venerdì 9 maggio 2014
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Quasi un ritorno nella patria sognata d’Italia, l’arte dei Preraffaelliti arriva a Torino con una mostra catturata "al volo" mentre da Tokyo, al termine di un tour che aveva toccato anche Washington e Mosca, ritornava a Londra. Dove era partita dalla Tate (luogo di provenienza di tutte le opere) nel 2012 col titolo "Victorian Avant-Garde", ossia Avanguardia vittoriana, più intrigante dell’italiano "Utopia della bellezza". Sono molti gli aspetti che avvicinano la Confraternita fondata nel 1848 da un gruppo di artisti e poeti, tra cui Dante Gabriel Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt a cui si unì Edward Burne-Jones, al fenomeno delle avanguardie storiche di una sessantina di anni dopo. Come il rifiuto delle convenzioni accademiche, con una reinterpretazione dei generi, a partire da quello storico, attraverso uno stile realista unito all’opzione per "colori stridenti" (Gombrich). Una pittura sfacciata per l’Inghilterra vittoriana e che infatti raccolse più di uno scandalo. Avanguardista è anche la contraddizione di un’arte antiborghese che pure nella borghesia ha il principale mercato. Avanguardista infine anche la critica aperta nei confronti della società, a partire dalla condizione femminile. Ma se le avanguardie storiche cavalcheranno le sorti progressive dell’uomo-macchina, i Preraffaelliti inseriscono il proprio impegno riformista nella polemica contro una rivoluzione industriale che degrada e mercifica i rapporti umani. Attiguo, e in parte sovrapposto, alla Confraternita è infatti il movimento delle Arts and Crafts di William Morris. Un approccio morale, forte anche del precedente di Hogarth, che fonde istanze socialiste alle dinamiche interne di un anglicanesimo che si sta sganciando dal formalismo tradizionalista (interessante che su alcuni di loro siano piovute accuse di criptocattolicesimo). Ed è proprio il sacro uno degli elementi portanti del recupero del Medioevo, centrale, fin nel nome, per i Preraffaelliti. Un Medioevo inteso in senso ampio, oggi diremmo premoderno, che va dalle miniature a Botticelli, alla pittura di Fiandra. Un recupero che al sacro unisce senza imbarazzi l’eros, come nell’amor cortese del ciclo arturiano o nei racconti di Chaucer.La mostra, a cura di Alison Smith (catalogo, lussuoso, 24 Ore Cultura; pleonastico il divertissement di Luca Beatrice sul legame tra Preraffaelliti e il movimento dark degli anni ’80), scompone il fenomeno preraffaellita in sette temi: la storia (anche in senso letterario, con Shakespeare come bacino d’elezione), la religione, il paesaggio, la vita moderna, la poesia, la bellezza, il simbolismo. Un percorso che poggia, finalmente, su capolavori. A partire dall’iconica Ofelia di Millais al Risveglio di coscienza di Hunt, alla Vespertina Quies di Burne-Jones, tanto pre-primitivista quanto la Proserpina di Dante Gabriel Rossetti è già art nouveau. Opere epocali come Ecce Ancilla Domini! di Rossetti e Cristo in casa dei genitori di Millais sono ancora oggi un modello di elaborazione di un’arte sacra "contemporanea" e non a caso contestate all’epoca. Chiude la Beata Beatrix, culmine allucinato dell’indentificazione tra Rossetti e padre Dante, che in quegli occhi chiusi apre una nuova, e forse ancora inconclusa, stagione.
 
Torino, Palazzo Chiablese
Preraffaelliti
L’utopia della bellezza
Fino al 13 luglio
 
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