Reni Eddo-Lodge - WikiCommons
Nel febbraio del 2014 una giovane blogger pubblicava un post intitolato: «Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche». Quel post iniziò immediatamente a vivere di vita propria: fu letto, commentato, discusso (anche da persone bianche, che chiedevano di non smettere di parlare con loro), finché è stato trasformato in un libro che porta lo stesso titolo, pubblicato in Italia da edizioni e/o (pagine 228, euro 16,50), per «proseguire quella conversazione», scrive Reni Eddo-Lodge, l’autrice, giornalista e scrittrice classe ’89, attualmente impegnata con Emma Watson nel progetto “City of Women London”, un piano per ricreare una mappa alternativa della metropolitana di Londra in cui le fermate portino i nomi di personalità femminili, sulla scia di quanto fatto a New York da Rebecca Solnit e Joshua Jelly-Schapiro. Eddo-Lodge, scrive la traduttrice Silvia Montis, «non scende a compromessi» e incentiva un dibattito sul razzismo strutturale, «sollecitando un dialogo collettivo, multiculturale e interculturale ». L’autrice passa in rassegna prima di tutto gli aspetti storici, tenendo conto che «a scrivere la storia sono sempre i vincitori» per cui è «molto difficile trovare prove dell’atteggiamento persecutorio della polizia verso la popolazione di colore nei primi anni Ottanta». Un tema su cui – a partire dal suo racconto sul senso di paura, che contribuisce al perpetuarsi di una forma di razzismo oltre il concetto stesso di razza – anche Ta-Nehisi Coates aveva scritto in Tra me e il mondo (Codice Edizioni). Nel Regno Unito «dopo il referendum del 2016 per l’uscita dall’Unione Europea è stato riscontrato un drastico aumento delle denunce per crimini d’odio e in generale una recrudescenza di episodi razzisti nel Paese. Ma guardando la nostra storia ci accorgeremo che il razzismo non nasce dal nulla; piuttosto è radicato nella società britannica. È nel cuore stesso dell’istituzione dello Stato. Non è esterno. È dentro il sistema», si deve solo fare lo sforzo di non guardare troppo lontano e non semplificare, non ridurre perciò a metro di valutazione del razzismo esclusivamente la facile disapprovazione di suprematismi e nazionalismi, ma prestare attenzione, ascoltare, concentrarsi sulle parole dette (o non dette) e sul lato più nascosto del razzismo, più esteso e radicato, più inconsapevole e pericoloso, per la creazione di quelle che l’autrice chiama «barriere invisibili »: «Le ricerche indicano che in occasione degli esami di idoneità scolastica sostenuti nel Regno Unito il bambino nero riceve voti più bassi da parte dei suoi insegnanti – fenomeno che non si manifesta se a correggere i suoi test sono docenti esterni. In altre parole, per avere i voti che merita il nostro bambino dev’essere anonimo». Ecco cosa insegna questo libro: ad aprire gli occhi sulle parole, sulle battaglie per allargare la rappresentanza nera, sulla distorsione delle pari opportunità, sul privilegio bianco, sulla politicizzazione di chi si definisce progressista dicendo che «se davvero vogliamo andare oltre la razza dobbiamo smettere di parlarne»: «Vedere la razza – scrive Eddo-Lodge – è essenziale per cambiare il sistema».