Correva l’anno 2000 e la televisione pubblica attaccava senza pietà, con una campagna che in molti definirono violenta, l’allora capo della Chiesa cattolica inglese cardinale Murphy-O’Connor sullo scandalo degli abusi sui minori. «Il danno era enorme per la Chiesa e, quando la Bbc mi contattò perché voleva portare un gruppo di laici a vivere nel mio monastero e filmare che cosa sarebbe successo, vidi, in questa proposta, una possibilità unica di riparare l’immagine offuscata del cattolicesimo». Padre Christopher Jamison, al tempo abate di Worth Abbey, monastero benedettino del Sussex, nel sud dell’Inghilterra, fu l’unico, tra tutti i responsabili delle abbazie del Regno Unito contattati dalla Bbc, a voler correre il rischio e vinse la scommessa. Con la sua 'scialuppa' di 22 monaci, svelta e facile da manovrare, riparò il danno fatto all’istituzione della Chiesa in Gran Bretagna. I programmi
The monastery ('Il monastero') e
The big silence ('Il grande silenzio'), andati in onda tra il 2005 e il 2010, furono seguiti da milioni di telespettatori. Un successo popolare confermato anche dai suoi libri divenuti veri e propri best-seller, ancora vendutissimi e tradotti in decine di lingue:
Finding sanctuary ('Trovare rifugio'), pubblicato anche in Italia da Mondadori, e
Finding happiness ('Trovare la felicità').Il segreto del suo successo, spiega in questa intervista ad
Avvenire, sta nella vita cristiana «che contiene le verità più profonde sulla condizione umana ed è l’unica via, per quanto impegnativa, per la felicità. In questi programmi televisivi sono riuscito ad usare la
Regola di san Benedetto per far camminare i nostri ospiti verso un posto nuovo, portandoli a una vita migliore di quella che vivevano quando sono entrati nel monastero».Nelle due trasmissioni, cinque candidati hanno vissuto per 6 settimane, grazie ai monaci, una esperienza di ritiro dal mondo che ha genera vere e proprie conversioni, spesso drammatiche. Come quella di Tony, che viveva una vita fatta di «sesso, droga e rock e roll», come racconta lo stesso padre Jamison, producendo, per professione, film pornografici. «Oggi ha cambiato completamente vita e fa attività di volontariato in una parrocchia di Londra frequentando la chiesa, anche se non ha ancora chiesto di essere battezzato. Mi ricorda i cittadini romani degli
Atti degli apostoli che non riuscivano a fare il salto e a diventare cristiani», dice l’ex abate di Worth che oggi guida l’ufficio vocazioni della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles. Oppure John, antireligioso, molto ricco, con una infanzia infelicissima alle spalle, che ha aperto la Bibbia, durante il ritiro, e vi ha trovato le parole del salmo 14 («lo stolto ha detto nel suo cuore non c’è Dio») e si è messo a piangere. Oggi si è lasciato i soldi alle spalle e fa lo psicoterapeuta. «Ci siamo accorti che la vita del monastero offriva a queste persone delle verità sulla loro vita che le portava a vere conversioni personali e, in un caso, quello di Carrie, una segretaria di una agenzia di pubblicità, anche al battesimo», continua padre Jamison. «Sono rimasto solo in parte un po’ deluso perché molti hanno ricevuto tanto dalla Chiesa, ma non hanno sentito la necessità di entrarvi. Dio ha un suo piano che non sempre noi conosciamo». «La mia fortuna», racconta ancora padre Jamison, «è stata di poter collaborare con una società di produzione indipendente, 'Tiger aspects productions', che non aveva nulla a che fare con la sezione investigativa della Bbc. Si trattava di grandi professionisti che volevano davvero collaborare con noi e avrebbero fatto di tutto per poter filmare questo programma dentro un monastero. Le cose sarebbero andate ben diversamente se avessi avuto a che fare con i giornalisti. Troppo spesso puntano solo sulle debolezze delle persone rasentando la cattiveria». Nel suo volumetto
Trovare la felicità padre Jamison scrive che, negli ultimi cinquant’anni, i cristiani sono stati troppo occupati a costruire il regno di Dio, qui, sulla terra, e si comportano proprio come i non credenti. Hanno paura della morte e non coltivano la speranza nella Resurrezione. «Prima degli anni ’60 si parlava troppo di Inferno e Paradiso», spiega padre Jamison. «Oggi c’è il problema opposto. Ben pochi dei teologi si occupano delle questioni relative all’aldilà. Manca, negli ultimi cinquant’anni, una escatologia. Il problema è che ci vuole un nuovo linguaggio per parlare della morte, così come esiste oggi un nuovo linguaggio per parlare di sacramenti o di spiritualità». «Ho predicato, qualche settimana fa, al funerale di un editore famosissimo, Paul Scherer, un cattolico che ha pubblicato le firme più importanti dell’editoria inglese, come Jilly Cooper e Joanna Trollope. Ho parlato del Purgatorio, citando santa Caterina da Genova, e ho detto che la gioia del Purgatorio è inferiore soltanto alla gioia del Paradiso perché chi vi si trova sa che vedrà Dio proprio come il vincitore di una maratona soffre ma è contento di tagliare il traguardo. Erano tutti scioccati, cattolici e no, perché di questi argomenti, di solito, non si parla».