Amiamo il mondo e la sua storia. Vogliamogli bene. Prendiamolo sottobraccio. Usiamogli misericordia. Non opponiamogli sempre di fronte i rigori della legge se non li abbiamo prima temperati con dosi di tenerezza». Chi è costui che parla? Papa Francesco oggi, verrebbe da pensare. Invece è don Tonino Bello quasi 23 anni fa.È solo un esempio della straordinaria consonanza di accenti tra Bello e Bergoglio. E già da qui si capisce che il compito di Sergio Paronetto, scovare e commentare i punti d’incontro tra i due, non dev’essere stato troppo difficile. Paronetto, vicepresidente di Pax Christi, nelle ultime settimane ha pubblicato ben due libri, che partono dal Concilio per arrivare alle ultime ore: Pace, nuovo umanesimo. Dal Concilio Vaticano II a papa Francesco (Cittadella, pp. 124, euro 11,90) e Amare il mondo, creare la pace. Papa Francesco e Tonino Bello (La Meridiana, pp. 110, euro 14,50).Paronetto, lei individua tanti punti di contatto tra papa Bergoglio e il vescovo Bello. Il principale?«Il programma. Don Tonino pensava alla necessità di abbandonare i segni del potere e di alimentare il potere dei segni. Di edificare una "Chiesa del grembiule". Pronta a tessere la convivialità delle differenze. Disarmata e samaritana. Il papa espone lo stesso orientamento nella Evangelii gaudium e nella Laudato si'».La pace non rischia però di restare un’invocazione vuota, una speranza fragile?«Con tutti i nostri limiti, vogliamo dare alla pace nonviolenta braccia e gambe, mente e cuore, sangue e respiro. E vorremmo facesse altrettanto la comunità cristiana, convertita al lieto annuncio di Cristo "nostra pace"».Nei suoi due libri, la pace non sembra un annuncio tra i tanti.«La pace-shalom, pienezza di vita, è l’unico annuncio cristiano. Lo ricordo con le parole di don Tonino: "La pace è l’unico brano che la Chiesa è abilitata a interpretare. Quando parla di pace, il suo messaggio è già esauriente. Tutte le altre verità della Scrittura non sono che i colori dell’arcobaleno in cui si scompone l’unico raggio di sole: la pace».A legare Bello e Bergoglio è anche, e soprattutto, san Francesco.«Nel 1962 don Tonino entrava nell’ordine francescano secolare incontrando in san Francesco d’Assisi i temi vitali della povertà, della minorità, dell’itineranza, della libertà e l’impulso a realizzare la triade ecumenica "pace, giustizia e salvaguardia del creato". La scelta di Bergoglio, appena eletto Papa, è analoga: assume il nome stesso di Francesco, lo stile e il sogno».Ancor più in profondità, lei afferma che a unire i due è la Parola di Dio. In che senso?«La Parola "ruminata" quotidianamente. Parola che si traduce in attenzione ai problemi delle persone, in cura dei poveri, in propensione a privilegiare le esistenze (i volti) rispetto alle essenze (dottrine), in annuncio coinvolgente e concreto della pace».Lei parla, per entrambi, di un linguaggio «performativo». Che cosa significa?«È il comune linguaggio esistenziale, "parabolico", non interessato a condannare o a "predicare" ma a risvegliare, appassionare, trasformare».Solo consonanze lessicali o qualcosa di molto più profondo?«Tra Bello e Bergoglio c’è un intimo con-sentire, un’interiore sim-patia. Vivono la pace come realismo profetico, inquietudine creativa, disarmo globale. Come "rivoluzione della tenerezza" (Bergoglio) e "capacità di misericordia" (Bello). Io ho scritto appena due piccoli libri. Abbastanza, però, per rendermi conto che una lettura comparativa completa richiederebbe anni di lavoro appassionato nel vivo dei problemi attuali».
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