restare di certo con le mani in mano e infatti l’ingegner Filippo Ugolini, vice comandante dei “pompieri” di Roma e geniale “inventore” (fu lui a inventare il “tassametro”), si dette molto da fare per installare anche a Roma i semafori. Le cose però non andarono subito lisce. Il passaggio dal verde al rosso, infatti, avveniva in maniera troppo brusca e la cosa causò tamponamenti e un sacco di polemiche. Per perfezionare il meccanismo aggiunse anche un segnale acustico, una specie di scampanellio sul tipo di quelli usati per i passaggi a livello ma l’idea trovò molti oppositori in quanti abitavano nelle vicinanze. Ugolini, però, non si dette per vinto e dopo aver sperimentato a sue spese alcuni congegni, l’11 gennaio del 1934 installò un semaforo “moderno” a Largo Goldoni e a questo ne sarebbero seguiti a breve altri quindici. L’idea, dunque, funzionò e Ugolini oltre a intascare un premio di duemila lire ebbe anche l’onore di essere citato da Trilussa che in un suo sonetto ringrazia Ugolini («ingegner di gran vaglia ben sei») per aver introdotto a Roma una invenzione «tutt’in pro dell’onesto pedon». Il semaforo, come tutte le invenzioni, ha subito nel tempo una evoluzione e oggi in quasi tutte le città del mondo sono installati anche semafori per i pedoni, per le biciclette e per i non vedenti (vedi box). Il tutto a beneficio della sicurezza degli utenti della strada di fronte a un traffico che di anno in anno va facendosi sempre più intenso.
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