martedì 15 dicembre 2015
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«La luce artificiale, soprattutto quella sprecata, ci sta rubando le stelle». Lo dice Alberto Cora, astronomo, responsabile Didattica e divulgazione dell’Osservatorio astrofisico Inaf di Pino Torinese, membro dell’Unione astronomica internazionale. E non è l’unico, perché questo è un allarme che da tempo lanciano gli astronomi di tutto il pianeta. Proprio l’osservatorio torinese, assieme a diversi enti e istituzioni, ha organizzato un convegno che si è tenuto nei giorni scorsi a Torino dal titolo significativo: «Meno luce, più stelle». Un evento collegato all’iniziativa del “M’illumino di meno”, dedicata al risparmio e all’uso coerente di energia elettrica. Un modo per sensibilizzare il tema anche in Italia: il nostro stivale, visto dallo spazio, con gli scatti degli astronauti, appare sempre come una delle aree maggiormente illuminate. Un’iniziativa che, pertanto, avviene proprio nel 2015, Anno internazionale della Luce, avviato dall’Unesco. Alberto Cora, quindi la luce, per voi astronomi, è un vero nemico? «La luce artificiale, quella dei grandi centri abitati, lo è di sicuro, perché offusca l’osservazione del cielo stellato. In passato non era così, basti pensare che l’Osservatorio di Torino, prima del 1912, si trovava in pieno centro cittadino. Ora si trova sulla collina, a Pino Torinese, ma ormai le luci sono arrivate anche quassù. Un percorso che ha riguardato anche altre città italiane». Come potete svolgere allora al meglio le vostre osservazioni? «Il cielo è comunque osservabile e scrutabile grazie ai potenti strumenti di cui disponiamo. Ma per addentrarci in detta- glio nella nostra galassia, o anche oltre, ci si trasferisce presso gli osservatori costruiti in zone davvero buie del pianeta. Come, ad esempio, all’European Space Observatory di La Silla, nel deserto dell’Atacama. E ve ne sono diversi altri, in zone assai poco illuminate». Quale può essere un metodo per migliorare il problema dell’inquinamento luminoso per l’astronomia? «Diminuire le zone illuminate laddove non è necessario. Il vantaggio è un maggiore risparmio energetico, e poi, al di là delle ricerche scientifiche, può essere un modo per far sì che tutti, a cominciare dai ragazzi, ricomincino a guardare alla volta stellata. È incredibile ma l’uomo, studia il cielo da oltre 20000 anni, lo testimoniano i ritrovamenti nella caverna di Lascaux dove vi è la prima rappresentazione di una costellazione fatta nel paleolitico. Purtroppo negli ultimi cent’anni, soprattutto a causa dell’inquinamento luminoso, l’uomo ha perso il contatto con il cielo». Quindi guardare e osservare il cielo anche per una maggiore comprensione del punto dell’universo in cui ci troviamo? Le faccio un esempio. Nel 1994, subito dopo il forte sisma che colpì Los Angeles, la città e zone limitrofe restarono al buio per un blackout totale. Migliaia di persone telefonarono presso enti pubblici e giornali per sapere cos’era quella scia lattiginosa che vedevano nel cielo ricoperto di stelle. Era la Via Lattea. Ma non lo sapevano». Quali sono stati i temi del convegno di Torino? «Abbiamo fatto il punto sulle ricerche, sull’inquinamento luminoso, e inviato a sindaci e amministratori di enti pubblici una richiesta per utilizzare meno luce artificiale, e soprattutto di non sprecarla. In Francia, ad esempio, da tempo molte fonti di illuminazione vengono spente tra l’una e le 5 del mattino. Risultato: maggiore risparmio energetico, con gli astrofisici in grado di svolgere meglio il loro lavoro, e con i giovani che possono vedere il cielo stellato». Che quindi si vede sempre meno... «In città come Torino, o Milano, anche nelle notti serene, di stelle se ne contano una cinquantina. Se ne dovrebbero vedere, a occhio nudo, circa 3000». C’è un’iniziativa particolare degli astronomi, a livello internazionale? «L’Unione astronomica internazionale, di recente, su spinta del neosegretario nazionale, Piero Benvenuti e in concomitanza con l’evento “M’illumino di meno”, ha promosso una semplice esperienza per misurare l’inquinamento luminoso. Si tratta di contare quante stelle dell’Orsa minore sono visibili nei nostri cieli notturni e comunicare queste informazioni ad un sito di raccolta dati (http://iyl2015.inaf.it). L’Orsa minore, anche nota con il nome di Piccolo carro, è una delle costellazioni più facilmente riconoscibili dai nostri cieli… ma probabilmente l’osservatore si troverà in difficoltà a identificarla e a contare più di 3 stelle, proprio a causa dell’inquinamento luminoso». Insomma, dobbiamo riprenderci il cielo... «Dobbiamo farlo perché il cielo e le stelle sono di tutti. Anche per sfatare alcune credenze e superstizioni. Un esempio? Di recente gli astrologi hanno parlato del transito di Saturno nel segno del Sagittario, se la gente avrà occasione, quest’estate, di osservare Saturno, lo scoprirà, inquinamento luminoso permettendo, nella costellazione dello Scorpione! Infatti a causa della precessione degli equinozi i segni zodiacali sono tutti sfalsati rispetto alle costellazioni astronomiche. Tutto è spiegabile. Basta guardare e osservare il cielo con gli occhi giusti. E con pochissima luce artificiale...».
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