lunedì 23 giugno 2014
​La riflessione del Pontefice sull’Eucaristia, fin da quando era arcivescovo di Milano. Per Montini questo tema era
segno di contraddizione nella modernità dominata dal pensiero scientifico. La tentazione di ridurlo a semplice fatto simbolico.
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​La devozione all’Eucaristia – scriveva san Pio X – è la più nobile perché ha per oggetto Dio; è la più salutare perché ci dà l’autore della Grazia; è la più soave perché soave è il Signore». Papa Sarto è ricordato anche come il «Papa dell’Eucaristia» per la sua incessante opera di promozione del culto eucaristico, grazie alle disposizioni che incoraggiarono l’accesso frequente e quotidiano alla mensa eucaristica, esteso ai fanciulli: a lui volle riferirsi Paolo VI, in maniera esplicita, quando promulgò la terza enciclica del suo pontificato, Mysterium Fidei, incentrata sulla dottrina eucaristica, datandola nella festività liturgica di san Pio X. Il Pontefice veneto, canonizzato il 29 maggio di sessant’anni fa e di cui quest’anno si ricorda il centesimo anniversario della morte, era stato il primo Papa che Giovanni Battista Montini conobbe personalmente, avendolo incontrato, da bambino, in udienza privata insieme alla famiglia, nell’aprile del 1907, proprio qualche settimana prima di ricevere la sua prima Comunione.L’enciclica Mysterium Fidei con la quale Papa Montini, riaffermando solennemente la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, indicava in essa la sorgente del rinnovamento ecclesiale promosso dal Concilio ancora in corso, è senza dubbio l’opera che maggiormente esprime la particolare sensibilità eucaristica di Paolo VI, nota e documentata attraverso i testi prodotti negli anni del suo pontificato. Ma la speciale devozione eucaristica che plasmò intensamente la spiritualità di Giovanni Battista Montini trovava una sua più remota radice nel fecondo ambiente familiare bresciano. Sin dagli anni della sua prima infanzia, infatti, fu in particolare la madre, Giuditta Alghisi, a trasmettere al figlio quella profonda pietà eucaristica che ella aveva appreso, a sua volta, dal padre Giovanni Battista, del quale il futuro Pontefice portava il nome. Ecco le sue parole, in una lettera al figlio, a commento della processione eucaristica che attraversò Brescia per il Corpus Domini del 1921: «...la devota, imponente, lunghissima processione è passata inneggiando al Sacro Mistero, alle speranze immutabili, ai sacri entusiasmi mentre pareva che ciascuno avesse l’animo sulle labbra, la gioia del cuore diffusa nello sguardo... Lode al buon Dio e ch’Egli ci mantenga saldi nel proposito di servirlo, di amarlo sempre con ogni nostra forza». Al Gesù eucaristico era rivolta una ardente preghiera che Giuditta Alghisi Montini aveva trascritto sul retro di una immagine sacra e che è riportata per intero nella Positio per la causa di beatificazione di Paolo VI: «Mio Gesù, mio unico bene, mio tutto, chiudimi sì addentro nel tuo sacratissimo Cuore che non ne possa uscire mai più. Parla nella mia bocca, ascolta nelle mie orecchie, pensa nella mia mente e ama nel mio cuore. Pietosissimo Gesù, misericordiosissimo Gesù, ripara i miei sbagli, compi ciò che è imperfetto, dà accrescimento a quel poco che faccio e soprattutto chiudi nel tuo Cuore i miei cari, le persone che voglio raccomandare colle mie preghiere e consumaci tutti negli ardori della tua carità. Così sia».L’esempio materno si innestò, per Montini, in un fiorente tessuto ecclesiale, rinvigorito dall’opera evangelizzatrice del vescovo di Brescia, monsignor Giacinto Gaggia, che promosse la formazione catechistica dei giovani per i quali organizzò uno speciale Congresso eucaristico nel 1920: proprio lo stesso anno in cui, il 29 maggio, il futuro Paolo VI era stato ordinato sacerdote. Nel 1938 Montini partecipò accanto al segretario di Stato Eugenio Pacelli al Congresso eucaristico internazionale di Budapest. Quel grandioso consesso colpì molto l’allora sostituto presso la Segreteria di Stato, che da Budapest scrisse ai familiari: «Ieri sera meravigliosa processione sul Danubio durata fin verso la mezzanotte, in mezzo a fantastica miriade di luci e di canti, e a una folla raccolta e tranquilla». Al rientro in Italia, Montini portò con sé e trattenne tra le sue carte personali, insieme alle fotografie che lo ritraevano nella delegazione pontificia, pure i vari opuscoli e programmi dettagliati delle diverse giornate in cui si snodò l’evento internazionale.
Ma fu soprattutto durante il periodo dell’episcopato milanese che Montini si prodigò instancabilmente per diffondere il culto dell’Eucaristia, intervenendo alle numerose manifestazioni eucaristiche alle quali era chiamato, anche in altre diocesi. Fu lui infatti a concludere con un solenne pontificale, nell’ottobre del 1956, l’Anno eucaristico pavese indetto dal vescovo di Pavia, e volle presenziare anche al Convegno eucaristico il 20 settembre del 1959 a Verolanuova, il piccolo paese bresciano vicino al luogo – Verolavecchia – che aveva dato i natali a sua madre. Proprio la solenne processione del Corpus Domini, il 13 giugno 1963, fu l’ultimo momento pubblico vissuto dall’arcivescovo di Milano, che salutò la città con la benedizione eucaristica, prima di partire per il Conclave che il 21 giugno lo avrebbe eletto Papa.Il 17 maggio del 1957 Montini si era recato ad Ancona per partecipare all’VIII Congresso eucaristico regionale marchigiano. Invitato sin dal gennaio precedente dal vescovo del capoluogo adriatico, il futuro Papa scelse personalmente l’argomento della relazione con la quale avrebbe dovuto inaugurare il Congresso, proponendo una sua riflessione su “Eucaristia e mondo moderno”. Il testo dell’intervento autografo pronunciato ad Ancona, seppur poco conosciuto, ci appare molto rilevante ed emblematico di quella costante ansia evangelizzatrice che animò Giovanni Battista Montini in ogni istante della sua vita. Il rapporto col mondo moderno, che Paolo VI cercherà senza sosta di stabilire negli anni del suo pontificato, sembra trovare, nel discorso di Ancona alcune tra le sue più importanti e ineludibili premesse. «Come può il mondo moderno interessarsi dell’Eucaristia?» si chiedeva Montini introducendo la sua meditazione e interrogandosi sul senso stesso che assume l’esaltazione dell’Eucaristia, «quale si ha in un congresso eucaristico», di fronte allo sguardo attonito dello spettatore che, «tutto assorto nei suoi affari, (...) nulla sa, nulla comprende, nulla riesce a trovare in quel vivente simbolo adorato che abbia relazione con i suoi pensieri, i suoi desideri, i suoi sentimenti». Di fronte a una società che sempre più sembra pervasa da un pensiero «rigorosamente razionalista» e pronto a valutare tutto «con metro scientifico e matematico», l’Eucaristia poteva dunque rappresentare solo «un ostacolo», discriminante nel confronto col mondo. Non riuscendo a compiere un umile atto di fede, gli uomini moderni tentano allora «di svigorirne il significato, riducendo l’Eucaristia a puro valore di simbolo», ovvero – paventava Montini – «paghi di alcuni propri concetti religiosi e morali, escludono dai loro breviari di vita spirituale tutto quanto presenti qualche difficoltà di comprensione e di obbedienza, e riducono la religione a un sentimento senza contenuto di precise verità, o a qualche elementare precetto di vita morale».
Nonostante ciò, il futuro Paolo VI poneva in evidenza quegli elementi, propri dell’Eucaristia, che potevano consentire la conoscibilità del Sacramento stesso da parte dell’umanità, determinando «un rapporto di attrazione, di simpatia, di meravigliosa complementarietà» col mondo moderno. «L’Eucaristia non è poi pane? – affermava Montini – E che cosa è più imparentato con la vita umana del pane? E il mondo moderno non sarebbe forse un grande affamato?». Montini si interrogava ancora sull’«immensa questione se la fede sia o no facile al mondo moderno», esprimendo comunque la certezza che fosse possibile stabilire una «corrente di simpatia» con esso. «Ecco – aggiungeva – il mondo moderno è estremamente intelligente: quale segreto dell’universo non ha cercato di penetrare? Quale filosofia non ha penetrato? Quale razionalità non ha cercato di esercitare? Quale esperienza spirituale non ha tentato? quale teoria non ha formulato?». Come una grande parabola, che ricadeva in ultimo nelle cose esteriori e inferiori, attardandosi in soddisfazioni soggettive, «l’escursione del pensiero umano» sembrava ormai ridotta alla sola «ricerca del cibo che perisce». Tuttavia l’arcivescovo di Milano proclamava la sua fiducia nella capacità dell’uomo di rendersi disponibile all’incontro con Cristo, anche a motivo di quello che Montini definì, in maniera singolare e insolita, l’aspetto "sociale" racchiuso nel mistero eucaristico. «Unione, solidarietà, organizzazione, responsabilità, interdipendenza, patriottismo, democrazia, socialismo e comunismo sono tutti termini che agitano nel nostro mondo uno stesso problema fondamentale, quello di unire gli uomini in modo perfetto», constatava Montini, analizzando i bisogni delle moderne società. «Si cerca l’unità degli individui e dei popoli, si cerca la pace. Si cerca una mistica umanistica per la nostra civiltà». Ma solo il corpo reale di Cristo può compiere perfettamente una simile unione delle anime, riuscendo ad adunare in ogni tempo moltitudini di genti di diverse lingue e nazionalità, raccolte in adorazione, perché il corpo eucaristico di Gesù «è per tutti, tanto uno quanto mille lo possono egualmente far proprio«; e in tal modo, solo il Corpo di Cristo giunge a compaginare quel «Corpo mistico che è la Chiesa, che siamo noi», concludeva Montini. Eucaristia e mondo moderno quindi non possono rappresentare i poli di una «irriducibile lontananza, ma due realtà che tendono a una stessa meta; o meglio una realtà, l’Eucaristia, che potrebbe essere all’altra, il mondo moderno, la meta ch’esso affannosamente ricerca e non trova».
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