martedì 24 agosto 2021
La squadra dei cantanti compie 40 anni con la due giorni benefica in Versilia “Mattone del cuore” per un pronto soccorso nel luogo mariano: «Colpito da Lourdes, ci andai con Celentano e Morandi»
Enrico Ruggeri in campo con la maglia della Nazionale cantanti di cui è presidente

Enrico Ruggeri in campo con la maglia della Nazionale cantanti di cui è presidente - Nazionale cantanti

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Alla serie D e al Sona Calcio ha appena detto addio («è stato un sogno di bambino realizzato, battendo anche un record mondiale: essere il più anziano debuttante in un campionato di calcio, a 64 anni»), ma alla nobile creatura della Nazionale cantanti non lo dirà mai. Del resto il “Vai Rouge” (titolo anche di un suo album) è nato proprio su quei campi votati alla solidarietà calcati con Gianni Morandi e con patron Mogol, l’ideatore del benemerito sodalizio giunto ai 40 anni di età e di cui l’oggi presidente Enrico Ruggeri fa parte dal 1984. Domani e giovedì la Nazionale cantanti affiancherà intanto, per la quinta volta (anche mettendo a disposizione l'Sms solidale 45527 fino al 20 settembre), l’associazione Olimpiadi del Cuore onlus fondata da Paolo Brosio per la due giorni di solidarietà “Mattone del cuore”, in Versilia con alcuni big della musica, dello sport e dello spettacolo tra cui Andrea Bocelli, Al Bano, Fausto Leali, Ivana Spagna e Carlo Conti.

Ruggeri, cosa le ha dato in tutti questi anni la Nazionale cantanti?

Intanto 40 anni di vita sono un traguardo straordinario. È stata un’esperienza unica, intanto per i cento milioni di euro donati a diverse realtà, che ci rendono orgogliosi. Poi per la vicinanza con i grandi della terra: Perez e Arafat si sono incontrati per l’ultima volta proprio a una partita della Nazionale cantanti. Poi io ho avuto la gioia di conoscere due papi, Wojtyla e Ratzinger, oltre a personaggi come il Dalai Lama o Gorbaciov. Mi sono trovato gomito a gomito con la storia, questa è la mia sensazione.

Qualcosa che non ha funzionato?

Beh, quando fai beneficenza e solidarietà devi fare delle scelte, è inevitabile. Il vero rimpianto è non aver potuto fare ancora di più. Un rammarico invece è che ci sono state persone, ma i nomi non li faccio, che noi abbiamo chiamato a far parte della nostra avventura per aiutarci a riempire gli stadi, ma che con lo spirito del progetto c’entravano poco. Il fine comunque, soprattutto se è nobile come il nostro, giustifica i mezzi. Però si vedeva che qualcuno di loro non era coinvolto sul tema della solidarietà, erano lì solo per fare presenza e giocare a pallone. Se non li avessimo chiamati saremmo stati più ligi ai nostri principi, ma avremmo donato dieci milioni in meno.

Chi sono stati i più ispirati?

Quasi tutti, devo dire. Ma certo i primi in assoluto sono stati quel sognatore e visionario di Mogol e Gianni Morandi: persone che hanno promosso e preso a cuore il progetto fin da subito. A Mogol la settimana scorsa ho anche scritto per fargli gli auguri per i suoi 85 anni. Un uomo oltretutto con una grande fede, un’anima superiore.

A proposito di fede, la raccolta fondi di questa due giorni in Versilia servirà a sostenere il progetto di un ospedale di pronto soccorso a Medjugorje. Ci è mai stato?

Non sono mai andato a Medjugorje. Sono invece stato a Lourdes, che mi ha fatto un’impressione molto forte. All’arrivo la sensazione è stata per la verità un po’ negativa, perché prima di arrivare alla grotta delle apparizioni ciò che si vede è soprattutto marketing, tra madonnine con l’acqua, immaginette e oggetti vari. Ho avuto però la fortuna di essere con personaggi illustri come Celentano e Morandi. Così grazie alla loro presenza ci hanno aperto la grotta di se- ra. E, arrivati lì, tutto era diverso. Si sentiva una energia particolare, si avvertiva la presenza nell’aria delle preghiere e delle speranze delle persone. Sentivo che non era un luogo come altri. Io sono un credente, ma anche chi non lo è non può non percepire l’essenza speciale di quel luogo. Sono sicuro che anche il più agnostico e il più ateo, lì rimarrebbe colpito.

Che cosa le è rimasto di Lourdes?

Quando ti avvicini alla grotta delle apparizioni e cominci a vedere i malati, con la loro sofferenza e soprattutto la loro fede capisci che qualcosa di fortissimo c’è. Un senso ulteriore nel dolore stesso dell’uomo. Il mistero.

E lei di “misteri” s’intende...

Ci sono cose che non possiamo spiegare e questo è meraviglioso, ancor più in un’epoca come questa in cui le conquiste dell’umanità sono sempre più strabilianti. Su ciò che riguarda il nostro corpo si fanno ormai interventi incredibili. Un chirurgo, al computer, può operare da Parigi a Milano... Ma il resto è insondabile: se sei triste o allegro, se tieni il Milan o l’Inter, se ti innamori di una donna o di un uomo. Non ci sono spiegazioni tecniche sui movimenti quantomeno del cervello, per non dire dell’anima. Nell’album Almaio ho scritto due anni fa una canzone intitolata Forma 21, una figura di Tai Chi che rappresenta l’elevazione verso il cielo. Nella canzone mi ispiro al racconto che fece Laurie Anderson del momento della morte di Lou Reed. Ma è capitato anche a me di essere presente e di accompagnare qualcuno nel momento supremo: ho visto che l’ultima espressione è di stupore. Come se volesse dire: sto vedendo qualcosa ma non te lo posso raccontare. Ho scritto quella canzone apposta per descrivere l’attimo supremo della morte.

La porta dello spavento supremo, per citare Battiato che da poco ci ha lasciati...

Una persona molto profonda, Franco. Ero andato a trovarlo anche a Milo, la sua casa in Sicilia. Una volta fummo insieme persino in Unione Sovietica. C’era una kermesse di italiani in Urss presentata da Milva e lui venne come suo accompagnatore, ma senza cantare. Abbiamo passato una settimana bellissima.

Dall’Urss agli Stati Uniti: a che punto è la vicenda di Chico Forti detenuto nelle carceri americane, a cui aveva dedicato a fine anno una canzone?

L’America l’ho cantata ogni sera anche nel minitour appena concluso e farò altrettanto ora nel concerto benefico in Versilia, ma purtroppo è rimasta solo una canzone di protesta. Io avevo già scritto questo pezzo da un po’ e doveva diventare un modo per riaccorglierlo in Italia dopo certi proclami di imminente liberazione. Invece tutto tace. Bisogna pensarci bene prima di fare annunci prematuri. Si creano aspettative, soprattutto in chi è coinvolto in prima persona.

A parte che il futuro è un’ipotesi, tanto per citare, cosa c’è invece nel suo orizzonte? Un disco o ancora tv?

In tv non credo di andarci prossimamente, non mi considerano amico. Il fatto poi di avere avuto così successo con le mie recenti apparizioni paradossalmente mi ha penalizzato. Ero stato chiamato dalla gestione precedente e rifarlo ora sarebbe come legittimare che avessero fatto una cosa giusta. Quindi niente tv, ma musica sì. Ho dei pezzi nuovi e attendo di capire cosa si potrà fare tra zone gialle, verdi, eccetera, perché è chiaro che quando esci con un album poi vuoi fare un tour.

Ma ha toccato un tasto delicato: è appena stato criticato per il concerto di Genova senza Green pass...

Sì, ma si facevano i tamponi gratis. L’idea che ho lanciato è una via pragmatica e di rispetto nei confronti di tutti. Credo sia la via più sicura. Mi hanno criticato, ma io dico ciò che penso. È uno dei pochi vantaggi ad avere una certa età.

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