La radio italiana compie novant’anni. Alle ore 21 di lunedì 6 ottobre 1924, infatti, dallo studio di Palazzo Corradi in via Maria Cristina, 5 a Roma, la violinista Ines Viviani Donarelli annunciava tra i fruscii il concerto inaugurale della prima stazione radiofonica del nostro Paese: e partirono le note del
Quartetto op. 7 di Haydn. In quell’occasione furono circa trentamila gli ascoltatori davanti all’apparecchio. Nei mesi successivi il collegamento iniziò alle 20.30 e durava due ore; il primo rudimentale palinsesto era costituito da bollettini meteorologici, musica classica e notizie di Borsa. Dopo solo tre mesi gli abbonati erano già quindicimila. A dar vita al servizio pubblico delle “radioaudizioni circolari”, come si chiamavano allora, era stata una società privata, l’Uri (Unione Radiofonica Italiana): la “nonna” della Rai e la “mamma” dell’Eiar, la radio simbolo dell’era fascista nata nel 1927, diventata statale e controllata di una commissione parlamentare. A raccontarci le intricate vicende che hanno portato alla nascita dell’Uri è Renato Nunziata, il giornalista di RadioUno che sull’argomento ha compiuto un’approfondita ricerca che ricostruisce, anche attraverso documenti inediti, la prima “guerra dell’etere” d’Italia. «La società concessionaria si costituì su iniziativa del ministro delle Poste e telecomunicazioni, Costanzo Ciano (padre di Galeazzo), e fu il frutto della fusione dei principali operatori dell’epoca», ricorda il giornalista, la cui meticolosa ricerca sarà oggetto di un libro edito dalla Nuova Eri. Alla gestione del servizio pubblico attraverso l’Uri concorsero la Sirac (Società Italiana Radio Audizioni Circolari), rappresentante in Italia dell’americana Rca di cui deteneva i brevetti (e che provvedeva anche alla costruzione degli apparecchi riceventi, essenziali allo sviluppo del nuovo sistema di comunicazione), la RadioAraldo di Luigi Ranieri e la Radiofono di Guglielmo Marconi, il quale già da due anni si muoveva per ottenere dal governo Mussolini la concessione per la gestione in esclusiva della radiotelegrafia in Italia. Tra le tre concorrenti, la RadioAraldo era senz’altro la più “attrezzata” grazie anche all’aiuto dell’americana Western Electric che, fiutando l’affare, mise a disposizione della società un trasmettitore in grado di coprire tutta la zona di Roma e provincia. Con le elezioni indette da Mussolini il 6 aprile del 1924, però, lo scienziato bolognese, forte dell’appoggio di Costanzo Ciano, ebbe la possibilità di rientrare in gioco: si decise infatti di far sentire la voce del Duce all’Italia intera dando la possibilità sia a RadioAraldo sia a Radiofono di propagare via etere, ognuna per proprio conto, il discorso di Mussolini al Teatro Costanzi di Roma. Ma per il gruppo di Marconi, che montò in tutta fretta un trasmettitore in alcuni locali della Marina Militare a Centocelle, i risultati furono disastrosi. «Da quel momento scoppiò la guerra delle onde – commenta Nunziata – al termine della quale la storia ci ha consegnato l’unione fra le diverse società da cui è nata la Uri, ma con un brivido nel finale: RadioAraldo, a un passo dall’ingresso nella società, dovette rinunciare, non avendo la possibilità di partecipare finanziariamente». E dunque l’Uri nasce con l’accordo tra la Sirac e la Radiofono il 27 agosto 1924, con capitale di sei milioni di lire.Ma chi furono i pionieri della neonata radio italiana? La prima voce fu quella di Maria Luisa Boncompagni, una specie di factotum della sede di via Maria Cristina: era annunciatrice, impiegata, dattilografa, presentatrice e, come disse lei stessa in una testimonianza registrata a futura memoria, qualche volta anche donna delle pulizie nel piccolo studio di trasmissione a due passi dal Quirinale. Con “nonno radio”, il professor Cesare Ferri, conduceva nel pomeriggio una seguitissima trasmissione per bambini. «Oltre a loro animavano la stazione radiofonica artisti, fini dicitori, operatori dell’informazione – conclude Nunziata – fra cui i fratelli Arturo ed Enrico Durantini, giornalisti e primi lettori al microfono, che salivano lo scalone di via Maria Cristina nei primi giorni del 1925». Al seguito di Enrico il figlio Pietro, che oggi – a 95 anni – ricorda ancora nitidamente quell’esperienza. Presidente dell’Uri, per otto anni fino alla morte nel 1934, fu l’ex direttore della Fiat, il torinese Enrico Marchesi. Nel 1925 nacque anche, nella sede dell’Uri, il settimanale
Radiorario, organo ufficiale dell’ente – antenato del
Radio Corriere Tv – per «di fornire i programmi delle Stazioni Italiane e delle Stazioni Europee trasmettitrici di radio diffusioni circolari, che possono essere udite in Italia».