Bernardo Bellotto, “Capriccio romano con il Colosseo” - archivio
Nel 1892 la casa editrice Hoepli pubblicava un volume dal titolo I migliori libri italiani, consigliati da cento illustri contemporanei. Era stato chiesto a cento personalità del mondo della letteratura e della cultura italiana del tempo (da Capuana a Fogazzaro, da Carducci a Lombroso) di indicare i libri che erano stati decisivi per la propria formazione e che venivano ritenuti adatti per la formazione dei giovani. Tra gli autori delle opere indicate figurano (in ordine numerico di preferenze ottenute) Manzoni, Alfieri, Machiavelli, Dante, D’Azeglio, Pellico, Leopardi, Foscolo, Galilei, Parini, De Amicis, Ariosto, Goldoni, Petrarca, Tasso, Cellini. Tutti nomi ancora oggi noti alle persone colte. Subito dopo Parini, si collocano, a pari merito con 17 preferenze, De Amicis e Stoppani. Ma se il primo è tutt’oggi universalmente noto quale autore del libro Cuore (magari non più letto come un tempo, ma non ancora dimenticato), il secondo con molta probabilità è sconosciuto anche a molti laureati in Lettere. Eppure Antonio Stoppani era l’autore di un autentico best-seller dell’Italia unita, Il Bel Paese.
Non è un caso che Carlo Maria Ossola abbia aperto con quest’opera il volume Libri d’Italia (1861-2011), che nel 2011, in concomitanza con il centocinquantesimo anniversario dell’Unità, ha inaugurato la nuova serie della collana di storia e testi della letteratura italiana della casa editrice Ricciardi (confluita nell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani). Nell’introdurre quel lavoro, Ossola indicava nel Bel Paese di Stoppani un testo «che è tra i massimi esempi di divulgazione scientifica in Italia, e che tanto contribuì alla conoscenza, da parte degli italiani, del loro Paese».
Ora Il Bel Paese esce in una nuova edizione, curata e commentata da Walter Barberis, nei Millenni Einaudi (pagine 602, euro 85,00). Il titolo completo dell’opera, la cui prima edizione data al 1876 (Milano, Galli e Omodei), è Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia.
Antonio Stoppani, nato a Lecco nel 1824, fu una singolare figura di prete (spesso ci si riferisce a lui come all’«abate Stoppani», secondo l’abitudine del tempo: «abate» in base all’uso estensivo, per influsso francese, del titolo onorifico conferito a semplici sacerdoti), scienziato, patriota e scrittore. In prima linea nelle Cinque giornate di Milano del '48 (combatte sulle barricate di Porta Venezia) e per questo poi inviso alla reazione austriaca, fu professore in seminario e bibliotecario all’Ambrosiana. Nel 1861 gli viene assegnata dall’Università di Pavia la cattedra di Geologia, disciplina che in seguito insegnerà a Milano e a Firenze.
Vicino alle idee liberali-moderate di Rosmini, si scontra con l’impossibilità pratica di conciliare liberalismo e cattolicesimo. Provetto alpinista, fu, tra l’altro, il primo presidente del Club Alpino Italiano. Nell’ambito della produzione letteraria, fu autore di un manuale di geologia che rappresenta la prima opera sistematica italiana sulla materia, di versi (Asteroidi, 1879) e di un saggio su Manzoni ( I primi anni di Alessandro Manzoni, 1874). Muore a Milano nel 1891.
Ma la sua opera più celebre è senz’altro Il Bel Paese. Il libro consiste in una serie di conversazioni sulle bellezze naturali e sulla geografia dello Stivale. La finzione narrativa è poco più che un pretesto per l’esposizione di contenuti ricchi di date e informazioni: uno zio viene interrogato dai nipotini, che gli chiedono di raccontare i luoghi che ha visitato. In questo modo, tra domande e risposte, trascorrono alcune serate. Da Belluno ad Agordo, dal Passo dello Zebrù al Salto del Toce, dal Vesuvio all’Etna, il narratore conduce i suoi curiosi ascoltatori alla conoscenza non solo di luoghi notevoli, ma anche di fenomeni naturali come il mare, la sua fosforescenza, le tempeste, i pozzi di petrolio, i vulcani di fango, le fontane ardenti, i gas infiammabili, il letargo degli animali, le migrazioni degli uccelli, la vita dei pipistrelli. Da sacerdote, Stoppani non manca di prestare attenzione ai fenomeni religiosi: come la devozione popolare descritta nelle pagine dedicate al Santuario della Santa Casa di Loreto.
Il Bel Paese, scritto in un italiano che risentiva del modello manzoniano ma che insieme lo aggiornava, trovò subito un’ampia diffusione come libro di testo nelle scuole. Anche perché l’autore aveva saputo evitare il rischio dell’aridità della parte più propriamente di divulgazione scientifica bilanciandola con momenti lirici, nel senso di ammirazione per gli spettacoli della natura. Ciò non toglie che Stoppani indichi nella verità della scienza una base fondamentale per la costruzione dell’Italia e degli italiani: « Mentre l’autore ha studiato di dare al suo libro una forma, quanto gli fosse possibile, facile ed attraente, non ha creduto che, per raggiungere lo scopo, gli fosse permesso di scostarsi nemmeno d’una linea dalla verità. Egli ha inteso di scrivere un libro strettamente scientifico, cioè rigorosamente vero ». Vero e non verosimile: in questo differenziandosi dal suo maestro Manzoni.