La solitudine dei numeri uno. Il vento caldo dell’estate si è portato via quella polverina magica dall’effigie di Josè Mourinho. Il portoghese ha la classica mosca al naso il giorno della ripresa dei lavori al cantiere Inter che, stando alle frasi al ddt del suo capomastro, non è affatto completo, nè soddisfacente. E la sua paura è che patron Moratti, al 31 agosto, ultimo giorno di mercato, gli lasci qualche ruolo pericolosamente scoperto. Come con Obama, una mosca volteggia sulla testa del Mago di Setùbal per tutti i 60 minuti di incontro con la stampa. Gli « Zeru tituli » profetizzati la passata stagione ai suoi avversari, ora lasciano il posto agli « Zeru soldi » incassati dall’Inter. «Avevamo previsto 4 giocatori in entrata e 8 in uscita molto specifici, ma di questi solo quattro se ne sono andati: tre a parametro zero (Crespo, Cruz e Figo a fine carriera) e Jimenez in prestito al West Ham. Però, alla società, avendo incassato zero soldi, non posso chiedere niente...». Tende la mano al suo presidente, ma anche la mosca che gli ronza intorno ha capito che a Mourinho non sono bastati i 40 milioni di euro investiti per l’acquisto di Milito e Thiago Motta per migliorare la squadra, e sottolinea: «Chi pensa che non ha bisogno di migliorare è un pirla». Dei quattro giocatori in entrata mancano ancora al suo appello «un trequartista e un difensore centrale». Siamo già al tempo dei rinfacci diretti a Marco Branca e Lele Oriali, rei di non aver saputo esaudire i suoi desideri, a partire dallo sfoltimento della rosa. «Per me 30 giocatori sono un problema e ancora più grave è dover lavorare con quelli che io non voglio più qui. Ma loro preferiscono restare piuttosto che provare una nuova sfida come ha fatto Jimenez. Io comunque non li utilizzerò nelle prossime amichevoli». Una minaccia a quei quattro «indesiderati» in esubero, (Vieira, Burdisso, Mancini e Obinna) le cui cessioni servirebbero a fare cassa e a tentare l’ultimo assalto a quelli che al momento sembrano i sogni proibiti di Mourinho: i portoghesi del Chelsea, Deco e Carvalho. Il nuovo mister dei «Blues» Carlo Ancelotti non intende lasciarli al nemico Specialone che ironizza: «In Inghilterra lo chiamano il Principe Carlo, ma io conosco solo quello del Galles...». È arrabbiato Mourinho e infastidito da quella mosca che sorvola la sua coscienza e lo stuzzica sul tasto dolente della Champions fallita. «Il Barcellona è campione d’Europa, ma al 90’ della semifinale con il Chelsea, se ricordate, era fuori. La Champions è la competizione dei dettagli, ma è anche quella della qualità e su quest’ultima non siamo allo stesso livello di 3-4 squadre. A volte i dettagli possono essere amici, ma partiamo dietro». Solitudine e delusione di chi dà l’impressione di vivere in un bosco parallelo alla Pinetina, specie quando gli chiedono lumi sul giovane Arnautovic: «Non lo conosco bene, è una scommessa della società e la devo accettare». Mourinho spiazza l’Inter, ma forse anche se stesso. Lo «Special One» era planato dalla Premier con la certezza di venire a fare il tecnico-manager all’Inter come gli aveva permesso Abramovich al Chelsea, e invece adesso rischia di trovarsi altri indesiderati in casa. A cominciare dallo juventino Pavel Nedved che il «pizzaiolo» Mino Rajola (lo stesso procuratore Ibrahimovic) sta cercando di rifilare all’Inter a tutti i costi. I 2mila tifosi accorsi alla Pinetina, il ceko non lo vogliono, fanno pace con Ibrahimovic e mostrano fieri lo striscione rivolto ai cugini milanisti: «C’è chi contesta e chi è ancora in testa». Ma è un primato da confermare e il primo a metterlo in discussione è proprio il suo maghetto Mou. «Non è la rosa dei miei sogni, ma è la realtà. Io però non faccio miracoli, non sono Harry Potter...». Lo sapevamo. Harry Potter è solo Luca Campedelli, il presidente del Chievo, uno dei pochi che fa miracoli nel nostro calcio e forse anche più speciale di don Josè.