venerdì 4 gennaio 2019
Il regista documenta in un volume la mostra dedicatagli dal Museo Madre di Napoli: «Ripercorro i miei 40 anni di carriera come in un film attraverso 200 foto di scena tra cinema, teatro e opera»
Il regista Mario Martone (foto Marta Sarlo/Contrasto)

Il regista Mario Martone (foto Marta Sarlo/Contrasto)

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Avete mai visto un libro fotografico diretto come un film? Preparatevi, allora, all’ennesima sperimentazione di Mario Martone che ha montato, come fosse una pellicola ricca di colpi di scena, oltre 200 foto tratte dai suoi lavori nel volume monografico Mario Martone. 1977-2018 Museo Madre, a cura di Gianluca Riccio, (Contrasto. Pagine 256. Euro 49,00). L’opera documenta, ma è anche un progetto a se stante, la mostra che il Madre - Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli ha dedicato l’anno scorso, con il supporto della Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, ai 40 anni di lavoro del poliedrico regista partenopeo, visitata da oltre 23.000 spettatori. «Ci sono foto incastrate dentro altre, immagini molto diverse le une dalle altre in un flusso di libertà creativa. Ho spiazzato anche i grafici. Ma io vivo in un corpo a corpo con l’immagine» spiega all’Avvenire sorridendo il grande regista che coglie anche in questo volume l’occasione non tanto di celebrare la propria carriera, ma di fare del proprio prezioso archivio un momento di sperimentazione e creatività coinvolgente per il pubblico. «Questo volume è un labirinto, un grande laboratorio permanente. Ed è un qualcosa ancora diverso dalla mostra» aggiunge.

Per il Madre Martone aveva creato un filmflusso di nove ore e mezza, prodotto dalla Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee (ora entrato a far parte della collezione permanente del museo regionale campano), proiettato su 4 schermi in una installazione cinematografica. Raccolti nel volume, compaiono ora alcuni di questi scatti vitali, raggruppati per tematiche, dai bianco e nero delle prime opere di teatro collettivo negli anni 70 ad oggi, da Segni di vita del 1979 sino all’ultimo lavoro teatrale Il sindaco del Rione Sanità di Eduardo, passando dai successi cinematografici come Il giovane favoloso su Leopardi all’ultimo lavoro Capri-Revolution, in concorso alla 75ma Mostra del cinema di Venezia e in sala dal 20 dicembre. Sino ad arrivare alle grandiose immagini dell’opera, frequentatissima da Martone, dal fiammeggiante Don Giovanni di Mozart del 2012 al carnale Falstaff del 2018.

La vita, la morte, la guerra, l’amore, la storia, lo spirito sono fra i temi che legano le differenti produzioni del regista, che nel volume diventano altro. «Si tratta di un viaggio nell’umano, come sono tutti i miei lavori – aggiunge Martone –. Un viaggio psichico, sociale, storico, politico nel senso della polis e del teatro greco che tanto amo. Cerco di far capire ai pubblici diversi che mi seguono, come vi siano continui rimandi nel mio modo di fare cinema, teatro e opera lirica». E così il rosso fuoco dell’abito di una intensa Anna Bonaiuto nel film L’amore molesto del 1995 richiama i sanguigni velluti delle quinte de La morte di Danton del 2016. E i blu e rossi saturi a tutta pagina dei giovani utopisti della Capri inizio Novecento contrastano con la perfezione del bianco classico dei duellanti di Ritorno ad Alphaville del 1986. Sino a chiudere il libro con afflato spirituale, partendo da I dieci comandamenti di Raffaele Viviani del 2000 ai crocefissi in scena di Cavalleria rusticana del 2011 e Sancta Susanna del 2016.

Il pubblico è al centro nei pensieri di Martone, che ha sempre lavorato per una sua partecipazione attiva, «sin da quando lavoravo nello spazio teatrale come luogo assembleare negli anni 70. Sento questo spirito di osare. Il flusso artistico esiste solo e soltanto nella dialettica col pubblico». A fornire gli strumenti per comprendere la carriera di uno dei registi italiani più importanti e poliedrici sono i contributi di Laura Valente e Andrea Viliani, rispettivamente presidente e direttore generale della Fondazione Donnaregina, e i saggi approfonditi e snelli degli studiosi Gianluca Riccio, Emiliano Morreale, Gianfranco Capitta e Massimo Fusillo. Assai utile per capire lo snodo temporale e le sovrapposizioni fra i vari campi d’azione dei lavori di Martone è la fruibile cronologia delle opere a cura di Ama d’Adamo che contiene numerose citazioni del regista. Anche se basta la prima, tratta dal libretto di sala di Avventure al di là di Tule , scritto e diretto nel 1977 da un diciassettenne Mario Martone, a segnare il percorso di una vita. «Questo studio – scriveva il regista – non ha tempo, né ordine, né successione che non sia quello che gli attribuisce chi lo vive».

E proprio lo stesso Martone ragazzino appare in uno sfumato bianco e nero di quello spettacolo, in cui scrive una lettera a lume di candela, e si rispecchia nei suoi alter ego in pose simili: il rivoluzionario risorgimentale Luigi Lo Cascio in prigione in Noi credevamo del 2010, il disilluso Carlo Cecchi in Morte di un matematico napoletano (1992), il febbricitante giovane favoloso Giacomo Leopardi, cui nel 2014 presta il volto un eccezionale Elio Germano, intento a comporre poesie. Determinante è il contributo degli splendidi scatti, dinamici, plastici e movimentati al tempo stesso, dei tanti importanti fotografi che hanno immortalato, con stili assai diversi fra loro, il lavoro di Martone fuori e dentro la scena.

La maggior parte delle immagini appartengono ai collaboratori storici del regista, Cesare Accetta, che ha testimoniato tutta la carriera di Martone fino al 2000, e Mario Spada, attuale collaboratore nei grandi successi di cinema e teatro. Fra i tanti nomi di prestigio, inoltre, i fotografi più assidui sono Monica Biancardi, Alessio Bulgari, Alberto Novelli, Simona Cagnasso, con il cameo di alcune star come Ferdinando Scianna e Tommaso Le Pera. Ma il regista non si ferma. Dopo il successo dell’Andrea Chénier di Umberto Giordano, che inaugurò il 7 dicembre scaligero nel 2017, Martone ritornerà dal 27 febbraio alla Scala con la sua sesta opera per il Piermarini, la Kovancina di Musorgskij. «Nel frattempo sto montando Il sindaco del Rione Sanità, ho fatto un nuovo film dallo spettacolo teatrale di Eduardo De Filippo che ho portato in scena – ci anticipa –. Un lavoro particolare dove cinema e teatro giocano insieme, ma non posso dire di più» sorride sornione. La sperimentazione, insomma, continua.

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