lunedì 4 maggio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
​Doveva essere una serrata Apologia del Cristianesimo e riuscì un insieme frammentario di acute meditazioni, lampi di moralista, sguardi sull’infinito, ma nulla di compiuto, quasi lo scrivere fosse l’intermittenza di un rivelarsi che continuamente s’allontana: «Scriverò qui i miei pensieri senza ordine, ma non forse in una confusione senza progetto. È questo il vero ordine, che impronterà il mio oggetto con il disordine stesso. Farei troppo onore al mio oggetto se lo trattassi con ordine, poiché voglio dimostrare che esso non ne è capace» [B373]; «Il caso fornisce i pensieri e il caso li toglie; non v’è arte alcuna né per conservarli né per acquisirli. Pensiero sfuggito: lo volevo scrivere; scrivo soltanto che mi è sfuggito» [B370, 372]. Neppure riusciamo a numerare i Pensieri in un unico modo: dall’edizione delle Pensées secondo gli intenti del gruppo di Port-Royal, 1670, ogni secolo ha avuto il suo Pascal, da quello "philosophe" dell’edizione Condorcet-Voltaire [1776, 1778], a quello "romantico" e "agonico" che piacerà a Chestov e alla teologia della kenosis: «Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo. Durante tutto questo tempo, non si può dormire» [B553]. Il Novecento, dopo le edizioni -miranti a un corpus organico - di Brunschvicg (1897, 1900; è la numerazione canonica che seguiamo qui) e poi di Chevalier (1925 e 1954), ha voluto rinserrarsi nella filologia delle "copie" dei manoscritti, dall’edizione Lafuma (1948) in poi, sì che il Pascal che oggi si legge è un labirinto di rinvii.Certo, il polemista delle Provinciales contro i gesuiti, il matematico e il fisico delle esperienze sul vuoto (1647) cede in questi frammenti allo smarrimento di fronte a un altro vuoto che si apre davanti all’esperienza umana: «Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi sgomenta» [B206, 205]; «ogni nostro fondamento si fende, e la terra si apre sino agli abissi» [B72]. Il pensiero non è più misura, ma costante disproporzione: «Quando considero la piccola durata della mia vita, assorbita nell’eternità che la precede e che la segue, il piccolo spazio che occupo, e che vedo inabissato nell’infinita immensità degli spazi che io ignoro e che mi ignorano, mi sgomento […] - memoria hospitis unius diei praetereuntis» [B205]. Un pensiero agonico, di stoica solitudine: «Gesù si strappa ai suoi discepoli per entrare nell’agonia; bisogna strapparsi ai più cari e ai più intimi per imitarlo» [B553]; un pensiero conscio della fragilità e insieme della dignità umana: «L’uomo non è che un giunco, il più debole nella natura, ma è un giunco pensante. Non occorre che l’universo si armi per schiacciarlo; un vapore, una goccia d’acqua basta a ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo annienta, perché egli sa di morire. […] Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero» [B347]. E - ad un tempo - «il cuore ha ragioni che la ragione non conosce» [B277 e 267, 278].Da Montaigne trae argomenti di disincanto: «Non è qui il paese della verità: essa erra incognita tra gli uomini» [B843] e ragioni della vanità umana, del nostro perenne «distrarci» in un altrove che è pari soltanto alla noia che ci assedia: «Miseria. La sola cosa che ci consola dalle nostre miserie è il divertimento. Ed è tuttavia la più grande delle nostre miserie. Perché è ciò che, essenzialmente, ci impedisce di pensare a noi stessi e ci porta insensibilmente a perdizione» [B171]. Precedendo il Baudelaire dello spleen, saprà scrivere: «Noia. Niente è così insopportabile per l’uomo che il trovarsi in assoluto riposo, senza passioni, senza affari, senza divertimenti, senza assilli. Egli sente allora il proprio nulla, la propria derelizione, la propria insufficienza, dipendenza, impotenza, il proprio vuoto. E d’un subito, dal fondo dell’anima, verran fuori la noia, la cupezza, la tristezza, l’ansia, il disappunto, la disperazione» [B131]. Una noia totale, nera, senza causa : «Così l’uomo è tanto infelice che si annoierebbe anche senza causa alcuna di noia, per la natura stessa della propria indole» [B139]; poiché l’uomo si disamora della preda, degli onori, degli appetiti non appena li ha conseguiti: «Non sanno neppure che è la caccia, e non la preda, ch’essi cercano» (ivi). In fuga costante da sé, distratto da un minimo suono o ronzìo, è nient’altro che un «ridicolosissimo heroe» (in italiano nell’originale): «La mente di questo sovrano giudice del mondo non è così autonoma che non sia soggetta ad essere turbata dal primo rumore che le si levi intorno. Non occorre il rombo del cannone per impedirgli di pensare; basta il cigolio di una carrucola. […] Veramente una divinità ben comica! O ridicolosissimo eroe!» [B366]. In quel vacillare, tutto - in Pascal come prima in Shakespeare - non è che vano sogno d’un sogno: «E chi può dubitare che se si sognasse in compagnia, e che i sogni fossero per avventura concordi, cosa che accade di frequente, e si vegliasse invece in solitudine, non si prenderebbe appunto il vissuto alla rovescia? E siccome capita spesso di sognare di sognare, infilando un sogno sull’altro, non può essere, allora, che metà di questa vita non sia, essa stessa, che sogno […]?» [B434].
Pascal è stato il pensatore anelante al «Dio nascosto», e la sua concezione della Grazia risente, a tratti, dell’eredità della Riforma: «Se vi è dato di unirvi a Dio, è per grazia, non per natura» [B430]; e ancora: «Così manifestamente appare che dalla grazia l’uomo è reso come simile a Dio e partecipe della sua divinità; e che senza la grazia appare simile alle bestie brute» [B434]. Eppure la grandezza, la magnanimità, del suo pensiero supera d’un balzo quelle strettezze manichee, sì che arriverà a proclamare: «Sappi che l’uomo supera infinitamente l’uomo» [B434], «E anche la grazia non è che figura della Gloria» [B643]. Così il Pascal che ammiriamo e ci soggioga, resta quello del canto senza fine, salmodia del creato: «I salmi cantati da tutta la terra» [B596], lode e riposo del cuore in Dio: «Dio inclina il cuore di coloro ch’Egli ama - Deus inclina corda eorum - colui che l’ama, colui ch’Egli ama» [B287, n.2].
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: