Ci vuole naso per certe storie. Figurarsi per la storia del più sottovalutato, a quanto pare, dei cinque sensi: l’olfatto. È paradossale perché oggi il profumo personale potrebbe addirittura mandare in pensione carta d’identità e passaporti. Un gruppo di ricercatori dell’Universidad Politécnica di Madrid sta infatti lavorando a una carta di riconoscimento che oltre alle impronte digitali, all’iride e all’identificazione facciale contempli anche la propria firma odorosa. Eppure sin dall’antichità ha pesato la diffidenza dei filosofi verso l’olfatto. Aristotele lo bollava come il più mediocre di tutti i sensi. E in epoca moderna gli illuministi e lo stesso Charles Darwin hanno avallato l’idea di un organo di serie B, un residuo dei nostri antenati preistorici. Peccato però che generazioni di poeti e scrittori, da Proust e le sue madeleine a Süskind e il suo celebre romanzo Il profumo, abbiano invece versato fiumi di inchiostro sul potere degli odori. Alla stessa Cleopatra il naso, lungo o corto che fosse, non ha tolto quel fascino irresistibile che la storia tramanda. E Cyrano de Bergerac con la sua nobiltà d’animo ha lasciato il segno nonostante lui stesso si vergognasse per la sua ingombrante protuberanza nasale. Di fatto però soltanto negli ultimi anni psicologi e scienziati hanno riscoperto «la dignità di un organo che appare comico per la mentalità moderna», per dirla alla Chesterton. «È vero – ammette
Alberto Oliverio, docente di psicobiologia alla Sapienza di Roma – l’olfatto è sempre stato considerato la 'Cenerentola dei cinque sensi' e soltanto oggi c’è una certa rivalutazione. Ha influito forse anche la minore capacità olfattiva dell’uomo rispetto agli animali che ha portato i ricercatori ad occuparsi di capacità sensoriali ritenute più rilevanti ed 'evolute'. Ho conosciuto personalmente un grande neurofisiologo, Yngve Zotterman (1898-1982), che veniva considerato bizzarro soltanto perché si dedicava all’olfatto, studio che molti ritenevano secondario. In realtà l’anosmia, la perdita della capacità di percepire gli odori toglie colore alla vita, perché l’olfatto è legato anche al cibo o alla sensualità. Attraverso questo organo non solo percepiamo i profumi e gli odori, ma evochiamo ricordi ed emozioni, stimoliamo la nostra immaginazione e persino i nostri sogni, ci apriamo o meno ai rapporti interpersonali. Ha una funzione decisiva nell’attrazione e nella relazioni». A naso, quindi, un contributo tutt’altro che modesto: «Stiamo parlando – prosegue Oliverio – di uno dei primi sensi che si sviluppa dopo l’udito nel feto. Riconoscere odori pericolosi fa parte del nostro backup genetico: anche un bambino riesce a riconoscere subito un latte acido senza bisogno di assaggiarlo. La memoria della specie ha saggiamente selezionato dei meccanismi attraverso cui rifuggiamo da odori negativi, acidi o cose marce. Poi sviluppiamo memoria per alcuni odori che ci accompagnano dall’infanzia come scriveva Proust… Solo di recente la scienza ha 'fiutato' il potenziale di questo senso al punto che si fa strada l’olfattoterapia: «È un settore che soprattutto in Italia è ancora poco sviluppato – conclude Oliverio –. Però tramite gli odori si può incidere nella stimolazione del sistema nervoso quando nella vecchiaia perde colpi o nel caso di anesmie da traumi cranici. Un grande sviluppo stanno avendo le cellule olfattive nell’ambito della medicina rigenerativa. Prelevando le cellule staminali da quelle del bulbo olfattivo del paziente stesso si potrebbero avere nuove terapie. Così come sono sempre più frequenti gli studi sui geni che strutturano la nostra identità olfattiva». Che invece l’olfatto riveli qualcosa della nostra identità lo dicono anche le Scritture. Come spiega la biblista
Antonella Anghinoni : «Tantissime pagine del testo biblico sono 'profumate'. Il termine ebraico reach richiama ruach lo Spirito, quindi già alla radice il profumo ha in sé qualcosa di divino. Non a caso compare nel Cantico dei Cantici, un libro che non si può comprendere senza far riferimento agli odori. Questo testo comincia subito con un altro termine illuminante: 'Profumo (shemen) olezzante è il tuo nome'. Shemen evoca la parola shem che significa nome. A riprova che ognuno di noi ha un odore diverso, il profumo svela l’identità specifica di ogni uomo e di ogni donna. L’olfatto è il senso più interno all’uomo e nella tradizione rabbinica è l’unico senso non intaccato dal peccato: tutti i sensi ti possono ingannare, il profumo no». Un senso 'divino' di nome e di fatto: «La Genesi dice dopo il diluvio universale Noè fa un sacrificio e volute di profumo salgono al Signore che ne odorò la soave fragranza. Sembra che Dio abbia un naso e che gli piaccia esercitare anche l’olfatto entrando nel gioco delle realtà umane. E nell’Esodo Dio dà a Mosè una ricetta per un profumo tutto per sé quando l’uomo entra in contatto con lui. Pensiamo ancora oggi all’uso dell’incenso». «È infatti significativo – sostiene lo psicoterapeuta
Claudio Risé – che quasi tutte le culture religiose accompagnino ancora oggi i propri riti con incensi o altre fragranze. I popoli tradizionali gli riconoscono ancora qualità potenti: per i Boroboro del Brasile (come per Ippocrate) l’odore del corpo esprime la forza vitale di una persona. Ma dall’Illuminismo in poi l’olfatto ha perso prestigio, in quanto legato all’istinto e all’emozione, piuttosto che alla razionalità. E oggi il profumo industriale, dettato dalle mode, ha sostituito quello naturale». La 'lotta all’olfatto' è parte di un processo più ampio che Risé ha affrontato in un pungente pamphlet Guarda, tocca, vivi. Riscoprire i sensi per essere felici (Sperling & Kupfer): «Io trovo che nella gran parte dei malesseri di oggi ci sia una grande distanza dal proprio corpo e dai propri sensi che diventa distanza dalle persone umane, ma anche dal creato. E uno dei sensi più colpiti è l’olfatto, fondamentale per l’orientamento e strettamente legato alla vita, alla sua conservazione, al piacere e alla riproduzione. Una prova è il diffondersi delle allergie che si sviluppano per l’assoluta disabitudine al dato naturale». E poi, «distogliendo il naso dalla pelle della persona amata, per attirarlo invece nei musei olfattivi (si moltiplicano quelli del profumo), genera un’inquietudine sensoriale che potrebbe non essere estranea all’abitudine di 'tirare' dal naso qualsiasi sostanza. Le droghe sono infatti la sostituzione del rapporto del corpo e della psiche con la ricchezza degli elementi naturali. Non a caso il recupero più efficace dalla droga è quello che rimette la persona al contatto con la materialità dei corpi e della natura. La grandezza dell’olfatto è proprio ciò che spaventa i benpensanti: la sua capacità di reagire agli odori senza chiedersi il perché in base a un sapere istintivo e per nulla intellettuale».