lunedì 9 ottobre 2023
D'incredibile attualità lo spettacolo di apertura del Festival delle Colline Torinesi, "Come gli uccelli" di Wajdi Mouawad, storia d'amore contrastato fra un ebreo e un'araba
"Come gli uccelli - Birds" al Festival delle Colline Torinesi

"Come gli uccelli - Birds" al Festival delle Colline Torinesi - Foto di Giuseppe Disfetano

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Il Festival delle Colline Torinesi - Torino Creazione Contemporanea torna dal 14 ottobre al 5 novembre 2023, con un’anteprima il 10 ottobre. La storica rassegna teatrale, sempre organizzata dalla TPE - Teatro Astra, propone un’edizione di ampio respiro che può contare su 5 prime, 6 produzioni, 16 spettacoli, 26 giorni di programmazione e 41 recite.

Il 10 ottobre andrà in scena Come gli uccelli del Mulino di Amleto, anteprima del Festival e della stagione TPE nell’ambito del Libano paese ospite. Il capolavoro di Wajdi Mouawad, tradotto in italiano per la prima assoluta diretta da Marco Lorenzi, racconta la storia d’amore tra Eitan, giovane di origine israeliana, e Wahida, ragazza di origine araba, in una realtà storica fatta di conflitti, dolore, odi, attentati. Uno spettacolo di incredibile attualità che aiuterà a capire le ragioni del conflitto, portando un messaggio di pace.

La produzione è in linea con il tema del festival, Confini-sconfinamenti. Fa riferimento al confine geografico, che viene superato in caso di migrazione, di fuga dal proprio paese. Esuli, profughi, migranti, rifugiati, espatriati, sono termini che vengono spesso adoperati per identificare persone che hanno lasciato il loro paese d’origine, varcato uno o più confini, a seguito di guerre, calamità, persecuzioni. Dalle più antiche migrazioni fino alle drammatiche traversate del Mediterraneo, il Festival delle Colline Torinesi tocca temi fondamentali, come il dramma dei campi profughi, òle persecuzioni che spingono in tanti a fuggire dai loro paesi senza dimenticare l'Olocausto.

Il Libano è il paese ospite del Festival ’23 e Lina Majdalanie e Rabih Mroué sono i protagonisti della monografia d’artista ‘23. Lo spettacolo inaugurale Hartāqat, di Lina e Rabih, propone tre racconti di sconfinamenti. Dalla Palestina verso il Libano di Izdihar, dal Libano verso altri paesi, dalla propria obbligata identità di genere ad altra. Viene evocata anche Hannah Arendt, intellettuale ebrea, allieva di Heidegger, fuggita dalla Germania nazista alla volta di Parigi e degli USA, testimone come giornalista del processo Eichmann, autrice di un fondamentale saggio, ristampato, recentemente da Einaudi, Noi rifugiati. A completare la vetrina del “paese ospite” ci saranno ancora Lina Majdalanie e Rabih Mroué con una videoinstallazione dedicata alla fotografia alla Fondazione Merz, Second Look, sempre in prima nazionale.

La fuga verso l’Europa c’è in Blind Runner. Percorrere di corsa il tunnel della Manica per raggiungere l’Inghilterra. È il proposito di due fuggiaschi dall’Iran, marito e moglie. Lei finisce in prigione, ma i due non smettono di allenarsi. Regista: Amir Reza Koohestani, iraniano.

In La Isla di Agrupaciòn Senor Serrano e in Frankenstein (A Love Story) di Motus si narra invece una fuga immateriale dalla condizione umana. Uno sconfinamento verso il mondo dell’intelligenza artificiale, dove superare le divisioni o uno sconfinamento, magari mostruoso, quello creato dalle pagine di Mary Shelley, con il ricomporsi di parti di esseri umani. La madre dell’autrice era morta drammaticamente. Mary vuole vendicarsi sulla morte. Infine una fuga nel linguaggio dei segni c’è in Urla silenziose di Tedacà, uno spettacolo sulla falsariga della vita di un’attrice sorda, Emmanuelle Laborit, Premio Molière.

Passage, conversazione con alcuni posteri, uno spettacolo itinerante da pagine di Walter Benjamin, interpretato da Paolo Musio in Galleria Subalpina, celebra la complessità intellettuale di un famoso esule del novecento. In fuga dall’incubo nazista, Walter Benjamin giunge a Parigi il 18 marzo 1933. Non tornerà più in Germania. Concluderà suicida la sua vita di esiliato a Port Bou in Spagna, nel 1940. Passage evoca i passages e la Biblioteca Nazionale di Parigi, il buon rifugio di Benjamin.

'Non siete stati ancora sconfitti' con Massimiliano Speziani

"Non siete stati ancora sconfitti" con Massimiliano Speziani - Foto di fausto Brigantino. Courtesy Fondazione Merz

Tra i tanti termini che integrano quello di migrante c’è anche perseguitato. Non siete stati ancora sconfitti è un libro di Alaa Abd el-Fattah, scrittore e blogger, vittima di una spietata persecuzione giudiziaria. In Egitto. Uno sciopero della fame gli ha fatto rischiare la vita. Fa una lettura scenica, di questo libro, Massimiliano Speziani, lo zio Vanja nel prossimo spettacolo di Leonardo Lidi. Una riga nera al piano di sopra, in ricordo dei fuggiaschi dal Polesine, è infine un testo scritto e interpretato da Matilde Vigna.

Che cosa si lasciano dietro i migranti? Spesso guerre e totalitarismi. Il nazismo nel caso di Arendt e Benjamin. In Il Terzo Reich di Romeo Castellucci, vengono proposte le parole del potere con probabile allusione proprio al nazismo.

Al dovere di ricordare fanno riferimento alcuni spettacoli del Festival ’23, che hanno nelle nonne grandi protagoniste. Oltre a Izdihar, una nonna che dalla Palestina fugge in Libano in Hartāqat, c’è la nonna di Sergi Casero Nieto in El pacto del olvido che invita a ricordare gli anni del franchismo, della guerra civile spagnola. La memoria irrompe a teatro anche nello spettacolo Con la carabina di Licia Lanera, da un dramma di Pauline Peyrade che ha recentemente vinto il Premio Ubu quale miglior testo straniero.

Tornano anche nel 2023 le collaborazioni con il Museo Nazionale del Cinema, che ha studiato un programma di proiezioni per il Festival riferito al Libano e con Istoreto e il Polo del ‘900, che ospiterà una giornata di studio sul paese mediorientale. In questa edizione gli spettacoli si svolgeranno al Teatro Astra, alla Fondazione Merz, al Teatro Bellarte, alle Fonderie Limone, alla Galleria Subalpina, e gli eventi collaterali al Museo Nazionale del Cinema e al Polo del ‘900.

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