«Beato il seno che ti ha allattato! » . Più di qualcuno deve aver preso alla lettera l’esclamazione perpetuata dai Vangeli, se si considera l’abbondantissima messe iconografica di immagini della cosiddetta « Madonna del latte » . Altro che
Madonna da nascondere, come si intitolava ( peraltro argutamente) un saggio locale dedicato recentemente proprio alla
virgo lactans! A stare solo ai due ponderosi – ed eleganti – volumi de
La Spada e il Latte, stampati e raccolti in cofanetto da San Giorgio Editrice ( pp. 360+ 350, euro 170), le icone e i dipinti dedicati a questa particolare postura mariana sono invece numerosissimi, almeno in certi periodi storici. Perché – se è vero che la Madonna che porge il seno al Figlioletto venne riprovata sotto pretesto di indecenza nelle prescrizioni controriformistiche del cardinale Federigo Borromeo – è altrettanto attestato che la prima immagine di una Vergine che allatta risale addirittura al 230 - 240 circa, ben prima del concilio di Efeso che esalterà la maternità divina di Maria, e si trova nelle romane catacombe di Priscilla. Logicamente si tratta dell’illustrazione che apre l’opera suddetta, un’antologia iconografica che il chirurgo di origine siciliana Tommaso Claudio Mineo ha impaginato dopo decenni di paziente raccolta in giro per il mondo; anzi, nelle intenzioni del suo autore, i due tomi dovrebbero essere solo il primo capitolo di un viaggio intorno all’Imago Virginis così come l’hanno considerata nei secoli i più grandi artisti ovvero le devozioni popolari. Il professor Mineo non entra nella diatriba che, soprattutto ultimamente, ha risvegliato l’interesse degli storici proprio intorno alla tipologia di Maria Lactans ( a Roma esiste persino un apposito Centro studi): una « derivazione » dell’egizia Iside allattante ovvero la filiazione dell’icona bizantina detta della Galaktotrophusa ( « nutrice col latte » ), o ancora l’adattamento di una – peraltro rara – personificazione della « pietas » romana? Un’immagine che ammicca al culto spicciolo ( non per nulla le Vergini col Poppante vengono talvolta chiamate anche Madonne « della tenerezza » o « dell’umiltà » ) o piuttosto un riferimento teologico « alto » , addirittura in contrasto con le eresie che negavano la reale prova incarnazione di Cristo? E tuttavia il suo florilegio – che comprende anche pertinenti citazioni dalle Scritture e dagli autori sacri più antichi ( ma anche profani moderni, come Sartre) – riflette benissimo le complesse sfaccettature di una ritualità popolare ma certamente non banale. Si capisce, ad esempio, che agli affreschi delle Madonne del Latte corrisponda sovente un culto legato alla fecondità e alla maternità in genere; ma perché – soprattutto in epoca antica – queste immagini si trovano spesso su sarcofagi e in cimiteri, collegati dunque alla morte o alla vita ultraterrena? Perché tanta abbondanza di dipinti a fronte di una penuria quasi assoluta di statue del medesimo soggetto? Altri misteri riguardano la fonte della specifica iconografia: si tratta di una ripresa degli apocrifi ( il Protovangelo di Giacomo narra la nascita di Gesù Bambino come l’apparizione miracolosa del Figlio di Dio che in una grande luce va a succhiare il seno della Madre) oppure di un’allusione esoterica alla Sapienza che col suo latte nutre gli adepti ( Isaia: « Succhierete con delizia all’abbondanza del suo seno»)? Ma anche, invertendo paradossalmente i termini: la Vergine purissima illumina i pochi eletti e la Madre della fecondità sparge con abbondanza le sue grazie sui devoti... Insomma, nell’apparente semplicità di un gesto quotidiano, la Vergine del Latte sembra accomunare le aspirazioni della gente qualunque e la ricerca degli intellettuali, l’allegoria e il senso letterale, l’arte di Tiziano e le prove rustiche di anonimi pittori, l’eloquenza di sant’Agostino e le ninne nanne popolari: « Pane non ho/ ma latte ti do » . Ha ragione Mineo: « L’immagine di Maria che allatta, una volta scoperta visivamente ed affettivamente, permane fissa nella memoria, oltre che nel cuore».