giovedì 27 agosto 2015
COMMENTA E CONDIVIDI

«Se sopravviverò a questa guerra, racconterò in un libro la storia della nostra generazione». Vera Brittain   lo scrisse in una lettera al fratello Edward, rimasto ferito nella battaglia della Somme. Era il 1916 e l’immane tributo di sangue della Prima Guerra mondiale non aveva ancora raggiunto le dimensioni di un’autentica ecatombe. Alcuni mesi prima il suo fidanzato, Roland Leighton, era caduto sul fronte occidentale e la morte stava per prendersi anche i suoi amici più cari. Geoffrey Thurlow, ferito a Ypres, era ricoverato in un ospedale militare da campo mentre di Victor Richardson, impegnato al fronte in Francia, non si avevano più notizie. Anche Vera Brittain, all’epoca appena ventiduenne, stava vivendo quella guerra sulla propria pelle: interrotti gli studi a Oxford era diventata un’infermiera di trincea e ogni giorno forniva aiuto e conforto alle vittime. Sia l’amato fratello che i due amici sarebbero morti prima dell’armistizio del 1918, e Vera avrebbe dedicato gran parte dei successivi quindici anni della sua vita per dare forma a un manoscritto destinato a lasciare un segno indelebile nella rappresentazione della Grande Guerra. Sentì il dovere di farlo perché ritenne che raccontare quel tragico passato, dar voce a quella generazione distrutta «che adesso è tornata alla ribalta della vita pubblica, che deve costruire il presente e tenta di forgiare il futuro» fosse indispensabile per cercare di recuperare i principi di verità e speranza in un futuro migliore.

Vera Brittain

La prima edizione di Testament of youth  uscì in Gran Bretagna nell’agosto del 1933 e riscosse subito un grande successo, diventando in breve tempo un manifesto del pacifismo della prima metà del XX secolo. Ai riscontri lusinghieri della stampa inglese e statunitense si aggiunsero gli apprezzamenti dei grandi della letteratura dell’epoca, a partire da Virginia Woolf, che in un brano del suo diario racconta di aver trascorso molte notti insonni incollata alle pagine della Brittain. La letteratura sulla Grande Guerra aveva conosciuto fino ad allora soltanto voci maschili, da Ernest Hemingway a Erich Maria Remarque, da Wilfred Owen a Edmund Blunden. Brittain sarebbe stata la prima a raccontare con grande intensità l’inedito punto di vista femminile su quel conflitto. A descrivere il dolore e la rabbia per il tragico destino di un’intera generazione che rimase ingannata e divenne facile vittima della propaganda di guerra in un Paese dove all’epoca non c’era il reclutamento obbligatorio. Testament of youth è da sempre considerato uno dei più potenti memoir sulla Prima Guerra mondia-le, eppure finora non era mai uscita un’edizione italiana. A colmare questa lacuna ci ha pensato di recente l’editore Giunti, mandando in libreria la traduzione curata da Marianna D’Ezio col titolo Generazione perduta.  Strano destino, quello di questo libro e della sua autrice, le cui convinzioni pacifiste la fecero cadere in disgrazia con l’approssimarsi del secondo conflitto mondiale. Nel clima esasperato di quegli anni, Vera Brittain fu irrisa, denigrata e calunniata dai suoi stessi connazionali. Il suo attivismo pacifista, i suoi interventi contro la guerra alla Società delle Nazioni e soprattutto le dure critiche che mosse ai bombardamenti a tappeto effettuati sulle città tedesche le costarono infine l’accusa infamante di collaborazionismo con i nazisti. Ma nell’immediato Dopoguerra il suo nome risultò nell’elenco delle circa tremila persone schedate dalle “Ss” nel famigerato “Libro nero”, noto anche come Sonderfahndungsliste GB, fatto compilare dal gerarca nazista Walter Schellenberg. Erano i cittadini britannici e gli esuli europei che sarebbero stati arrestati e deportati subito dopo l’invasione della Gran Bretagna da parte del Terzo Reich, che fortutanamente non avvenne mai. Quella lista bastò a salvarle la reputazione e a fugare ogni dubbio circa la sincerità dei suoi ideali. Brittain divenne un simbolo dell’emancipazione femminile e delle battaglie contro il colonialismo, l’apartheid e la proliferazione nucleare. Prima di morire, nel 1970, chiese che le sue ceneri fossero disperse sulla tomba dell’amato fratello, caduto nel 1918 per mano di un cecchino austriaco sull’altopiano di Asiago. Oggi la scrittrice riposa nel piccolo cimitero vicentino di Granezza dove – disse lei – «per quasi cinquant’anni è rimasto gran parte del mio cuore». Il suo Testament of youth sarebbe rimasto nel dimenticatoio fino ai primi anni ’70, quando l’editore Virago decise di ristamparlo dandogli una seconda vita. Da allora ha ispirato una fortunata serie televisiva della Bbc e una recente trasposizione cinematografica, da poco uscita in Gran Bretagna e in arrivo anche nelle sale italiane.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: