Michele Maccagno in "SdisdOrè" di Giovanni Testori - Foto Luigi Guaineri
Dopo essere stato applaudito da 5000 spettatori all'ultimo Meeting di Rimini, l'attore Michele Maccagno porta in scena Sdisorè, spettacolo tratto dall’omonima opera di Giovanni Testori, di cui quest’anno si celebrano i 100 anni dalla nascita anche a Milano, dal 25 al 28 settembre alla rassegna Chiostri Suite del Teatro Fontana. La tournée poi prosegue toccando anche Forlì il 25 novembre.
Il monologo, che vede la regia di Gigi Dall’Aglio, recentemente scomparso, è accompagnato dalle musiche composte ed eseguite dal vivo da Emanuele Nidi ed è una produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, vincitrice del Premio Enriquez 2017.
L’autore parte dalla propria identità, dalla propria storia, di cui Milano è sempre stata il centro, per creare commistioni con diversi generi e suoni e porta alla luce una nuova lingua e nuove sonorità, derivate da un dialetto che non si usa più, ma che assorbe i francesismi e i modi di dire che ci rimandano ad un ascolto diverso, profondo, di attesa. SdisOre’ ripercorre la strada della riscrittura delle grandi tragedie, già sperimentata da Testori con Ambleto, Macbetto e Edipus. L’Orestea di Eschilo diventa materia plasmabile da reinventare radicalmente, per affidare ad un narratore monologante il tormento di Oreste, le voci e i corpi di Clitennestra, di Egisto e di Elettra. Maccagno dà qui prova di grande versatilità in un dramma incentrato alla fine sul concetto di perdono. Un fuoco d'artificio di parole e immagini, dove amore, tradimento, potere e vendetta si reimpastano con una forza che li porta ai giorni nostri, mostrando ancora una volta non solo l'attualità, ma la preveggenza di Testori.
Centro del testo è la parola incarnata che genera ogni volta una lingua nuova, dove il dialetto lombardo è solo il polo d'attrazione al quale si legano lingue vive e inventate (francese, spagnolo, inglese, latino). Un solo attore in scena dà vita a tutti i personaggi ma continua a fermarsi per far emergere la sua storia, perché solo partendo dalla nostra identità si può far emergere quella altrui. Oreste torna a casa per vendicare il padre Agamennone, ucciso da Clitennestra e dal suo nuovo "ganzo", Egisto, che ora ne usurpa il trono. Accompagnato dall'amico Pilade, trova ad attenderlo alla tomba di Agamennone la sorella Elettra. Ancora una volta Testori sposta il contesto della tragedia: dalla reggia degli atridi siamo calati nel cuore della provincia Milanese, suo amato paesaggio natale. Da qui discende una tragedia “un po' da stalla” - come lo definì lo stesso autore - molto cruenta, ma anche divertente e comica per l'espressività del linguaggio.
"A me fa molto piacere essere una parte delle celebrazioni del centenario di Testorii che penso sia lo scrittore italiano più grande del Novecento - spiega Michele Maccagno ad Avvenire - Che vada celebrato è fondamentale. Il suo tipo di teatro, nel suo linguaggio così strano, contorto e innovativo, è un teatro, come diceva Carmelo Bene, che ferisce, non riferisce. E' una cosa che resta nel cuore degli spettatori".